Go Green: Il Nuovo Trend della Comunicazione. Scenario, Crisi e Soluzioni Secondo Diego Masi. Dalla Green Revolution alla Green Economy

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Storie

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Pubblicato il giorno 22 febbraio 2010 - Nessun commento



   


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Lʼultimo libro di Diego Masi “Go Green, Il nuovo trend della comunicazione mette in discussione lʼattuale modello delle agenzie di comunicazione, ritenendolo al tempo stesso causa ed effetto della crisi strutturale in cui versa lʼintero settore. Digital e Green potrebbero essere le parole dʼordine sulle quali costruire un modello differente, in grado di restituire alla industry dignità e importanza? Approfondiamo il tema direttamente con l’autore Diego Masi attraverso la prima di due interviste che gentilmente il presidente di AssoComuncazione ci ha rilasciato.

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“Non è la fine del percorso, questo è solo l’inizio del cammino” – Barack Obama, Copenhagen 2009

Daniel Casarin: Go Green può essere considerato a mio modesto parere già una pietra miliare in fatto di pubblicazioni dedicate e alla green economy e alla rivoluzione verde che avanza … A chi vuole dedicare innanzitutto la lettura di questo libro, cosa l’ha spinto a scrivere Go Green (quasi un manuale) e cosa l’ha ispirato o influenzato durante la sua concezione e stesura?

Diego Masi:  Lei ha definito Go Green “quasi un manuale” ma io lo considero piuttosto un “bigino”, dedicato a tutti coloro che vogliono saperne di più sulla Green Economy, fenomeno di cui sono in molti a parlare ma che pochi conoscono veramente. Non si tratta di un manuale di approfondimento, la mia intenzione è quella di dare un quadro generale, un’infarinatura verde che spazia dai dati riguardanti lo stato di salute del pianeta per arrivare a parlare di comunicazione, passando per la politica e l’economia.

Le motivazioni  che mi hanno spinto a scriverlo sono strettamente legate alla mia esperienza personale. Ero molto interessato alle tematiche collegate alla green revolution e ho iniziato a informarmi, a leggere le principali opere sull’argomento, quasi tutte di autori statunitensi, e a farmi gradualmente un’idea della reale portata del fenomeno. Che è enorme, perché l’onda verde è destinata a crescere nel futuro fino a diventare il tutto, la norma. Eppure mancano pubblicazioni italiane, in grado di avvicinare i nostri connazionali  a un movimento che influenzerà profondamente il mondo che verrà.  Mi sono inoltre reso conto che per il Belpaese, che a mio avviso attraversa una profonda crisi d’identità e non ha un obiettivo in grado di catalizzare le forze e gli sforzi della nazione, il green rappresenta una grande occasione per uscire dall’apatia, dalla stagnazione politica e economica.

Daniel Casarin: Un passaggio davvero interessante in Go Green è quello in cui ci descrive come stia avanzando la Rivoluzione Verde e come stia mietendo aziende e società ogni giorno e in tutto il mondo. Ad un lettore verrebbe subito in mente: colpa della crisi economica globale! Titanic, energia, cambiamento climatico, crisi economica e infine … comunicazione aziendale. Ci può spiegare in poche righe meglio cosa accomuna tutto questo?

Diego Masi:  La rivoluzione verde è un movimento che parte dal basso, dalla presa di coscienza e dalle piccole azioni dei cittadini che si stanno rendendo conto che il modello di sviluppo che abbiamo seguito fino a oggi non può continuare all’infinito perché non è sostenibile e porterà inevitabilmente alla distruzione del nostro pianeta. Siamo come i passeggeri del Titanic che continuano a danzare mentre la nave sta affondando. Dobbiamo cambiare rotta e per farlo è necessario cambiare l’energia che muove il mondo, i carbonfossili e primo fra tutti il petrolio. L’era dell’oro nero è infatti agli sgoccioli (così come lo sono i giacimenti, a meno che non ne vengano scoperti di nuovi) e il cambiamento energetico porterà con sé un cambiamento epocale, come è successo in passato con l’introduzione del carbone prima e dello stesso petrolio poi. Questo è ancora più vero oggi che l’emergenza ambientale, rappresentata in primo luogo dal climate change, si è incrociata con la crisi economica, che ha fatto schizzare il prezzo dell’oro nero fino a 147 dollari al barile.

La recessione che stiamo attraversando è un aspetto della trasformazione in corso: nasce dalla follia della finanza creativa e dall’ingordigia delle banche, ma anche dalla nuova figura del consumatore, consapevole, informato, autonomo, sempre meno influenzato dalla comunicazione commerciale. E proprio la figura del cittadino-consumatore responsabile introduce il terzo elemento chiave della rivoluzione in corso, il digitale. Il web e le nuove tecnologie consentono a tutti di esprimere la propria opinione e di conoscere quelle altrui, cambiando così le regole della comunicazione “classica”.  C’è una profonda connessione tra le due rivoluzioni in corso, quella green e quella digital, e queste a loro volta sono accelerate dalle recessione.

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Daniel Casarin: Charlene Li e Josh Bernoff scrivendo su strategie di marketing e comunicazione avevano definito il significato di Onda Anomala, lei su Go Green ci parla quasi di una nuova Onda composta da quei “cittadini” più attenti alla realtà, più emotivi, più radicali e anche più influenti. Ci può descrivere meglio questa nuova Onda, come agisce e come le aziende devono interagire e collaborare con essa?

Diego Masi: L’onda verde, come non mi stanco mai di ripetere, parte dal basso. Inizialmente ha visto coinvolte quelle persone che ho definito più “cittadine”, vale a dire persone più attente alla realtà che le circonda, più emotive, più consapevoli. Persone che hanno dato vita ai primi movimenti ambientalisti, hanno fondato le prime ONG, hanno preparato il terreno per la rivoluzione. Adesso nei Paesi cosiddetti industrialzzati siamo entrati in una nuova fase, il fenomeno è arrivato a maturazione, il numero di militanti si è moltiplicato e nuovi leader si fanno strada.

I protagonisti sono ora lo Slow Food di Petrini, Radio Lifegate, la ONG AzzeroCO2, gli agriturismi, i farm market, gli supermercati delle catene statunitensi Whole Foods e Hannaford, le auto ibride della Honda e della Toyota, personaggi come Cohn-Bendit in Francia e il presidente americano Obama. La nuova onda è composta da tutti i cittadini che attraverso i loro piccoli gesti quotidiani dimostrano una crescente attenzione nei confronti della salute del pianeta e che attraverso le loro scelte d’acquisto sono in grado di lanciare messaggi chiari alle aziende. Il movimento trova espressione sul web, attraverso blog e social network, che permettono ai consumatori di scambiare liberamente le proprie opinioni, ma anche con siti no profit come Good Guide, una sorta di termometro che misura la “temperatura verde” di tantissimi prodotti. E che ancora una volta dimostra come green e digital vadano di pari passo e condividano la stessa filosofia di base, che potrei riassumere con tre parole chiave: trasparenza, chiarezza, integrità.

Le aziende devono prendere innanzitutto coscienza che quella che stiamo attraversando non è una crisi passeggera ma strutturale, dopo la quale nulla tornerà come prima. A quel punto sta a loro decidere se andare incontro al cambiamento, cavalcare l’onda verde diventando wave riders, o fare finta di niente e rischiare di rimanere travolti. L’importante è che il loro cammino verso la sostenibilità sia reale, perché il rischio di essere accusati di greenwashing, di darsi cioè una “pittatina di verde” senza modificare nulla di sostanziale nella propria condotta aziendale, è sempre più alto. E farsi perdonare non è semplice. Questo discorso vale anche per la comunicazione: tentare di trasmettere al consumatore un’immagine verde che non corrisponde alla realtà è controproducente. Nel libro infatti ricordo che per fare una buona green communication bisogna avere CRED, vale a dire Credibilità, Rilevanza, Efficacia del messaggio, Differenziazione. Il consumatore deve poter credere a quello che gli viene detto e quindi è necessario mettere a sua disposizione le informazioni che può desiderare. Ma non basta che i messaggi siano credibili, devono anche essere considerati rilevanti, devono essere ideati e realizzati per essere efficaci e essere diversi dagli altri, in grado cioè di caratterizzare un brand.

Daniel Casarin: Buona parte di Go Green è dedicata all’Italia con una dettagliata e attenta ricerca appena pubblicata da GfK-Eurisko e UPA, può anticiparci qualche dato interessante sull’andamento del Bel Paese? In quale fase ci troviamo, qualche comportamento virtuoso … qualche speranza …

Diego Masi: L’Italia è rimasta sul Titanic, ma gli italiani stanno scendendo dalla nave che affonda. E’ quello che ho pensato dopo aver letto i risultati di “Gli italiani, la green economy & communication”, la prima ricerca quali-quantitativa condotta da GfK-Eurisko per UPA e AssoComuncazione per capire come si pongono i nostri connazionali nei confronti delle tematiche ambientali, quali comportamenti stanno adottando a favore della sostenibilità e quale sia l’impatto di questi sui consumi. Gli italiani sono più “verdi” di quanto mi aspettassi e l’ambiente è una delle loro tre principali preoccupazioni, condivisa dal 90% della popolazione, insieme alla crisi economica e alla disoccupazione. Certo ci sono grandi differenze: il Nord è più attento e sensibile del Sud alle  problematiche green, e una maggiore consapevolezza si riscontra tra le persone con un livello di istruzione superiore e in particolare tra le donne tra i 30 e i 50 anni.

Tuttavia il cambiamento climatico, l’inquinamento, lo smaltimento dei rifiuti sono riconosciuti dalla quasi totalità dei nostri connazionali come problemi di primaria importanza che vanno affrontati al più presto. Nella pratica questa consapevolezza si traduce in piccoli gesti quotidiani, sempre più diffusi: spegnere le luci quando non servono (90%); abbassare il riscaldamento e l’aria condizionata (90%); rispettare la raccolta differenziata dei rifiuti (85%); usare lampadine a basso consumo energetico (90%); consumare prodotti di stagione (92%). Gli italiani, come ho detto, stanno scendendo dal Titanic e chiedono più informazione e più sostegno per imboccare con decisione la strada della sostenibilità. Giudicano insufficiente l’attenzione che la Pubblica Amministraione dedica all’ambiente e vorrebbero che le istituzioni iniziassero a svolgere un ruolo di primo piano per rendere il Paese più verde, inserendo le tematiche green nell’agenda politica. E la stessa richiesta di attenzione viene rivolta anche alle aziende. In particolare i nostri connazionali vorrebbero conoscere meglio i progetti delle imprese a favore dell’ambiente, anche per poter riporre in essi una maggiore fiducia, che oggi solo il 47% dichiara di avere.

Il cammino è cominciato: gli italiani sono sempre più conviti che gli stili di vita sostenibili sono fondamentali per evitare danni alla salute delle persone (81%); rispetto al passato stanno diventando più attenti (77%) e più sensibili alle alle tematiche green (76%), tanto da essere disposti a spendere qualcosa in più per acquistare prodotti a basso impatto ambientale (65%). Ma la strada e ancora lunga. E richiede l’impegno non solo dei cittadini ma anche delle istituzioni e delle imprese.

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