Il Contributo della Biomimesi per un Design Sostenibile, Bio‐Ispirato e Rigenerativo

Scritto da Lucia Pietroni in Biomimesi, Ecodesign, News

Taggato come: , , , ,

biomimesi design sostenibile biomimesi

Pubblicato il giorno 20 ottobre 2011 - Nessun commento



   


Se qui sei nuovo ISCRIVITI alle News RSS feed. Thanks for visiting!



Lucia Pietroni pubblicato in “Op. cit.” n. 141, Electa Napoli

Da alcuni anni, soprattutto nell’ambito del dibattito sulla sostenibilità ambientale, si è tornati a discutere e riflettere sulla natura come fonte primaria di ispirazione per la risoluzione dei problemi tecnologici e progettuali dell’uomo; come “modello, misura e mentore” nello sviluppo di soluzioni progettuali innovative e realmente sostenibili; come straordinaria banca‐dati di espedienti biologici e di innovazioni utili a designer, ingegneri, architetti, da trasferire nella progettazione e produzione dei propri artefatti; come laboratorio di idee per uno sviluppo innovativo e sostenibile.

Da sempre l’uomo ha imitato e si è ispirato alla natura per trovare soluzioni efficaci ed efficienti, prima per la sua sopravvivenza sul pianeta, poi per l’accrescimento del comfort e della qualità del proprio habitat e della propria vita. Nell’ideazione e progettazione dei propri artefatti ha imitato continuamente strutture, forme, proporzioni geometriche, colori, ritmi, simmetrie, funzioni degli organismi biologici con differenti finalità. Ma quale è il motivo, oggi, di un rinnovato interesse per la natura? Quali nuovi fattori riaprono il dibattito della cultura del progetto sulla necessità di tornare ad apprendere gli insegnamenti di “madre natura”?

Nell’attuale scenario scientifico‐culturale emergono due principali fattori che consentono di considerare in modo nuovo l’approccio biomimetico al design (1), soprattutto come un contributo molto promettente per il raggiungimento degli obiettivi della sostenibilità ambientale. Questi due significativi fattori sono:

  • Il recente sviluppo di nuove conoscenze e di nuovi strumenti scientifici e tecnologici capaci di analizzare, descrivere, e persino riprodurre, aspetti, fenomeni, processi della natura finora inediti ed inesplorati: in particolare lo sviluppo e gli importanti contributi delle nanoscienze e delle nanotecnologie che consentono di comprendere la realtà e di produrre artefatti alla scala nanometrica (2).
  • L’attuale fase di maturità del dibattito sulla sostenibilità ambientale, caratterizzato da nuove consapevolezze: la necessità, da un lato, di un cambiamento radicale del modello di sviluppo e di una drastica riduzione del consumo di risorse ambientali delle società industriali mature e la constatazione, dall’altro, della lentezza e dell’inefficienza dei cambiamenti nella direzione della sostenibilità, nonostante le notevoli risorse finanziarie, tecnologiche e umane, messe in campo (3).

Pertanto, il quadro culturale di riferimento, che motiva e contestualizza il rinnovato interesse da parte della cultura del design per le innovazioni prodotte dalla natura, è caratterizzato: ‐ da un lato, dalle nanoscienze che ci consentono di indagare la natura alla scala nanometrica e scoprire in essa fenomeni e processi nuovi ed estremamente efficienti in termini prestazionali, energetici e di impiego di risorse, che prima non eravamo in grado di leggere e comprendere e che le nanotecnologie possono riprodurre e applicare nello sviluppo di processi e prodotti con caratteristiche inimmaginabili finora; dall’altro lato, dall’attuale fase di maturità del percorso verso la sostenibilità ambientale dei paesi industrializzati che rende sempre più urgente un modello di sviluppo realmente sostenibile, in cui si prenda davvero sul serio il concetto di “sostenibilità forte”, che non si limita al rispetto della carrying capacity del pianeta, ma che comprende il concetto di “rigenerazione” del “capitale naturale” da lasciare alle generazioni future per soddisfare i propri bisogni, non sostituibili con “capitale costruito”, cioè con beni prodotti.

All’interno di questo quadro culturale di riferimento, cercheremo, di seguito, di selezionare ed approfondire alcuni contributi teorici che sottolineano ed evidenziano il crescente interesse per l’approccio biomimetico e per la Biomimesi, in differenti ambiti disciplinari, ed in particolare nel design, in quanto scienza e campo di ricerca particolarmente promettente per contribuire alle necessarie e radicali innovazioni da apportare al nostro sistema di produzione e consumo, all’attuale modello di sviluppo economico e ai nostri stili di vita nell’ottica della sostenibilità ambienle.

NOTE

1) - La “Biomimesi” (Bios, vita + Mimesis, imitazione) è “la scienza che studia i processi biologici naturali per trovare le soluzioni più sostenibili per i problemi progettuali e tecnologici dell’uomo”. Si tratta di un ambito disciplinare relativamente recente (ha poco più di trent’anni di storia), ma negli ultimi anni ha assunto un particolare rilievo nel dibattito scientifico, soprattutto sui temi della sostenibilità ambientale, a livello internazionale e nazionale.

Già nel 1958 l’ingegnere aeronautico Jack Steele aveva coniato il termine “Bionica” (Biologia + Tecnica o Biologia + Elettronica) per intendere una “scienza dei sistemi il cui funzionamento è basato su quello dei sistemi naturali”. Rispetto agli sviluppi della “Bionica”, molto proficui soprattutto negli anni ’70 e ’80, la “Biomimesi” o “Biomimetica” non si limita ad imitare le forme e le strutture degli organismi viventi, ma trae spunto e ispirazione dalle strategie e dalle logiche che sono alla base del successo evolutivo dei sistemi biologici. Il termine “Biomimetica” o “Biomimesi” è utilizzato, per la prima volta, nel 1968 dal fisico Otto Schmitt ed è definita come “una disciplina che simula le strutture biologiche per realizzare prodotti più efficienti”.

Nel 1974 il termine “Biomimesi” compare nel dizionario di lingua inglese Merriam‐Webster così definito “lo studio della formazione, della struttura o della funzione di sostanze e materiali biologicamente prodotti e di meccanismi e processi biologici soprattutto per lo scopo di sintesi di prodotti simili, tramite meccanismi artificiali che simulano quelli naturali”. Negli anni ‘80 e ‘90 la “Biomimesi” inizia ad essere insegnata all’università e in centri di ricerca di diversi paesi del mondo: in Inghilterra, dove il Prof. Julian Vincent fonda il Centre of Biomimetics dell’Università di Reading e dell’Università di Bath; in Germania, dove il Prof. Thomas Speck istituisce corsi di Biomimesi all’Università di Friburgo; negli USA, dove nascono numerosi centri di ricerca, formazione e consulenza, come il CBID‐Centre for Biologically Inspired Design al Georgia Institute of Technology o il Biomimicry Guild e il Biomimicry Institute fondati dalla biologa Janine Benyus nel Montana; più recentemente sono sorti centri di ricerca e di studio sulla Biomimesi anche in Cina.

2) - Le “Nanoscienze” comprendono tutti i nuovi approcci alla ricerca che studiano i fenomeni e la manipolazione di materiali su scala atomica e molecolare, dove le proprietà differiscono notevolmente da quelle osservate su scale maggiori. La creazione di materiali, sistemi e dispositivi attraverso il controllo della materia su scala nanometrica (un nanometro è un miliardesimo di metro, ovvero una dimensione inferiore decine di migliaia di volte allo spessore di un capello umano) è ciò che correntemente si intende con il termine di “Nanotecnologie”.

La dimensione nanometrica del materiale manipolato dischiude orizzonti applicativi impensabili in passato, perché le proprietà osservabili a tale dimensione si prestano ad essere utilizzate, anche su scala diversa, per sviluppare processi e prodotti caratterizzati da nuove funzioni e prestazioni, in un numero tendenzialmente illimitato di settori. Pertanto oggi siamo in grado di prendere ispirazione dalla natura non solo per gli aspetti morfologico‐ strutturali, ma anche per i modelli strategici e organizzativi, efficienti e sostenibili. Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica‐Presidenza del Consiglio dei Ministri, Nanoscienze e Nanotecnologie, Roma, 9 giugno 2006; The Royal Society & The Royal Academy of Engineering, Nanoscience and nanotechnologies: opportunities and uncertainties, UK, 29 July 2004; E. Borsella, Nanoscienze e Nanotecnologie. Dalla ricerca alle applicazioni, ENEA editore, Roma, 2008.

3) - Tra i teorici e gli studiosi della transizione verso la sostenibilità ambientale emerge con forza la consapevolezza che per risolvere gli attuali problemi economici, energetici e ambientali non è sufficiente lo sviluppo di efficienti tecnologie pulite e di processi e prodotti più sostenibili o di strategie ambientali di business, ma è necessario ed indispensabile un radicale cambiamento dell’attuale sistema di produzione e consumo, del modello di sviluppo economico e dei nostri stili di vita, perseguibile soprattutto attraverso innovazioni radicali e non incrementali. I tempi e i modi con cui si stanno percorrendo le strade verso la sostenibilità ambientale sono troppo lenti ed inefficienti.

Si ha la consapevolezza che dovremmo ridurre i nostri consumi di risorse naturali di circa il 90% rispetto agli attuali, ma ogni anno stiamo consumando il 20% in più di risorse rispetto a quelle che la natura è in grado di rigenerare. Cfr. W. Sachs, Planet Dialectis. Explorations in Environment and Development, Zed Books, Londra‐New York, 1999 (trad. it. Ambiente e giustizia sociale. I limiti della globalizzazione, Editori Riuniti, Roma, 2002); P. Hawken, A. Lovins, H. Lovins, Natural Capitalism. Creating the Next Industrial Revolution, Little Brown & Co., Boston‐New York‐Londra, 1999 (trad. it. Capitalismo Naturale. La prossima rivoluzione industriale, Edizione Ambiente, Milano, 2001); W. McDonough, M. Braungart, Cradle to Cradle.

Remaking the Way We Make Things, North Point, New York, 2002 (trad. it. Dalla culla alla culla. Come conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo, Blu edizioni, Torino, 2003); E. Manzini, F. Jégou, Quotidiano sostenibile. Scenari di vita urbana, Edizione Ambiente, 2003; J. Thackara, In the Bubble. Designing in the Complex World, MIT Press, Cambridge, 2005 ( trad. it. In the bubble. Design per un futuro sostenibile, Umberto Allemandi & C., Torino, 2008); E. Manzini, C. Vezzoli, Design per la sostenibilità ambientale, Zanichelli, Milano, 2007; G. Pauli, The Blue Economy. 10 Years, 100 Innovations, 100 Million Jobs, Paradigm Publications, Taos, 2010 (trad. it. Blu Economy: 10 anni, 100 innovazioni. 100 milioni di lavori, Edizione Ambiente, Milano, 2010).

Condividi

Informazioni sull'autore: Lucia Pietroni

Architetto, laureata presso il Politecnico di Milano. Dottore di ricerca in Progettazione Ambientale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Da molti anni svolge attività didattica e di ricerca nell’ambito dell’Eco-design e dell’Eco-innovazione. Attualmente è Professore Associato in Disegno Industriale presso la Scuola di Architettura e Design “E. Vittoria” dell’Università di Camerino, con sede ad Ascoli Piceno, dove dal 2007 è anche Direttore del Master in Eco-design & Eco-innovazione. Ha partecipato a molti progetti di ricerca nazionali ed internazionali. Ha ideato, curato e coordinato convegni, mostre e workshop di design, in particolare sui temi del design sostenibile e dell’eco-innovazione, sui quali ha anche scritto numerosi saggi e articoli. È stata direttore scientifico dell’edizione “0” della Biennale Internazionale del Design, svoltasi tra Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto dal 21 aprile al 15 luglio 2010. Inoltre è coordinatore e proponente di uno spin-off accademico denominato “EcodesignLab”, attualmente in fase di costituzione presso l’Università di Camerino, la cui mission è l’offerta di servizi integrati di eco-progettazione destinati in particolare alle PMI.

Sfoglia gli articoli archiviati come Lucia Pietroni

Nessun commento

Attualmente non ci sono commenti per Il Contributo della Biomimesi per un Design Sostenibile, Bio‐Ispirato e Rigenerativo. Perchè non ne aggiungi uno?

Scrivi un commento