Gestione della Filiera Produttiva nel Settore Food & Beverage: Costo o Opportunità?

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Alimentazione, Comunicati Stampa, Green Economy, News

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Pubblicato il giorno 12 aprile 2013 - Nessun commento



   


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Sicurezza alimentare, qualità e rischi finanziari sono le maggiori aree di vulnerabilità secondo  le aziende di tutto il mondo. Ancora bassa la sensibilità all’impatto ambientale. In Italia vince la preoccupazione per la qualità ma la sostenibilità economica precede la sicurezza alimentare.

Le pressioni da parte dei clienti sono la ragione principale che spinge soprattutto le piccole imprese a impegnarsi nella prevenzione e gestione dei rischi lungo la filiera produttiva, mentre il 60% circa delle grandi aziende considera la gestione dei rischi lungo la filiera parte integrante delle proprie strategie di aziendali, oltre che un fattore di forte differenziazione.

È quanto emerge da un’indagine svolta dall’ente di certificazione DNV Business Assurance e GFK Eurisko, che ha coinvolto circa 500 professionisti di importanti aziende del settore food & beverage in Europa, Nord America, Sud America e Asia.

Sicurezza alimentare (63%) e qualità (54%) sono le aree che le aziende considerano più vulnerabili nella gestione della filiera.

Meno temuti (almeno fino a oggi) i rischi finanziari (38%), quelli legati al rispetto di leggi e regolamenti (35%), e all’ambiente (29%). Fanalino di coda le relazioni con le comunità (10%) e l’etica (8%).

Peculiare la visione delle aziende italiane, che considerano la qualità al primo posto, ma riconoscono grande peso ai rischi finanziari, più che alla sicurezza alimentare, probabilmente data un po’ più per scontata. In Italia, inoltre, solo il 17% dei professionisti intervistati vede nell’impatto ambientale una possibile area di minaccia del business.

La filiera produttiva nel settore food & beverage è un terreno così complesso e variegato che non esiste una sola ricetta per ridurre i rischi, serve combinare diversi strumenti. Non c’è un’azione di mitigazione del rischio a cui si ricorre più di altri, le aziende le implementano tutte in misura superiore all’80%: dall’esclusione di fornitori provenienti da aree sensibili, alla diversificazione degli stessi, ad attività di sviluppo dei propri fornitori. E ancora, attività di assessment (ispezione e verifica), certificazione secondo standard normativi, piani di gestione delle emergenze e trasferimento del rischio.

A scegliere la strategia di diversificazione dei fornitori o a evitare di ricorrere a fornitori situati in Paesi a rischio, sono soprattutto le piccole aziende. Le grandi aziende, invece, rivelano un approccio più strutturato, optando per attività di assessment sui fornitori e sui rischi, per la collaborazione nello sviluppo di fornitori strategici (co-makership), le certificazioni e le attività di preparazione alle  emergenze.

I più efficaci secondo le imprese? Le attività di assessment sono ritenute le più efficaci, soprattutto per la gestione delle problematiche connesse alla qualità e alla sicurezza alimentare, al pari di certificazione e attività per la gestione delle emergenze, che  sono anche le azioni preferite per far fronte a potenziali rischi ambientali.

Non c’è dubbio sulle ragioni che portano le aziende ad adottare strumenti di prevenzione e gestione del rischio lungo la filiera. Non sono le leggi (36%), né l’influenza da parte dell’opinione pubblica (39%), a esercitare la maggior pressione. Più del 50% degli intervistati dichiara di essere spinto all’azione dai bisogni e dalle richieste dei clienti. Questo è vero soprattutto per le piccole imprese, mentre il 60% circa delle grandi aziende considera la gestione dei rischi lungo la filiera parte integrante delle proprie strategie di aziendali.

E in Italia? La crisi rende centrale il ruolo del mercato; clienti, competizione e ragioni economiche guidano e orientano le scelte nella gestione del rischio di filiera.

Le aziende che hanno implementato azioni di mitigazione del rischio lungo la filiera dichiarano di averne tratto dei benefici di tipo concreto, sia in termini di miglioramento della qualità del prodotto (74%) e vantaggio competitivo (51%), sia per quanto concerne la reputazione di marca (42%), aspetto particolarmente caro ai titolari del prodotto finale.

Sono più i vantaggi o gli svantaggi? Apparentemente il costo (62%) sembra un freno. Il fardello pesa di più in Asia e Nord America (in entrambi i casi pari al 71%). Il peso economico si fa sentire più o meno equamente nel sostenere investimenti per la sicurezza alimentare, la qualità o l’ambiente. Sono vissuti come particolarmente onerosi i costi legati all’etica, che “pesano” per l’84% degli intervistati.

In realtà i benefici complessivi risultano senz’altro superiori agli investimenti richiesti. Solo il 9% degli intervistati ritiene che i benefici siano inferiori ai costi sostenuti.

Cosa aspettarsi per il futuro? Non cambieranno le priorità (sicurezza alimentare, rischi finanziari – +12% – e qualità) ma una maggior consapevolezza della necessità di un approccio più sostenibile in futuro è indicata dalla percezione crescente di rischi legati agli eventuali impatti generati dalle relazioni con la comunità (+9%), dall’ambiente (+8%) e dagli aspetti etici (11% vs. 8%). L’etica guadagna attenzione in particolar modo in Europa, anche in Italia. In crescita anche il peso di leggi e regolamenti, soprattutto in Asia e nel continente americano. Certamente i recenti fatti di cronaca contribuiranno a mantenere alta l’attenzione.

Luca Crisciotti, CEO di DNV Business Assurance, ha commentato “Mitigare i rischi significa essere proattivi. Gestire scrupolosamente ogni passaggio della filiera produttiva deve far parte di una strategia di lungo periodo, che mira a creare valore a ogni livello e per tutti gli interlocutori coinvolti: dal coltivatore, al trasformatore fino al consumatore. Il cliente rafforza la sua centralità poiché il prodotto ne guadagna in valore aggiunto dal punto di vista della qualità, sicurezza e dei requisiti ambientali, sociali ed etici. L’attenzione crescente per queste tematiche rivela come le aziende siano sempre più tese ad un approccio che integra la sostenibilità nelle strategie aziendali”

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