Eco Fashion: Pubblicati i Risultati della Nuova Indagine di Sustainability-Lab

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Eco-Fashion, Ecodesign, News

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Moda-Sostenibilità

Pubblicato il giorno 12 settembre 2014 - Nessun commento



   


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I marchi della moda sono impegnati a integrare la sostenibilità nelle strategie di valorizzazione del brand, ma una parte molto importante dell’impatto ambientale e sociale trova la sua origine a monte, nella supply chain e chiama in causa la gestione sostenibile degli approvvigionamenti e della selezione di tessuti e accessori.

Il movimento verso una moda più sostenibile si è messo in moto nelle relazioni dentro la filiera prima ancora che nei negozi e negli acquisti dei consumatori. Le ragioni che stanno spingendo l’offerta (le relazioni B2B) ad essere più avanzate della domanda finale (le relazioni B2C) sono molteplici e da analizzare in dettaglio, tra queste vi è certamente il rischio di impatti negativi di possibili campagne da parte delle ONG ambientaliste sul valore e le reputazione dei marchi.

Prima ancora delle cause è però interessante misurare quanto il fenomeno sia diventato importante e quanto influenzi le scelte d’acquisto di tessuti e accessori. A questo scopo Sustainability-lab ha realizzato la International Brands Survey presso i CSR manager di 18 grandi marchi che hanno intrapreso il percorso verso una produzione più sostenibile.

I partecipanti all’International Brands Survey, europei e americani, sono stati selezionati sulla base di due criteri: sono brand particolarmente attivi sui diversi fronti della sostenibilità e sono leader riconosciuti nei rispettivi segmenti di mercato.

I 18 marchi realizzano, nel loro insieme, un fatturato superiore ai 50 miliardi di Euro. Abbiamo incluso nella ricerca marchi con diversi posizionamenti di mercato, suddividendo il panel in tre sezioni, all’incirca della stessa numerosità: prodotti del lusso (6 imprese), del mass market (5 imprese) e dell’outdoor (7 imprese). Per quanto riguarda la selezione delle imprese dell’outdoor è stata preziosa la collaborazione dell’European Outdoor Group.

I Marchi e la Gestione della Supply Chain Sostenibile

Una gestione sostenibile degli approvvigionamenti sottende formule organizzative, formalizzate o informali per la selezione degli acquisti e un centro decisionale e di controllo.

Nella International Brands Survey queste formule sono sintetizzate in quattro caratteristiche, è stata analizzata la loro presenza o assenza congiunta nelle 18 aziende dell’indagine utilizzando un modello statistico di analisi delle corrispondenze. Queste le quattro caratteristiche considerate nell’analisi:

1. Ruolo della funzione CSR. Le modalità possibili previste dalle domande del questionario sono:

  • Nessun ruolo;
  • La funzione CSR viene consultata, ma non ha potere decisionale;
  • La funzione CSR definisce le regole d’acquisto, ma non ha voce in capitolo nelle decisioni;
  • La funzione CSR controlla che le regole siano rispettate e ha voce in capitolo;
  • La funzione CSR è integrata in quella di acquisto.

2. Percentuale di acquisti sottoposta a verifica di sostenibilità. Le risposte previste sono:

  • Meno del 10%;
  • Dal il 10% e il 25%;
  • Dal 25% al 50%;
  • Dal 50% al 75%; 100%,

3. Utilizzo di un sistema di indicatori nella verifica di sostenibilità. Le risposte previste sono:

  • Nessun sistema,
  • Nessun sistema, ma previsione di adozione in futuro,
  • Sistema di valutazione informale,
  • Sistema di valutazione basato su indicatori formalizzati,

4. Esistenza di una “Green List” di fornitori privilegiati. Le risposte previste sono:

  • Si, abbiamo istituito una Greenlist,
  • No non abbiamo una Greenlist,
  • Non al Momento ma prevediamo di stabilirla in futuro.

I risultati dell’analisi hanno consentito di definire quattro diverse tipologie di organizzazione della gestione sostenibile dell’approvvigionamento che caratterizzano i 18 marchi. Le quattro tipologie, mostrate nella Figura 1 sono rappresentate lungo due assi fattoriali:

  • l’asse verticale può essere interpretato come una misura del grado di formalizzazione dell’impegno, soprattutto in termini di percentuale di acquisti sottoposta a formale verifica di sostenibilità,
  • l’asse orizzontale può essere interpretato come una misura del grado di maturità del percorso.

Nella Figura 1, in senso orario, il primo quadrante è caratterizzato da bassa formalizzazione e da uno stadio iniziale di maturità organizzativa. In questo quadrante si collocano 4 dei 18 marchi, due dell’Outdoor e due del Mass Market. L’organizzazione della gestione della sostenibilità in queste imprese prevede la funzione di CSR che viene consultata nella definizione delle politiche di approvvigionamento, ma che non detiene potere decisionale. La quantità di acquisti sottoposta a formale valutazione di sostenibilità è bassa (meno del 25%, in alcuni casi meno del 10%) e in ogni caso la valutazione non si basa su un sistema strutturato formalmente. Non è ancora presente una Greenlist di fornitori privilegiati per le caratteristiche di sostenibilità dell’offerta, ma i marchi prevedono di introdurla in futuro.

Nel secondo quadrante si trovano marchi che condividono un approccio più formalizzato (una quota tra il 25% e il 50% degli acquisti è sottoposta a una valutazione di sostenibilità). Anche questo gruppo include quattro marchi, tre di outdoor/sportswear e uno del lusso. Questo gruppo presenta qualche disomogeneità interna, alcuni dichiarano di avere intenzione di stabilire un sistema strutturato di valutazione degli acquisti, altri di averlo ma non formalizzato.

E’ inoltre presente una funzione CSR. In tre dei quattro marchi, il suo compito è di definire le regole di comportamento per gli acquisti, mentre nel quarto (un marchio multi-prodotto dell’outdoor), la funzione di CSR è integrata a quella di acquisto. L’impresa del lusso che è inclusa in questa tipologia ha stabilito una Greenlist di fornitori privilegiati per le loro caratteristiche di sostenibilità, mentre non sono adottate Greenlist da parte dei tre marchi del settore outdoor.

Il terzo quadrante raggruppa sette marchi con un impegno molto formalizzato, in cui oltre la metà degli acquisti è sottoposto a valutazione di sostenibilità. Si tratta con poche eccezioni di marchi di grande dimensione nei settori del Mass Market o al Lusso – cinque sui sette grandi marchi partecipanti all’indagine sono in questo gruppo. In questi marchi la funzione CSR è presente con un ruolo di controllore degli acquisti e i fornitori privilegiati sono elencati in una Greenlist.

E’ interessante osservare che i criteri di valutazione della sostenibilità non prevedono necessariamente per tutti i marchi di questo gruppo sistemi strutturati in modo quantitativo attraverso il calcolo di indici o di altri indicatori quantitativi, segno che i sistemi strutturati diventano di più difficile gestione per i grandi marchi che trattano migliaia di articoli in ogni stagione.

E’ da osservare che a cavallo tra il secondo e terzo quadrante troviamo inoltre un grande marchio di prodotti tecnici che presenta differenze strutturali significative rispetto alle altre imprese dell’indagine. Nel quarto quadrante vi sono due marchi del lusso storicamente impegnati nella sostenibilità che adottano un modello informale in cui non è prevista una funzione CSR. Uno dei due marchi, parte di un grande gruppo internazionale, adotta tuttavia il sistema di valutazione strutturato di gruppo.

Figura1 Sustainability-lab

Quanto Conta la Sostenibilità nei Criteri di Scelta dei Fornitori?

L’impatto della valutazione dei criteri di sostenibilità sui volumi di approvvigionamento di tessuti e accessori dei marchi è significativo: circa la metà dei rispondenti – 8 su 18 –ha dichiarato che oltre il 50% degli acquisti è sottoposto a specifica valutazione di sostenibilità, il numero sale a 12 su 18 se si considera come soglia il 25% (Figura 2).

Figura 2 – Quota percentuale degli acquisti di tessuti e accessori che è sottoposta a una valutazione formale di sostenibilità (n. di marchi)

Figura 2 Sustainability-lab

In 5 casi su 18, la valutazione dei criteri di sostenibilità si basa su un sistema formalizzato di misurazione attraverso indicatori come ad esempio lo Higg Index, il Nike eco-index o l’EPL di Puma, in altri 5 casi la valutazione avviene sulla base di parametri non formalizzati o non strutturalmente definiti. Dei restanti 8 marchi, 4 prevedono in ogni caso di introdurre parametri formalizzati nel prossimo futuro.

La valutazione della sostenibilità diventa particolarmente importante per i fornitori quando i marchi istituiscono le cosiddette Green List, ovvero elenchi di fornitori privilegiati, selezionati per le caratteristiche di sostenibilità dei prodotti offerti o della gestione aziendale. Circa la metà dei marchi –8 su 18 tra cui 4 di grande dimensione – dichiara di utilizzare già una Green List nel processo di selezione dei fornitori (Figura 3). In ogni caso la quasi totalità dei marchi, con un’unica eccezione, ha già inserito nei contratti di acquisto specifiche richieste di conformità a parametri di sostenibilità, secondo schemi propri o basati su protocolli pubblici, dal DETOX di Greenpace a quelli stabiliti dalle autorità doganali, sanitarie o ambientali di alcuni Paesi come la California Proposition 65 e il CPSIA americani o gli standard GB 18401e 20400 cinesi.

Figura 3 – Presenza di una Greenlist di fornitori privilegiati

Figura 3 Sustainability-lab

Quali Aspetti della Sostenibilità sono più Ricercati dai 18 Marchi?

Nella definizione di sostenibilità rientrano molti aspetti diversi: dalla scelta delle materie prime, ai processi e alle tecnologie in uso, alle caratteristiche della supply chain. Abbiamo quindi chiesto ai 18 marchi quali tra gli specifici aspetti della sostenibilità considerano più importanti, indicando per ciascun aspetto come possibili risposte: “non importante”, “interessante”, “fa la differenza”, “ caratteristica obbligatoria”. Abbiamo poi elaborato le risposte “fa la differenza” e “caratteristica obbligatoria” come segnali di particolare interesse.

Al primo posto per interesse è l’assenza di sostanze chimiche pericolose, che probabilmente riflette il forte impatto di campagne come DETOX di Greenpeace. E’ una qualità ritenuta indispensabile da 14 marchi su 18, e considerata dai restanti 4 come un fattore che può fare la differenza nella scelta del fornitore.

Al secondo posto, a pari merito per interesse, si trovano la tracciabilità e l’assenza di pratiche crudeli verso gli animali o che minacciano la biodiversità. Entrambe le caratteristiche sono indicate come indispensabili dalla metà dei marchi (9 su 18) e considerate anche da altri 6 come fattori che possono fare la differenza nella scelta del fornitore. L’interesse per la tracciabilità riflette un bisogno di trasparenza, in un contesto di globalizzazione dei sistemi di fornitura. L’interesse per l’assenza di pratiche crudeli verso gli animali, uniformemente distribuito tra marchi del lusso, del mass market e dell’outdoor, testimonia invece una sensibilità alla valorizzazione della natura in tutte le sue forme, amplificata probabilmente dalle recenti campagne animaliste di grande impatto come quelle di PETA.

Al quarto posto si trova il fair trade, non inteso come certificazione, ma come approccio responsabile alla gestione della supply chain. All’interesse per questo fattore non è certamente estranea la campagna di opinione che si è sviluppata dopo la tragedia del Rana Plaza nel 2013.

Figura 4 – Le caratteristiche di sostenibilità maggiormente apprezzate dai 18 marchi (risposte “makes the difference” e “mandatory”)

Figura 4 Sustainability-lab

Il Ruolo delle Certificazioni

L’approccio alla gestione sostenibile della supply chain basato sulla richiesta ai fornitori di etichette di conformità dei prodotti o dei processi aziendali a schemi di certificazione riconosciuti, ha avuto un’ampia diffusione anche nella filiera tessile, generando nel corso degli anni un intricato “labirinto di marchi e certificati”. La conformità a standard riconosciuti è d’altronde considerato uno stadio iniziale nel percorso di sostenibilità di un marchio e, recentemente il sistema delle certificazioni si è inoltre attirato critiche sia sul piano dei principi che su quello dell’efficacia pratica. Sul piano dei principi per i limiti di trasparenza che lo contraddistinguono e per gli effetti viziosi che possono essere indotti dall’approccio pass or fail, tipico delle certificazioni, che può spingere le imprese in cerca di certificazioni a nascondere i problemi anziché attivarsi per risolverli. Sul piano dell’efficacia le critiche sono state sollevate in relazione ad alcuni tragici eventi che hanno visto protagoniste aziende certificate.

La International Brands Survey 2014 di sustainability-lab.net offre l’opportunità di misurare la fiducia che i marchi ripongono nel sistema delle certificazioni: 16 marchi su 18 hanno risposto affermativamente alla domanda: Date valore alle certificazioni? E’ interessare osservare che uno due marchi che hanno risposto negativamente è un grande retailer tra i più impegnati e avanzati sul piano della gestione della sostenibilità.

L’analisi di dettaglio riguardo a quali etichette di certificazione i marchi attribuiscono più valore, mostra però che solo 4 tra i 18 marchi considerano indispensabile (mandatory) una o più certificazioni: due marchi dell’outdoor, uno del lusso – quotato in borsa – e uno nell’area dei prodotti tecnici.

15 marchi su 18 in ogni caso considerano che una o più etichette di certificazione possono fare la differenza (make the difference) nella scelta di un fornitore. Anche in questo caso è interessante osservare che uno dei più grandi marchi mondiali dello sportswear, pioniere e punto di riferimento nel campo della sostenibilità, pur dichiarando di dare valore alle certificazioni non ha classificato nessuna delle certificazioni come indispensabile o che fa la differenza nella scelta del fornitore.

Il questionario della International Brands Survey 2014 include una valutazione riguardo alle principali etichette di certificazione. Anche in questo caso abbiamo proposto una scala di valutazione indicando per ciascuna certificazione aspetto come possibili risposte: “non importante”, “interessante”, “fa la differenza”, “caratteristica obbligatoria”. Abbiamo poi elaborato le risposte “fa la differenza” e “indispensabile” come segnali di particolare interesse. Sulla base delle risposte ottenute, si deve ritenere che l’espressione indispensabile sia riferita ad alcuni specifici articoli acquistati e non all’intero volume di acquisti del marchio.

Le etichette che hanno ottenuto il maggiore interesse sono Oekotex 100/100plus e GOTS, indicati da 10 marchi come “fa la differenza”, Oekotex 100/100plus ottiene anche due menzioni come indispensabile, da un marchio dell’outdoor e da uno di articoli tecnici, GOTS ottiene anche una menzione come indispensabile da un marchio dell’outdoor; SA8000 con 9 citazioni tra cui una di indispensabile (del lusso) e Bluesign, anch’essa con 9 citazioni e una di indispensabile da un marchio dell’outdoor.

Hanno inoltre ottenuto almeno una citazione come indispensabile anche ISO14000, da un marchio del lusso, Global Recycled Standard, da un marchio del lusso, Ecolabel, da un marchio del lusso, Fair Wear Foundation, da un marchio dell’outdoor.

Figura 5 – Le etichette di certificazione relative alla sostenibilità maggiormente apprezzate dai 18 marchi (risposte “makes the difference” e “mandatory”)

Figura 5 Sustainability-lab

Conclusioni e Sintesi

La International Brands Survey 2014 di sustainability-lab ha registrato i comportamenti riguardo all’approvvigionamento di tessuti e accessori sostenibili da parte di 18 marchi internazionali dell’outdoor, del mass market e del lusso che nel complesso realizzano vendite per oltre 50 miliardi di €.

I risultati della survey possono essere sintetizzati in 5 principali elementi:

  • I modelli di gestione degli acquisti sostenibili sono diversificati. Un gruppo consistente di grandi marchi ha seguito un approccio formalizzato e maturo, che prevede un ruolo di controllo da parte della funzione CSR, la definizione di Greenlist di fornitori privilegiati e vede una quota molto elevata di acquisti sottoposta a valutazione formale dei criteri di sostenibilità. Alcune imprese del lusso, storicamente impegnate nella sostenibilità hanno adottato invece un approccio più informale, senza un ruolo preciso per la funzione CSR. Altre imprese ancora sono in una fase di evoluzione organizzativa e presentano ruoli della funzione CSR diversificati e attese di adozione di strumenti più formalizzati di valutazione della sostenibilità degli acquisti.
  • L’impegno dei marchi nella sostenibilità ha un impatto significativo sulle richieste ai fornitori, testimoniato dall’elevata quota di acquisti sottoposta a specifica valutazione di sostenibilità e dalla diffusione delle Greenlist di fornitori privilegiati, basate su criteri di sostenibilità.
  • L’approccio alla sostenibilità ha raggiunto un nuovo grado di maturità, che porta a valorizzare aspetti specifici come l’assenza di sostanze pericolose, la tracciabilità, il non utilizzo di pratiche crudeli verso gli animali e la tracciabilità della filiera, andando oltre quella che possiamo definire la fase 1 della sostenibilità, centrata quasi esclusivamente sulla riduzione delle emissioni di CO2.
  • Emerge una relazione tra gli aspetti della sostenibilità più valorizzati dai marchi e le campagne di alto profilo lanciate negli ultimi anni da organizzazioni ambientaliste, animaliste e per la difesa dei diritti dei lavoratori.
  • Il sistema delle etichette di certificazione mantiene una rilevanza nella valorizzazione dei tessuti e accessori acquistati, anche se pochi marchi le considerano indispensabili. Alcuni marchi che hanno sviluppato sistemi di gestione della sostenibilità particolarmente avanzati sembrano riporre meno valore nelle etichette di certificazione degli standard più diffusi. Le etichette più valorizzate vi sono Oekotex 100/100plus, GOTS, SA8000 e Bluesign.

Cosa Imparare da Questa Analisi

La relazione tra industria della moda e i movimenti ambientalisti ha assunto caratteristiche di dialogo positivo anche grazie agli sforzi che le imprese operanti nel btob stanno compiendo per ridurre l’impatto ambientale e garantire prodotti sicuri.

I produttori di semilavorati destinati al mondo della moda hanno infatti nelle strategie per la sostenibilità un nuovo importante argomento di competitività a condizione che le iniziative adottate siano documentate e trasparenti. Questo rende necessaria la definizione di nuove modalità di comunicazione che, evitando il greenwashing, consentano tracciabilità nella filiera e ai brand di rendere credibile la valenza sostenibile degli articoli proposti.

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Informazioni sull'autore: Redazione - GenitronSviluppo.com

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