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Oltre 50 miliardi di euro pagati dal sistema, per metà sostenuti direttamente dalla collettività – famiglie e imprese – bolletta dopo bolletta. E’ lo spaventoso conto che il bilancio decennale (2001-2011) dell’incentivazione Cip6 presenta all’Italia.
Una gigantesca cambiale staccata a favore della produzione di energia elettrica da fonti «rinnovabili e assimilate», che il Paese finirà di pagare non si sa quando, visto che gli incentivi sono legati alla durata della concessione degli impianti. Ma sbaglia chi pensa che questa marea di denaro sia servita a finanziare energia prodotta da parchi eolici, centrali idroelettriche, impianti geotermici o a biomassa. Dal 2001 al 2011 oltre il 70% degli incentivi Cip6 sono finiti nelle tasche delle società che gestiscono gli inceneritori (4 miliardi) e gli impianti che utilizzano combustibili fossili (carbone) o residui di processo di lavorazione (scarti della raffinazione compresi). Eni, Enel, Edison, A2A, Acea Electrabel, Sorgenia, Erg, a quanto si mormora, sono i gruppi che maggiormente hanno beneficiato dell’incentivo Cip6.
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