World Design Capital e Global Design Agenda. Il Design Come Politica dell’Innovazione per uno Sviluppo Sostenibile Locale e Identitario

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ecodesign, Zoom

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Pubblicato il giorno 13 marzo 2009 - Nessun commento



   


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Un pubblico ed un focus molto ristretto e selezionato ha partecipato alla conferenza  tutta italiana World Design Capital. Una prima piattaforma di dialogo per cercare di delineare ciò che costituisce una buona politica progettazione. Il World Design Capital in collaborazione con Michael Thomson, direttore di Design Connect (Londra), giunge in un momento in cui un grande dibattito internazionale sta emergendo in materia di politica di progettazione e innovazione. Ora infatti anche la Commissione Europea sta cercando di considerare la fase di progettazione come strumento per l’innovazione, con la speranza di creare una innanzitutto una politica europea di progettazione, mentre il governo italiano si dice stia lavorando per la stessa Italia. I preparativi per il Global Design Agenda hanno portato e concentrato alcuni dei principali pensatori di politica di progettazione e diverse parti interessate in una stanza.

“Questa è la prima piattaforma, in materia di politica di progettazione, dove diverse nazioni di tutto il mondo possono condividere le loro conoscenze, intuizioni, sfide e imparare gli uni dagli altri, al fine di una migliore efficacia delle politiche nei loro paesi o blocchi commerciali (vedi UE),” ha affermato cordialmente Thomson, durante la sua introduzione. “Riunendo i numerosi soggetti interessati all’interno di questa comunità internazionale, ci auguriamo di poter influenzare le nazioni a costruire una migliore politica di progettazione che promuova obiettivi di integrazione sociale, economica e sostenibile, oltre a prassi e comportamenti, che consenta la crescita di un design considerato come linguaggio comune per tutti.” Le presentazioni sono state finalizzate alla condivisione delle migliori pratiche in uso e in ipotesi.

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Peter Zec, il presidente e fondatore del progetto World Design Capital, è stato uno dei relatori introduttivi e ha portato un messaggio di marketing distintivo. Secondo Zec, la nuova iniziativa può aiutare le città a migliorarsi, dando loro innanzitutto un’immagine migliore e una maggiore visibilità, attirando investitori e creativi, migliorando la qualità della loro vita e creando partnership pubblico-privati. Quindi è decisivo affidare alle città l’utilizzo del design come strumento strategico per la loro trasformazione. “Torino, per l’Italia è un buon esempio di questa capacità di trasformazione della città. Torino infatti non si trasforma attraverso un marketing di qualche tipo o la creazione di un’immagine di marca, ma attraverso una concertazione di investimenti a lungo termine nella sua stessa infrastruttura.” continua Zec.

La prima fase di questa trasformazione deve essere urbanistica: è necessario delinear un nuovo piano strategico da cui dipende il futuro sviluppo urbano della città, spostando servizi pubblici dal centro storico delle città ad esempio verso un nuovo viale ha stimolato per Torino la trasformazione di vecchi aree industriali in nuovi distretti misti di lavoro / vita / e intrattenimento. Aggiungete a questo un nuovo sistema di metropolitana, il restauro e la pedonalizzazione nel centro della città ci si rende conto di quanto la città può cambiare fisicamente. Resta naturalmente da vedere come la città nel tempo reagisce alla tempesta economica globale che nonostante altre città si ritrova per molti versi più agevolata e preparata.

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Song Weizu è il segretario generale del Pechino Industrial Design Promotion Organization. Weizu non è un designer, ma un funzionario statale molto impegnato. La sua visione è stata la visione di uno Stato che considera il design come lubrificante per la crescita industriale. Il suo discorso è stato rivelatore. La crisi economica della Cina ha dimostrato che la semplice produzione industriale per i paesi occidentali non è sufficiente. La Cina vuole creare i propri prodotti e con un proprio design industriale ed è ora quindi più importante che mai agire in questo contesto. “Abbiamo circa 500.000 laureati in design, ma abbiamo ancora bisogno di imparare.” spiega Weizu.  Weizu non ha nascosto i pro e contro della propria situazione cinese, “Siamo ancora molto indietro in molti settori industriali. E stiamo ipotizzando un salto nei prossimi cinque-dieci anni.”

Nonostante infatti l’Occidente è inondato con prodotti cinesi a basso costo (di progettazione), la Cina ha una bellissima e profonda storica sensibilità nel proprio design. Le Olimpiadi di Pechino sono stati un esempio lampante di ciò che i cinesi possono fare. Vi ricordate la cerimonia di apertura dei giochi? La progettazione infatti è stata spettacolare. Siamo stati abituati a pensare l’Occidente come una zona dove progettare e India e Cina come zona dove fabbricare. “Il paradigma va cambiato” conclude Weizu.

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Yrjö Sotamaa, presidente e professore dell’Università di Helsinki, Arte e Design, nel suo discorso introduttivo, ha descritto un’impressionante strategia di innovazione nel design che è stata sviluppata e messa in atto dal governo della Finlandia. Sotamaa è un designer e si vede. Molto sottostimato,  ma molto ironico, e molto impegnato, ex presidente della scuola superiore di progettazione, ha gestito l’incredibile progetto: convincere il governo a rendere la progettazione una parte centrale della propria politica per l’innovazione e quindi convincere le tre migliori università della Finlandia ciascuna con i suoi 100 e più anni di storia, di fondere in una nuova università una nuova concezione umano-centrica, basata su di un progetto multidisciplinare.

Tutto è iniziato nel 1997, quando la Finlandia si rese conto di non essere preparata per il futuro, dove le competenze dei propri progettisti non rispondevano alle richieste del mondo degli affari. Nel 1999, Sotamaa e la sua rete di relazioni è riuscito a ottenere una prima possibilità di “integrare il design nel sistema nazionale di innovazione”. Il primo passo era rappresentato da un investimento di 30 milioni di euro in progetti di ricerca, il secondo un programma di progettazione che pensava direttamente alla società, con una particolare attenzione per l’utente come centro di un processo di progettazione ed ora la Finlandia sta  lanciando il terzo e il più impressionante step: l’università per l’innovazione.

L’università dell’innovazione, l’Aalto University, punta a concepire quel luogo in cui i progettisti giorno dopo giorno a fianco di ingegneri e studenti, sviluppano soluzioni business user-centered grazie a  progetti multidisciplinari. Si tratta di una mossa coraggiosa per un piccolo paese, e che senza dubbio ispirerà altri paesi e regioni, come esempio da seguire. Servirà sicuramente anche a  dimostrare ancora una volta che uno dei fondamenti della Finlandia è di creare un per lo sviluppo di benessere economico e sociale.

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Ibrahim Al Jaidah, amministratore delegato di un importante studio di ingegneria a Doha, Qatar, ha trasmesso con grande eloquenza e passione la sua frustrazione nella profonda trasformazione della sua regione. La sua presentazione è iniziata con le foto di Doha nel 1950, dove ancora regnava un’architettura sostenibile sviluppata nel corso di molti generazioni provate da un clima estremo e da un ostile deserto. Piccole finestre conservano il calore e ingegnosi ma semplici sistemi creano ventilazione naturale come piccoli cortili interni.

Poi è venuto il petrolio e il Golfo Persico è cambiato radicalmente. Ora star di architetti da tutto il monto costruiscono il proprio totem senza alcuna considerazione di ciò che è sostenibile o culturalmente rilevante. A questi progettisti interessa creare nuove isole artificiali, ville con giardini (anziché cortili) e torri di vetro a fronte dei 50°C del deserto. Nel Qatar (come a Dubai) non vi è alcuna politica di progettazione e chi la propone sono solo una minoranza nel proprio paese. Al Jaidah propone un ripensamento mostrando alcuni esempi di architetti internazionali che hanno riflettuto sul fatto che nel Qatar gli edifici che sono stati creati senza alcun rispetto di ciò che gli circonda. Architettura e design quindi devono essere considerati come strumenti culturali, secondo Al Jaidah. Interpretando l’identità culturale delle persone. E in Qatar (come molte zone del mondo), questa identità culturale è blanda e non pensa con intelligenza all’ambiente che lo circonda. Il Qatar come molti luoghi di questo tipo sta rapidamente diventando un non-luogo.

“Viviamo in un mondo in cui l’identità culturale è promiscua e fragile. Una politica di progettazione ha un ruolo non solo per proteggere l’identità, ma nella ricerca di modi per rinnovare, per dare un significato nuovo, una nuova direzione. Proprio come Slow Food ha fatto per l’agricoltura e le nostre tavole, abbiamo bisogno di un nuovo disegno di politica culturale, che non ha lo scopo di preservare solamente un pastiche identità storica di un luogo, ma consenta anche una regione o una città di essere rinvigorita con nuovi significati e innovative direzioni culturali”, conclude Al Jaidah.

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Fumio Hasegawa è laureato in economia alla Nagoya City University, e collabora proprio con la città di Nagoya fin dal 1975. Hasegawa ha iniziato la sua presentazione illustrando l’affascinante storia della città di Nagoya, dalla costruzione del suo castello 400 anni fa, alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, alla notevole tendenza a diventare una prospera città industriale, campo base della Toyota come di altre industrie. Ma Nagoya è una città con una forte identità culturale e volontà di cambiamento.

Nagoya nel 1999 ha lanciato il “Bando per la sensibilizzazione all’emergenza dei rifiuti”, una campagna per ridurre i rifiuti, senza dover costruire una nuova discarica. Per raggiungere questo obiettivo, la città di Nagoya ha visto la creazione di appalti pubblici per una cooperazione in una vasta operazione di riciclaggio. L’obiettivo era quello di ridurre i rifiuti inizialmente del 20%. Ora sono riusciti a ridurne del 60% e a breve la percentuale tenderà ancora ad alzarsi. Questa campagna di successo ha fatto ricorso alla volontà e priorità dei cittadini di creare un futuro più sostenibile. Naturalmente, questo ha richiesto l’impegno e la tenacia di tutta l’amministrazione della città, spiega Hasegawa, con il sostegno del governo locale e delle industrie. Tuttavia, la collaborazione nel coinvolgere il pubblico è stato molto innovativo. Hasegawa ha spiegato che è importante pianificare le modalità per fornire informazioni al pubblico e non nascondere i problemi, ma spiegarli loro.

La Città di Nagoya fornisce un ottimo esempio di un approccio win-win “, dove gli sforzi congiunti di cittadini, organizzazioni private, enti pubblici e può, di fronte a una crisi, portare a comportamenti più sostenibili, il benessere sociale e un più promettente futuro.

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La politica dell’innovazione, ha spiegato Dröll portavoce della UE nel suo discorso di Torino, è stata ampiamente integrata nella politica europea attraverso fondi regionali per 85 miliardi di euro, applicati alle attività di ricerca e innovazione. La Commissione europea sta ora cercando di sviluppare la prossima generazione di politica di innovazione, includendo modelli d’intervento alternativi. Approcci come l’Open Innovation and Mass Innovation potrebbero essere validi punti di partenza, in quanto un numero sempre maggiore di utenti, piuttosto che produttori di innovazione ne avrebbero libero accesso.

Un altro approccio è quello di mettere la società (e le esigenze della società) al centro della politica per l’innovazione, con design e designer che agiscono come agenti di cambiamento. Dröll ha sottolineato che potrebbe essere molto interessante anche unire progetti di questo tipo ad iniziative di micro-credito, come acceleratori finanziari. Anche se alcune persone potrebbero vedere un tale approccio, come appartenente ad una politica sociale, è in realtà  politica dell’innovazione. Dopo tutto, è l’agenda sociale, che offre la più forte motivazione per l’azione a livello comunitario, piuttosto che creare appalti pubblici di intervento sul mercato. In realtà, Dröll ha appena iniziato a creare consenso, ma la strada è lunga. Il design ha chiaramente un ruolo chiave in questa nuova generazione di politica per l’innovazione, e la politica europea deve quindi sostenere la progettazione come strumento per l’innovazione. Prossimo appuntamento per il World Design Capital? Seul 2010.

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