I Designer che cambiano il mondo: “Form follows sense”. Con Simonetta Carbonaro per capire una società che cambia e approfondire le future dinamiche sociali, scoprire soluzioni possibili e nuove e antiche conoscenze. Da una Tecnologia Umanistica ad un’Economia di Cultura

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ecodesign

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Pubblicato il giorno 30 aprile 2008 - 1 commento



   


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Simonetta Carbonaro è un’esperta in psicologia dei consumi, ergonomia e gestione strategica del design. Svolge ricerche nel campo del comportamento del consumatore, prevedendo le direzioni intraprese dalla “cultura” del consumatore analizzando gli ampi schemi socio-culturali.  E’ professoressa di marketing umanistico e gestione del design alla Scuola svedese del tessile (Università di Boras), e membro del Centro di Ricerca alla Domus Academy di Milano. Oltre ad aver per più di 10 anni lavorato come consulente di strategie innovative di marchio per diverse aziende internazionali e oggi è partner a REALISE, una società di consulenza in Germania, dove è attivamente coinvolta nella marchiatura di valore, design strategico e gestione d’innovazione.

Simonetta Carbonaro is an expert in consumer psychology, ergonomics and strategic design management. She carries out research in the area of consumer behavior, forecasting the directions consumer culture is moving in by analyzing broad socio-cultural patterns. She is Professor in Humanistic Marketing and Design Management at the Swedish Textile School (University of Borås), and a member of the Domus Academy Research Centre in Milan. For more than ten years, Carbonaro has worked as a consultant on innovative branding strategies for various international companies and is today a partner at REALISE, a business consulting firm based in Germany, where she is actively involved in Value Branding, Strategic Design and Innovation Management.

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Chris Jordan Photography

  • Araceli de la Parra: “Form follows sense” in this new paradigm that you describe at ISPO Sportsdesign, will the relationship between designer and user change? If so how do you see this evolving?

Simonetta Carbonaro: Per i consumatori occidentali, oggi gli acquisti sono diventati una giungla incomprensibile di offerte di prodotti. Di conseguenza l’incondizionata e bulimica “necessità di necessitare” dei consumatori è una questione del passato, ora sta accadendo in realtà esattamente l’opposto: “anoressia agli acquisti”. Il concetto del consumo sta perdendo in maniera continua il suo potere simbolico da dieci o vent’anni. Non incarna più la cultura del progresso come accadeva una volta. E non rappresenta più un atteggiamento ottimistico nei confronti della vita, né un progetto di prosperità collettiva, al contrario! Il consumo ha perso così il suo fascino effimero e le persone non sono più così fiduciose nel futuro come una volta.

Inoltre I valori dei consumi a vita breve essenzialmente sono in crescente contrapposizione con il clima politico ed economico delle società occidentali di oggi. Per le persone preoccupate del futuro, la necessità di consumi, sta diventando un fatto marginale. Questa nuova tipologia di consumatore compare già nei nostri mercati occidentali e non ha nulla a che fare con il “consumatore camaleonte”, dalle molteplici scelte, viziato, disorientato e normalmente descritto dai nostri manuali di design guidati dal marketing post-moderno.

Il consumatore di oggi è maturo e non è alla ricerca di una completa pletora di prodotti di massa o affascinati da una serie di “storie” di marketing e design come spolverate da zucchero. In effetti gli utenti e consumatori, nel nostro mercato occidentale, sono alla ricerca del design di beni reali, che raccontano storie reali, originali, e si … forse anche eroiche nelle quale vorrebbero in qualche modo essere invitati a partecipare. Perciò il design “cosmetico” deve orientarsi verso un design di simboli significativi che suggeriscono nuovi modelli e stili di vita e non soltanto il prossimo stile di vita di tendenza.

Siamo giunti in quella fase dell’evoluzione umana nella quale dobbiamo cominciare a risolvere delle problematiche che riguardano la relazione esistente tra consumo e soddisfazione, quindi tra un’accumulazione ed una distribuzione e tra avere ed essere. Il problema che maggiormente preoccupa i nostri paesi occidentali non è capire la quantità di prodotti e oggetti che possiamo ancora progettare o come produrre e consumare in maniera sostenibile. La domanda reale invece e che cosa dovremmo progettare, produrre e consumare che oggi abbia un senso e che aggiunga qualità alla nostra vita. Quello che dobbiamo capire è il tipo di relazione che esiste oggi tra la domanda di significato da parte del consumatore e la qualità di vita e l’offerta di beni nei nostri mercati.

Simonetta Carbonaro: For western consumers, shopping today has become an incomprehensible jungle of product offers. And thus the consumers’ unconditional and bulimic “need to need” of the past, is becoming, in reality, exactly the opposite: shopping anorexia. The concept of consumption has been steadily losing its symbolic power over the last ten to twenty years. It no longer embodies a culture of progress as it once did. It no longer represents an optimistic attitude towards life, or a project for collective prosperity. On the contrary! Consumption has lost its ephemeral appeal and people are not as confident in the future as they once were.

Additionally – the essentially short-lived consumption values are increasingly at odds with the political and economic climate of today’s western societies. And for people worried about the future the need to consume falls by the wayside. This new kind of consumer that is now appearing on our western markets has nothing to do with the chameleon-like, multi-optional, spoiled and puzzled consumer usually described by post-modern marketing-driven design handbooks. Today’s mature consumers are not looking for a whole plethora of mass produced products, marinated in a whole lot of marketing “stories” and sugar coating design. In actual fact people, in our western markets,  are on the lookout for the design of real goods that tell real, original and yes… perhaps even heroic tales in which they would like to be somehow invited to take part. Cosmetic-oriented design has therefore to shift and move towards the design of significant signs that suggest new models of life and not just the next trendy lifestyle.

We have reached that stage in human evolution when we have to start addressing the issue of the relationship that exists between consumption and satisfaction, therefore between accumulation and distribution, and between having and being. The problem that most concerns our western countries is not so much understanding the amount of wares we can still design, produce and consume in a sustainable way. The real question is instead what we should be designing, producing and consuming that might make sense and add quality to our life. What we need to understand is the kind of relationship that exists today between the consumer’s demand for significance and quality of life and today’s offer of goods on our markets.

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Chris Jordan Photography

  • Araceli de la Parra: Potrebbe un designer fare riferimento alle vostre competenze per validare le soluzioni sostenibili che presenta a un cliente? Come potreste dare supporto e/o informare cliente e designer per prendere le decisioni più adatte?
  • Araceli de la Parra: Could a designer make reference to your expertise to validate sustainable solutions proposed to a client? How would you support and/or inform further client and designer during their decision making?

Simonetta Carbonaro: Si, lavoriamo principalmente con designer nello sviluppo di soluzioni di design strategiche. Designers che hanno bisogno del nostro aiuto possono essere introdotti nelle nuove metodologie induttive che utilizziamo per individuare tutti i segnali promettenti sociali e culturali che anticipano la necessità latente di modi sostenibili di vita e di pensiero.

Simonetta Carbonaro: Yes, we mainly work with designers in the development of strategic design solutions. Designers that need our help can get introduced into the new inductive methodologies that we use in order to spot all the cultural and societal promising signals that anticipate the latent need of sustainable ways of life and ways of thinking.

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Chris Jordan Photography

  • Araceli de la Parra: Nella sua presentazione a ISPO 2008 parla del ruolo della tecnologia e come questa ha ‘risolto’ I problemi che riguardano la crescita della popolazione, creando dei metodi di produzione più efficienti e come questa stessa tecnologia ha creato un’altra serie di problematiche non solo ambientali. Se questo paradigma di cui racconta “form follows sense” fosse in atto, quale secondo lei sarebbe il ruolo della tecnologia?
  • Araceli de la Parra: In your presentation at ISPO 2008 you talk about the role of technology and how it ‘solved’ the problem of population growth by creating more efficient production methods and how now this same technology is putting environmental pressure and creating a whole new set of problems. In “form follows sense”, what do you think will be the role of technology?

Simonetta Carbonaro: Il vero problema nel nostro sviluppo post-moderno è la mancanza di “anima”. La nostra economia di mercato globale indirizzata verso una crescita senza limiti e la tecnologia guidata dal marketing stanno sfruttando principalmente l’anima mundi: l’anima e non solo il suolo della nostra terra. Qualcuno potrebbe chiedere a questo punto ma “l’anima” e un’energia rinnovabile? In realtà no, perché anche l’anima si può estinguere, si può consumare, può essere inquinata ed ammalarsi quando l’uomo è forzato a far parte di un mondo dove anche la tecnologia è diventata un incentivo di uno stile di vita basato sull’acquisto compulsivo dei reality show, con degli standard di vita finti invece del accrescimento di una vita vera con un significato eloquente individuale e collettivo.

Questo è il vero punto per qualsiasi presunzione e riflessione che riguardano la tecnologia e la sua progettazione oggi. La tecnologia ha bisogno di un’anima, scientifica e non tecnocratica. Abbiamo bisogno di una tecnologia che si realizza con tutta coscienza. Coscienza (cum scientia) significa letteralmente “con conoscenza”. Credo che una tecnologia umanistica possa esistere. E una tecnologia basata sulla conoscenza e la saggezza sulla consapevolezza di un progetto comune e condiviso. Questo significa anche la progettazione di un “sogno comune”; non sto parlando delle voglie, dei desideri, delle brame e degli sfizi del consumatore; sto parlando di un nuovo sogno … gli oggetti che fanno parte di un progetto condiviso sono anche oggetti che permettono all’uomo di sognare. Non dobbiamo dimenticare che l’uomo è un animale simbolico e cerca significato nella vita, l’uomo non vive soltanto di pane.

Credo che una buona tecnologia che sia in grado di progettare prodotti ricchi di significato può esistere e deve esistere. Credo nella tecnologia intesa come progettazione di prodotti i quali possono diventare “trasmettitori” di un progetto comune. Questo modo di progettare la tecnologia può esistere e deve esistere. Un design ed un progetto dedicati all’uomo come traguardo non come medium e strumento. Una tecnologia de-liberata, come l’arte di creare beni progettati nel futuro, in un futuro che ha un futuro.

Simonetta Carbonaro: The real problem of our post-modern development is the lack of soul. Our unlimited growth oriented global market economy and its marketing driven technology are exploiting mainly the anima mundi, the soul, and not just the soil, of our world. But one could ask at this point: is “soul” a renewable energy? Actually not. Because even the soul can get burn-out, it can consume itself, it can get polluted and sick when Man is forced to be part of a  world in which even technology has become the incentive of a way of life based on the compulsion of buying the Reality Show of a fake living standard instead of the enhancement of a real life with an individual and collective meaningfulness.

And this is the real point of any assumption and reflection about technology and its design today. Technology needs more soul, a scientific, not a technocratic soul. We need a Technology that acts in all conscience.  Conscience (cum scientia) literarily means “with knowledge”. I believe that a humanistic technology can exist. It is a technology based on knowledge and wisdom, on the awareness of a shared and common project. That also means the design of a common Dream. I am not talking of consumers’ wants, desires, wishes and whims. I’m talking of a new Dream…The objects that belong to a shared project are also objects designed to enable Man to dream. We should never forget that Man is a symbolic animal, and he seeks meaning in life. Man does not live by bread alone.

I believe that a good technology that is able to design meaningful products can exist and must exist. I believe in technology, intended as a design of products that can become the transmitters of a common project. Such a design of technology can exist and should exist. A design, a project,  devoted to Man as a goal and not as a medium. A technology intended as the art of creating goods projected into a future, a future that has a future.

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  • Araceli de la Parra: A parte il nuovo approccio che dovrebbe adottare il designer, il quale è già stato descritto e proposto da altri (come Cradle to Cradle, life cycle design, ricerca sui materiali ecc.), cambierà secondo lei in essenza il ruolo del designer, la sua metodologia di progettazione, cosa sarà necessario perché lui o lei siano in grado di proporre il tipo di soluzioni richieste? Quale nuove dinamiche dovranno essere incorporate? Quale responsabilità? E infine dalla sua esperienza cosa può dedurre?
  • Araceli de la Parra: Besides the new approach to design that has already been talked about and proposed by many (cradle to cradle, life cycle design, material research etc) do you think the role of the designer will change in essence, in the way he goes about designing, what will it take for him/her to come up with the types of solutions required? New dynamics that might have to be incorporated? Responsibilities? from your experience what can you deduce?

Simonetta Carbonaro: I designer devono realizzare che essi rappresentano, insieme agli artisti, la più sorprendente forza motrice per la trasformazione culturale della quale abbiamo urgentemente bisogno. Questa trasformazione culturale potrebbe, senza imporsi direttamente, stimolare lo sviluppo di una coscienza, di un’ecologia della mente basata sul essere e non sul avere. L’uso dei beni, degli oggetti e l’accesso ai servizi piuttosto che il possesso “roba”. Questo è il tipo di trasformazione che dobbiamo mettere in atto per restaurare l’equilibrio tra i nostri bisogni individuali, collettivi e il tetto naturale del nostro pianeta. In breve quello che sto dicendo è che gli strumenti culturali del design e delle arti possono contribuire in maniera sostanziale alla creazione di una nuova “cultura di un’economia” basata su una “economia di cultura”,  questa è l’unica economia che letteralmente ha risorse e potenziale infinito.

L’economia di cultura di cui parlo va oltre la così chiamata “economia della creatività” la quale implica una trasformazione più radicale paragonabile a quella annunciata da Richard Florida. L’ economia della creatività fa parte del presente e non del futuro visto che concepisce il design come uno strumento competitivo e strategico per la differenziazione di nuovi prodotti, ignoti al fatto che parlando globalmente, già stiamo annegando in un eccesso di comodità.

Nella costruzione di una “economia di culturaartisti e designer sono invece richiesti di utilizzare la loro creatività per stimolare e provocare nell’immaginazione del pubblico, grazie alle loro interpretazioni, quello che rappresenta l’estetica di una buona cultura della vita, pura ed equa per le persone di questo pianeta. In questa “economia di cultura” designer e artisti hanno un ruolo impegnativo. Artisti e designer potrebbero diventare i “campioni” di un nuovo progetto per un futuro del mondo sostenibile e virtuoso: un futuro di felicità chiaramente. Speriamo una felicità più sobria questa volta!

Simonetta Carbonaro: Designers should realise that they represent, together with artists, the most amazing driving force for the Cultural Transformation we urgently need. That Cultural Transformation that could stimulate, without any direct imposition, the development of a conscience, of an Ecology of the Mind based on being rather than having. The use of goods and access to services, rather than the ownership of “stuff”. This is the kind of transformation we need to put in place in order to restore a balance between our individual and collective needs and the natural ceiling of our planet. In brief what I am saying is that the cultural tools of design and the arts can dramatically contribute in the creation of a new “culture of economy” based on an “Economy of Culture”, the only economy that literally has unlimited resources and growth potential.

The “Economy of Culture” I’m talking about goes beyond the so called “Creativity Economy”. It implies a much more radical transformation compared to the one announced by Richard Florida. The “Creativity Economy” is part of the present, not of the future, since it conceives Design as a strategic and competitive tool for new product differentiation oblivious to the fact that globally speaking we are already drowning in an excess of commodities.

In the construction of an “Economy of Culture”, Designers and Artists are instead asked to use their creativity to spark and provoke public imagination through their interpretations of what is the aesthetics of a good, clean and fair culture of living for the people of this planet. In this “Economy of Culture” designers and artists have a tremendously challenging role. Artists and designers could become the champions of a new project for a sustainable and righteous future for the world: a future of happiness of course. But hopefully a much sober happiness this time!

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Maurits Escher

  • Daniel Casarin: Lei parla di diversità culturale che dovrebbe fornire all’economia uno scopo ed un significato oltre l’incremento di un mercato e quindi di un auto-soddisfazione a sé stessa, in che modo questo potrebbe essere possibile? E quale ruolo assumerebbe in questa economia l’Etica, nel suo significato antico di condotta e carattere?
  • Daniel Casarin: You talk about how cultural diversity should provide economy with a purpose and meaning beyond market increase, how do you see this happening? What role do ethics, in their ancient meaning of conduct and character, have in this economy?

Simonetta Carbonaro: L’economia di un mercato globale è uno standard dominante che oggi appiattisce la cultura. Ogni cultura dominante, linguaggio dominante o ideologia dominante costringe la diversità a subire le punizioni delle Furculae Caudinae di un modo di pensiero dominante che fra l’altro non è mai un vero Pensiero ma una banale selezione di errori e generalizzazioni.

La cultura invece è nutrita dalla diversità culturale che è il vero alimento dell’anima mundi. Una metafora culinaria è utile a questo punto: un uomo coltiva per mangiare e scambiare. La cultura deve molto a questo legame fra agricoltura, bosco e pastorizia la quale si nutre della coltivazione piuttosto che dalla caccia. I cacciatori di sapienza “celere”, dominati dall’ideologia di una conquista di mercato sono spesso i distruttori di diversità e risorse culturali. Per questo motivo possiamo anche dire che se è vero che la cultura è un modo efficace e semplice di aprire al dialogo e alle modalità di pensiero tra le persone, è anche vero che la cultura non può diventare una cultura “celere”. Quello che è inquietante di una cultura globalizzata e preconfezionata è il chiaro intento di influenzare il consumo offrendo una gamma di tic ed eccentricismi che poi sfidano l’accesso a temi che possono generare un dialogo vero fra le persone.

Oggi molte persone di cultura (tra loro vedo anche tanti giovani designer e artisti) stanno unendo le loro forze in quel tipo di “creazione” che John Thackara chiama ingegnerizzazione sociale o quello che Francesco Morace definisce come “societing”. Realizzando che c’è qualcos’altro che deve essere progettato e che va oltre la gestione del design “dalla culla alla culla” di un infinito numero di prodotti e comodità che si ripercuotono nel nostro mondo e nel nostro habitat psicologico. Stiamo comprendendo che il nostro spazio e il nostro tempo sono anche limitati e sono fonti NON rinnovabili e che dovrebbero far parte delle nostre considerazioni riguardo la “pressione ambientale” di una qualsiasi nostra “creazione”. Questo non è un problema economico ne tecnologico, è invece un problema antropologico visto che concerne materie esistenziali ed etiche.

Concludo e rispondendo alla domanda riguardo il ruolo che possiede l’etica nel suo significato antico. Nicola di Cusa, come tutti i buoni Platonici, aveva una idea chiara sulla distinzione fra bene e male, fra una vita buona e una vita cattiva. Sapeva che il male era semplicemente la negazione del bene. Quando penso che qualcosa sia “cattiva” o “malvagia”, in realtà dovrei dire che “non è buona”. E grazie a questa abilità che oggi, in questo nuovo medioevo universale e locale, il suo punto di vista può salvarci. Nella sua opera più importante De docta Ignoratia (Ignoranza dotta) Nicola di Cusa arriva alla conclusione che l’uomo non sarà mai in grado di afferrare la verità assoluta: l’uomo può soltanto conoscere verità relative e queste possono aumentare ma mai coincidere col assoluto.

Gli occhiali con i quali il Cusano guarda il mondo hanno due lenti, una che avvicina ed una altra che allontana gli oggetti, questo è l’unico modo in cui possiamo sperare di trovare una vera misura, un elemento bilanciato per la nostra valutazione e per prendere decisioni. Per esempio non possiamo stabilire in termini assoluti quello che dovrebbe essere un design per una “buona vita”, però possiamo sicuramente decidere quello che non è un design per una “buona vita”. Dal paragone fra utile ed inutile, fra buono e cattivo, fra quello che è decente e indecente possiamo magari avvicinarci alla verità senza mai raggiungerla. E questa è la cosa positiva perché solo in questo modo la vita può, al di là della fine, avere anche uno scopo. Il resto è fondamentalismo, dogmatismo ed intolleranza.

Simonetta Carbonaro: Globalised market economy is a dominant standard and flattening culture today. Every dominant culture, language or ideology forces diversity to suffer the gauntlet of the Caudine Forks of a dominant way of thinking, which by the way is never an actual way of thinking, but just a commonplace selection of mistakes and generalisations.

Culture instead is nourished by cultural diversities, which are the real food of the anima mundi. A culinary metaphor is useful at this point: one cultivates in order to eat and exchange. Culture owes much to this agricultural, woodland, pastoral connection that feeds with cultivated rather than hunted food. The hunters of fast knowledge, dominated by the ideology of market conquest, are often the destroyers of culture diversities and cultural resources. For this reason we can also say that if it is true that culture is a quick and simple way to open dialogues and mind-sets among people, it is also true that culture can not become a Fast Culture. What is disturbing about pre-wrapped globalised culture is the clear intent to influence consumption in offering a range of cultural tics and quirks which then defy access to themes that may generate a real dialogue among people.

Today many people of culture (among them I see also many young designers and artists) are joining their efforts in that kind of design that John Thackara calls social engineering, or what Francesco Morace defines as “societing”. One is realising that there is something else that needs to be designed and goes beyond “the cradle to cradle” design management of an infinite number of products and commodities which are impinging our world and our psychological habitat. One is understanding that our space and our time are also limited and NON renewable resources, which must also be part of our considerations regarding “Environmental Pressure”. This is not an economic or technological issue; it is more an anthropological one, seeing as it concerns existential and ethical matters.

Let me conclude answering you about the role of ethics in its ancient acception. Nicholas of Cusa, as all good Platonists, had a clear idea of the distinction between good and evil, between a good life and a bad life. He knew that evil is simply the negation of good. When I think something is “evil” or “bad” I should in reality say “not good”. It is thanks to this ability that today, in this new universalist and localist middle age, his point of view can come to our rescue. In his most important work De docta ignorantia (The learned ignorance) Nicholas of Cusa reaches the conclusion that man will never be able to grasp absolute truth: man can only know relative truths, and these may increase, but never coincide with the absolute.

The glasses with which Cusanus regards the world have two lenses, one that draws things nearer and one that distances them, this is the only way that to this day we can hope to find a true gauge, a balanced element for our evaluation and decision making.  For example we cannot establish in absolute terms what a design for a good life might be, but we can certainly decide what is not a design for a good life. From the comparison between the useful and the useless, between the good and the bad, between what is decent and what is indecent we perhaps can draw close to the truth without ever reaching it. And that’s the good thing about it, because only in this way can life, beyond ending, also have an end, and an aim. The rest is fundamentalism, dogmatism, intolerance.

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  1. ” there is a good bit of that when it comes to Cajun cooking. Jambalaya is a southern dish arising out of Louisiana. Apart from cooking, people use Olive oil in baking  as well.

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