Il Plexiglas Biosintetico. Scoperto un Enzima in Grado di Produrre una Materia Prima del Famoso Vetro Acrilico e con Poche Reazioni Bio-chimiche non Pericolose si Ottiene la Preziosa Plastica

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Chimica Sostenibile

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Pubblicato il giorno 05 dicembre 2008 - Nessun commento



   


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All’Università di Duisberg-Essen in Germania alcuni ricercatori hanno scoperto un enzima batterico in grado di creare una delle materie prime per la fabbricazione del vetro acrilico o meglio del Plexiglas. Questo enzima potrebbe fornire un nuovo percorso per la produzione di materie plastiche senza utilizzare combustibili fossili o produrre rifiuti tossici. Alcuni batteri sono già stati utilizzati per creare varie materie plastiche, ma questa è la prima volta che gli scienziati hanno scoperto un percorso “biosintetico” per creare il Plexiglss, la trasparente e resistente materia plastica spesso utilizzata come superficie intangibile e alternativa al vetro.

I ricercatori ritengono che il vetro acrilico o Plexiglas biosintetico grazie alla recente scoperta dell’enzima potrebbe entrare in commercio entro un decennio. “Abbiamo l’enzima”, spiega Thore Rohwerder, un microbiologo presso l’Università di Duisberg-Essen, “Ora abbiamo bisogno di un processo in grado di produrre materie prime in grande quantità ma a proposito sono molto ottimista.”

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La gente chiede può chiedere dei fazzoletti di carta, un antidolorifico o una colla universale senza  normalmente non dire il nome del prodotto di marca. Ma lo stesso non vale per il Plexiglas®, il marchio spesso usato come sinonimo di tutti i tipi di plastica trasparente. Ma anche 75 anni dopo la registrazione del marchio (il Plexiglas fu inventato nel 1933 da Otto Röhm) andiamo a scoprire quanto il Plexiglas sia utilizzato in numerosissime applicazioni: dall’architettura, alla costruzione automobilistica, al controllo del rumore, ai segnali luminosi, nell’industria aerospaziale, nell’optoelettronica e nel design. Nei decenni successivi al 1933 il materiale è diventato un prodotto di spicco e per motivi burocratici e dalla seconda guerra mondiale è stato venduto in America sotto il marchio Acrylite®.

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La produzione di Plexiglas utilizza materie prime e sostanze chimiche altamente corrosive e pericolose, per non parlare dei numerosi solventi con la diretta conseguenza di utilizzare grandi quantità di combustibili fossili e sottoprodotti altamente tossici. Rohwerder e il suo collega Roland Müller del Centro di Ricerca Ambientale in Germania, sono stati inizialmente sono partiti dallo studio di un metodo di biodegradazione terziario del metil butil etere (MTBE), un additivo della benzina. In un documento pubblicato nel Journal of Applied and Environmental Microbiology, nel giugno 2006, hanno descritto come un enzima possa degradare l’MTBE.

Ma intanto i ricercatori hanno indicato un ulteriore beneficio dell’enzima che produce 2-HIBA, una delle sostanze utilizzate nella produzione del Plexiglas. Tuttavia il team è partito da quest’anno a fare ricerca per sviluppare e studiare l’enzima per la creazione del vetro acrilico. Questa scoperta, secondo Jalal Hawari, un chimico con il National Research Council del Canada, è stata molto attesa: “Il Plexiglas è molto diffuso e molti stavano studiando un metodo per produrlo utilizzando metodi biologici. Produrlo quindi sarà un grande risultato per l’industria chimica”. L’enzima in questione produce 2-HIBA, che sopo una serie di semplici reazioni biologico-chimiche può essere trasformato in Plexiglas biosintetico. “Questo processo è molto difficile per l’industria ma molto facile per l’enzima”, spiega Rohwerder. Zucchero, alcol, o acidi grassi vengono forniti ai batteri come mangimi, che quindi gli utilizzano per produrre la materia prima per la plastica.

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Un altro vantaggio è che l’enzima può aiutare a evitare l’uso di solventi chimici. “Per produrre  sostanze chimiche come questi polimeri, si deve effettuare delle reazioni chimiche piuttosto pericolose in solventi organici”, spiega Hawari. “Ma quando si lavora con la biologia, puoi farlo tranquillamente in acqua”. Mentre i ricercatori possono garantire per la qualità del prodotto, produrre grandi quantità, sufficienti per ritenersi un sistema davvero completo ed efficiente può rivelarsi difficile e richiedere nuovi studi. “E’ la biologia che causa i problemi”, afferma Rohwerder.

“Con l’ingegneria genetica stiamo per manipolare il metabolismo dei batteri per assicurarci che l’enzima stia lavorando bene in tutto l’organismo”. Personaggi come Christophe Schilling, il fondatore e presidente della Genomatica, una famosa e influente azienda chimica con sede a San Diego, rileva che il successo della plastica prodotta con batteri finora si è bloccata in materia di economia. La società tedesca Evonik Industries intanto ha già acquistato i diritti per il brevetto dell’enzima ed ora è impegnata a riconfigurarne il processo per un utilizzo di proporzioni industriali. Con l’aiuto della società, i ricercatori stimano che un impianto pilota potrebbe entrare in funzionamento entro 4  anni, ed entrare nel mercato con il vetro acrilico biosintetico in circa dieci.

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