GPP – Green Public Procurement: La Green Economy che Nasce dalla Pubblica Amministrazione

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Green Economy

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Pubblicato il giorno 10 maggio 2010 - 2 commenti



   


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Continuiamo questa breve serie di interviste dove vogliamo presentare gli aspetti fondamentali della green economy grazie ad un professionista che ha fatto della “crisi” una vera opportunità di sviluppo socio-economico per sé ma soprattutto per i suoi clienti o come gli definisce lui: il suo capitale sociale. Oggi ci occuperemo di GPP (Green Public Procurement).

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  • Daniel Casarin: Il GPP (Green Public Procurement) è definito dalla Commissione europea come “… l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”. Cosa può significare invece questa definizione per un’azienda?

Giordano Mancini: Per un azienda significa ripensare i propri prodotti, e di conseguenza i processi produttivi, avendo a riferimento primario l’ambiente e la produzione sostenibile. Si tratta di iniziare a ripensare un prodotto, o una filiera o una gamma, valutandone in primo luogo l’impatto ambientale. Se, ad esempio, sono una piccola azienda che produce mobili per ufficio, negli anni mi sarò impegnato ad aggiornare il design dei miei prodotti. Avrò cercato di ridurne il costo, per essere più competitivo e/o per aumentare i miei profitti. Avrò ampliato la mia gamma, per aumentare le mie possibilità di successo fornendo più scelta ai miei clienti. Avrò curato la tecnologia delle mie sedie, per renderle più ergonomiche, delle mie scrivanie, utilizzando materiali ignifughi, antigraffio, ecc.. Poi avrò arricchito la gamma degli accessori, come lampade, portaoggetti, portaombrelli e via così.

Adesso, per accedere al mercato del GPP, dovrò invece iniziare a pensare a come mantenere le prestazioni fornite diminuendo ovunque è possibile l’impatto ambientale. Il GPP parla espressamente di “decoupling”. Ovvero del disaccoppiamento delle elevate prestazioni dall’inquinamento. Oggi è una specie di assioma: ad esempio, più un’auto è potente e veloce, quindi prestante, e più inquina. Per iniziare le “6 R” del Life Cycle Thinking sono un’ottimo strumento. Poi si deve passare all’eco-design.

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  • Daniel Casarin: A tua esperienza, quali aziende potrebbero tranquillamente approfittare di questo nuovo mercato della green economy e sfruttare il GPP al meglio?

Giordano Mancini: La Pubblica Amministrazione acquista di tutto. In Italia compera beni per oltre 50 miliardi di euro all’anno. Al netto della Difesa. Dal cibo per le mense all’energia; dalla carta per le fotocopiatrici e le stampanti ai servizi di disinfestazione (che oggi vengono selezionati anche sulla base di quanto poco inquinano i mezzi che utilizzano), dai mobili per ufficio agli steccati per gli asili. Direi che quasi ogni settore merceologico può approfittare delle nuove opportunità.

  • Daniel Casarin: Dato l’iter legislativo europeo che ha definito obblighi e limiti di legge alle pubbliche amministrazioni, come vedi il settore del GPP da parte delle aziende e degli imprenditori oggi?

Giordano Mancini: La Pubblica Amministrazione non è tanto veloce, parlando in generale, nell’applicare il GPP, salvo che in alcune realtà particolarmente virtuose. Perciò le aziende e gli imprenditori che intendono affrontare questo importante mercato dovrebbero essere parte attiva. Insomma, le PA vanno sollecitate affinchè si sbrighino a passare agli acquisti verdi. Questo lo dovrebbero fare i cittadini, le imprese e, soprattutto, le associazioni datoriali che rappresentano le imprese.

  • Daniel Casarin: Abbiamo già indagato a grandi linee sul significato pratico di green economy per le aziende. Ci puoi fare ora un esempio di percorso di una piccola o media impresa italiana che intende iniziare a puntare al mercato del GPP?

Giordano Mancini: Riprendendo l’esempio di cui dicevo prima, della piccola azienda che produce mobili, direi che la prima cosa da fare, grazie al LCT, è quella di verificare come migliorare la sostenibilità del prodotto e della produzione. Quindi, ad esempio, verificare se il legno utilizzato è certificato FSC oppure PEFC, se le colle utilizzate sono tossiche e se possono essere eventualmente sostituite con altre atossiche, verificare se nei processi produttivi si può risparmiare energia migliorando il modo di lavorare o sostituendo alcuni macchinari con altri a basso consumo energetico e via così. E’ molto utile poi implementare un sistema di gestione ambientale riferito alle norme ISO 14000 e poi farselo certificare. E’ una scelta utile e quel tipo di certificazione apre molte porte. Chiaro che gli investimenti devono essere fatti in corrispondenza dell’acquisizione di mercati sensibili all’ambiente, altrimenti non tornano i conti! Poi Va curata l’immagine e la comunicazione, è bene valorizzare e ben comunicare quel che si è fatto. Infine è certamente importante iscriversi nei siti e nei portali cui fanno riferimento le Pubbliche Amministrazioni per i loro acquisti, come acquisti verdi.it, gpp-net, e simili. Anche la partecipazione alle fiere aventi per tema l’ambiente è molto utile, specie adesso che siamo all’inizio. Per il GPPsegnalo Ecomondo, che si svolge a Rimini agli inizi di novembre ed in particolare la sezione Ecobuy, dedicato ai fornitori della PA.

  • Daniel Casarin: Qui siamo in un campo economico (e della green economy) davvero interessante, dove da una parte abbiamo la lenta e burocratica pubblica amministrazione e dall’altra le aziende, spesso abituate a decisioni rapide e ad essere dinamiche e flessibili per andare incontro a mercati sempre più instabili. Quali ritieni possano essere i limiti ed ostacoli per le nostre aziende di affacciarsi al mercato del GPP e per una loro felice attuazione da parte delle pubbliche amministrazioni?

Giordano Mancini: I principali ostacoli sono di tipo culturale. Gli imprenditori che desiderano approcciare al mercato del GPP devono tener conto del tipo di cliente che hanno davanti. Ma per la piccola e media impresa, con mentalità aperta e forti legami sul territorio non è poi così difficile. In fondo si tratta di recuperare i valori tradizionali e cercare di impegnarsi per essere dalla stessa parte della barricata.

Può sembrar banale, ma occorre ricordarsi che la PA è roba di tutti. Se fornisco la mensa di un asilo dove frequenta anche mio figlio, cercherò di offrire i miei prodotti migliori e di non barare sugli aspetti legati alla salute. La mentalità giusta è questa e ci vuole pazienza. Poi al PA non è tutta uguale. Quella dei municipi dei piccoli comuni, delle scuole, delle istituzioni locali di solito non ha i difetti tipici dei mastodonti della burocrazia. Infine voglio ricordare che prepararsi a servire la PA e magari iscriversi ad un portale come Acquisti verdi, vuol dire mettersi in vetrina anche per i consumatori consapevoli, i cosiddetti Consum Attori. Quindi si possono avere gradite sorprese in questo senso.

  • Daniel Casarin: Quali consigli ti senti di dare a tutti gli imprenditori che ci stanno leggendo e che intendono affacciarsi alla green economy attraverso gli acquisti verdi del GPP? E come potrebbero impiegare al meglio le proprie risorse umane, di tempo e denaro?

Giordano Mancini: Questa è una domanda molto impegnativa. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di fare prima un passaggio culturale autentico, ovvero di crederci. La green economy adesso è anche una moda e certamente il “green washing”, la lavatina verde per mostrarsi ecologisti, impera nei mercati e nelle pubblicità. Però in futuro io credo che rimarrà in piedi solo quella che ora sembra una nicchia di mercato e una moda.

I problemi ambientali esistono davvero, quelli etici e sociali pure. Tutto si muove più lentamente di quel che dovrebbe, però il movimento è inesorabile. Quindi se un imprenditore decide di affacciarsi alla green economy è bene che lo faccia sul serio e che sia coerente. Allora i suoi soldi saranno certamente spesi bene e gli investimenti frutteranno. Se invece, ad esempio, l’imprenditore di prima produce mobili in maniera sostenibile, prende tutti i marchi green del caso, poi pensa solo a massimizzare i profitti e si sposta sopra il più grosso SUV disponibile sul mercato … qualche problema lo avrà, prima o poi, lo avrà di sicuro. La coerenza nella green economy è molto importante e la creazione di valore non si limita più al mero profitto. L’azionista è solo uno degli stake holders, non l’unico come nell’economia tradizionale. Spero di essere stato abbastanza chiaro.

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