Bambù Sostenibile? Fra Tessuti Organici, Nanotecnologie, Formaldeide e Certificazioni. Tutte le Verità di un Business che occupa 600 milioni di persone

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Guide al risparmio, Guide utili, Zoom

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Pubblicato il giorno 23 settembre 2008 - 4 commenti



   


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La specie di bambù utilizzata per la produzione tessile è il Phyllostachys heterocycla pubescens, comunemente nota come il bambù Moso. Cresce ed è utilizzato principalmente in Cina, dove la tessitura è praticata in modo molto massiccio. Questa è una delle più grandi specie di bambù che crescono in zone temperate; viene coltivata da aziende agricole a conduzione familiare. I germogli di questa pianta sono commestibili, ma non sono quelli amati dai panda. Tutto suona bene finché non si scende ad investigare nei processi di fabbricazione.

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La produzione legata al bambù non è così sostenibile come si crede. Michael Lackman, nel suo sito  LotusOrganics.com, rivela alcune importanti informazioni e le mette a disposizione di tutti. Negli ultimi anni si effettuano controlli sempre più numerosi perché si sa che le sostanze chimiche tossiche sono spesso utilizzate per il trattamento del bambù nei tessuti .

Il processo meccanico di frantumazione delle parti legnose della pianta di bambù impiega enzimi naturali per rompere le barriere in modo tale che le fibre naturali possano essere pettinate e filate. Questo è essenzialmente lo stesso eco-metodo di fabbricazione utilizzato per il lino o la canapa.

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In realtà, gli abiti all’ultima moda fabbricati con il bambù sono in gran parte prodotti attraverso un miscuglio di ingredienti uniti alle foglie del bambù e a trucioli legnosi immersi in forti solventi chimici, come ad esempio l’idrossido di sodio (NaOH), che è noto anche con il nome di soda caustica o liscivia e il disolfuro di carbonio, in una idrolisi chimica alcalinizzante, un meccanismo che viene  combinato anche con molte fasi sbiancanti. Sia l’idrossido di sodio sia il disolfuro di carbonio sono correlati con gravi problemi di salute. A causa dei rischi per la salute e ai danni ambientali, questo metodo chimico non è considerato sostenibile.

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I capi d’abbigliamento realizzati in bambù sono apprezzati per le loro caratteristiche analoghe a quelle del lyocell. Il processo del lyocell è usato per la fabbricazione del Tencel ® marchio  considerato sostenibile perché le formulazioni utilizzate sono presumibilmente non tossiche per l’uomo. I processi lyocell avvengono a circuito chiuso, in modo che il 99,5% delle sostanze chimiche vengono catturate e riciclate per essere usate di nuovo.  In relazione gli agenti chimici, la produzione di fibre tessili di bambù è più sostenibile.

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Una nuova tecnologia degna di menzione viene da Greenyarn ™ , grazie alla quale si realizzano tessuti fatti di nano particelle di carbone di bambù. Non si utilizzano sostanze chimiche dannose, ma il processo necessita ancora di chiarimenti. Coloro che vendono tessuti al dettaglio, se sono individui consapevoli, devono ricercare una certificazione da parte di una società indipendente e affidabile.

Attualmente Oeko-Tex è l’etichetta più completa per l’assicurazione che l’indumento salvaguarda la salute dei consumatori. Altri organismi per la certificazione sono Skal o KRAV.Gli acquirenti di tessuti di bambù devono sempre fare domande specifiche sul processo di sviluppo e la realizzazione delle fibre tessili oltre alla richiesta di un marchio.

I dettaglianti di moda consapevoli dovrebbero sempre informarsi sugli indumenti di bambù o sui prodotti per l’arredamento di interni che acquistano per i loro negozi. La loro indagine dovrebbe risalire fino alla fonte; se la società di produzione si rifiuta di condividere queste informazioni o di rilasciare una copia del marchio o una certificazione, fate attenzione! Bamboo Fabric RollsConsumers ha la necessità di richiedere al rivenditore un controllo, se non c’è un’etichetta sul prodotto che si vuole acquistare. Dopo tutto, una richiesta maggiore fa aumentare la domanda e quando la domanda aumenta, si fa l’offerta.

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Proprio come funziona per il mondo della moda, anche le tendenze sostenibili cambiano, sfruttando sempre i doni più diversi che Madre Natura ci mette a disposizione. La tendenza degli ultimi tempi è dunque il bambù, ma in ogni caso l’ecologia deve sempre venire in primo piano e i consumatori sostenibili devono imparare a educarsi e a farsi sentire, se non si sentono veramente soddisfatti del prodotto o se non sono convinti del processo di fabbricazione. Bisogna lasciare da parte la “corsa all’oro”; quando serve, bisogna attuare sempre attenti controlli, per inserire in modo onesto un prodotto nel mercato sostenibile. La linea di fondo dovrebbe essere sempre quella di indagare e di educare prima di investire il proprio denaro in prodotti di bambù.

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Che cosa hanno in comune gli stilisti Diane von Furstenberg, Oscar de la Renta, Kate O’Connor, Agnes B e gli eco-stilisti Amanda Shi Avita, Linda Loudermilk, Katherine Hamnett, Miho Aoki e Pham Thuy United Bambù, Sara Kirsner a Doie e le sartorie Bamboosa, Shirts Of Bamboo, Jonano, HTnaturals in Canada e Panda Snack bar, e i produttori di tessuti Table Bay Spinners del Sud Africa, Richfield Tang Ltd Knits alle Mauritius? Il bambù.

Grazie alla sua lussuosa morbidezza, ai suoi materiali dolci e fluenti, il prezzo abbordabile – almeno in confronto alla seta e al cashmere – e soprattutto sostenibile, il bambù si è guadagnato l’ingresso nell’industria della moda. Ma si è detto a gran voce che quelli fabbricati in  bambù  sono i tessuti più caldi ed eco-sostenibili. E alcune voci sono anche vere. Le coltivazioni di bambù costituiscono un mondo meraviglioso di piante benefiche per il pianeta e molte di esse sono anche sostenibili.

Nei processi di fabbricazione, nei quali il bambù viene trasformato in tessuto, la sostenibilità e l’organicità di questa pianta vengono offuscate da pesanti sostanze chimiche, alcune delle quali anche tossiche, che sono spesso richieste. Sono davvero pochi dunque i capi di abbigliamento in bambù che potrebbero beneficiare del marchio di sostenibilità!

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Bambooforest Botanically ha classificato il bambù come un’erba e non come un albero; il bambù potrebbe essere una delle risorse più sostenibili al mondo. Cresce infatti in modo molto rapido e, in un solo giorno, è in grado di muoversi rapidamente all’interno di una iarda o più di terreno. Il bambù raggiunge la maturazione ed è pronto per la raccolta in circa 4 anni.

Non richiede di essere ripiantato dopo il raccolto, perché la sua ampia rete di radici produce continuamente germogli nuovi, che si possono veder nascere quasi ad occhio nudo. Sfrutta tanto la luce del sole ed anche le sostanze nocive presenti nell’atmosfera che poi converte in alimenti da sfruttare per la propria crescita. In tal senso il bambù è sostenibile, perché non necessita di velenosi pesticidi e fertilizzanti o di petrolio per alimentare macchinari che ne favoriscano la crescita.

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La pianta del bambù è perfettamente sostenibile mentre il tessuto in bambù non è così facile da classificare. Sono due i modi in cui avvengono i processi di trasformazione del bambù in tessuto: un processo meccanico e uno chimico. Quello meccanico avviene attraverso la frantumazione delle parti legnose della pianta di bambù e utilizza enzimi naturali per rompere le pareti, spappolandole, in modo tale che le fibre naturali possano essere meccanicamente pettinate e filate. Questo è essenzialmente lo stesso eco-processo utilizzato per la produzione del tessuto per biancheria intima in lino o canapa.

I tessuti ottenuti con questo processo vengono chiamati talvolta “tela di bambù”. Una quantità abbastanza limitata di “tela di bambù” viene destinata per la produzione di capi di abbigliamento, perché richiede un lavoro intenso e costoso.  Le fibre di bambù realizzate attraverso processi chimici sono costituite di una fibra di cellulosa rigenerata simile alla viscosa. Queste fibre fabbricate chimicamente vengono dunque chiamate “viscosa di bambù”, per le numerose somiglianze nel modo con cui sono chimicamente fabbricate e per le analogie che si hanno sentendole al tatto.

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La maggior parte dei tessuti in bambù che costituiscono l’attuale passione dell’eco-moda sono fabbricati chimicamente attraverso la cottura delle foglie di bambù e dei germogli lignei in forti solventi chimici, come ad esempio l’idrossido di sodio (NaOH – noto anche come soda caustica o liscivia) e il disolfuro di carbonio, in un processo anche noto come idrolisi alcalinizzante combinata con candeggio multi-fase. Sia l’idrossido di sodio sia il disolfuro di carbonio sono sostanze che sono state messe in relazione a gravi problemi di salute. Respirare anche piccole quantità di disolfuro di carbonio può causare stanchezza, mal di testa e lesioni nervose.

E’ stato provato che il disolfuro di carbonio può causare disturbi cerebrali soprattutto a quanti lavorano alla produzione del viscosa. Bassi livelli di esposizione al di-idrossido di sodio possono causare irritazione alla pelle e agli occhi. L’idrossido di sodio è una forte base alcalina; nella sua forma cristallina asciutta, la soda caustica è uno dei principali ingredienti dei detersivi per sturare le tubature e fognature.

Questo è lo stesso processo utilizzato per produrre la viscosa dal legno o dagli scarti del cotone. A causa dei potenziali rischi alla salute e ai danni per l’ambiente, gli impianti destinati alla produzione e ai processi di fabbricazione di fibre tessili di bambù o di altri materiali che utilizzano fibre scaturite dall’idrolisi alcalinizzante non sono considerate ecologicamente sostenibili.

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Eccetto qualche leggera variazione, generalmente il processo chimico di fabbricazione delle fibre di bambù attraverso l’idrolisi alcalinizzante con sbiancamento multi-fase si svolge in questo modo:

  1. Le foglie e la parte morbida, il midollo interno al disco del tronco del bambù vengono estratti e tritati;
  2. La cellulosa di bambù schiacciata viene messa a bagno in una soluzione composta dal 15% al 20% di idrossido di sodio a una temperatura tra i 20-25 gradi C, da una a tre ore, per formare alcali di cellulosa;
  3. Gli alcali di cellulosa di bambù vengono quindi premuti per eliminare ogni eccesso di soluzione di idrossido di sodio; in seguito vengono schiacciati da una smerigliatrice e lasciati ad asciugare per 24 ore;
  4. Circa un terzo di disolfuro di carbonio viene aggiunto agli alcali di cellulosa di bambù per solforare il composto per farlo rapprendere;
  5. Ogni residuo di disolfuro di carbonio viene rimosso attraverso un processo di evaporazione dovuto alla decompressione: il risultato è la cellulosa di sodio xanthogenato;
  6. Una soluzione diluita di idrossido di sodio viene aggiunta alla cellulosa di sodio xanthogenato per dissolverlo, in modo da creare una soluzione viscosa composta di circa il 5% di idrossido di sodio e dal 7% al 15% di fibra di cellulosa di bambù.
  7. La viscosa di cellulosa di bambù viene costretta, mediante beccucci da filatore, in un grande contenitore con una soluzione diluita di acido solforico che indurisce la viscosa di cellulosa di bambù di sodio xanthogenato e la riconverte in fili di cellulosa in fibra di bambù che vengono filati per essere intrecciati in tessuti di bambù ricostruiti e rigenerati.

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Quanto detto offre la possibilità di percepire quanto siano “chimicamente intensi” i processi di idrolisi alcalinizzante e quelli di sbiancamento multifase impiegati nella fabbricazione della maggior parte dei tessuti di bambù, promossi poi come sostenibili e rispettosi dell’ambiente. Impianti di produzione più nuovi hanno iniziato a utilizzare altre tecnologie per la produzione chimica di fibre di bambù che risultano più rispettose della salute e sostenibili.

I processi chimici di fabbricazione impiegati per la produzione del lyocell di cellulosa dal legno possono essere modificati per l’utilizzo della cellulosa di bambù. Il processo di lyocell, anche usato per la fabbricazione di Tencel ®, utilizza N-methylmorpholine-N-ossido per dissolvere la cellulosa di bambù cellulosa in una soluzione viscosa. Il N-methylmorpholine-N-ossido è un membro della famiglia dell’ossido di ammina. Gli ossidi di ammina sono debolmente alcalini, sono tensioattivi e aiutano a rompere la struttura della cellulosa. Il perossido di idrogeno viene aggiunto come stabilizzatore e la soluzione viene costretta, attraverso filiere, in un bagno di indurimento che genera sottili flussi di viscosa di una soluzione per indurirla in fili di cellulosa di bambù. Il bagno di indurimento avviene di solito in una soluzione di acqua e metanolo, etanolo o di un alcol simile.

I fili in fibra di bambù rigenerata possono essere filati per essere poi intrecciati all’interno dei tessuti. Questo processo, simile a quello impiegato per il lyocell, è in generale più sano e più sostenibile, perché il N-methylmorpholine-N-ossido è presumibilmente non tossico per l’uomo e la chimica dei processi di produzione avviene a circuito chiuso e così, circa il 99,5% dei prodotti chimici utilizzati durante la lavorazione vengono catturati e riciclati per essere usati di nuovo.

Solo piccole tracce dei rifiuti prodotti possono entrare nell’atmosfera o nelle acque di scarico. Altre sostanze chimiche impiegate nei processi di produzione dei tessuti di bambù si ottengono, ad esempio, utilizzando l’anidride acetica e l’acido acetico con l’acido solforico come catalizzatore per creare le fibre di acetato che vengono poi filate. .

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Nuove nanotecnologie di Greenyarn ecofabric sono state introdotte nel settore dell’abbigliamento del bambù. Greenyarn, un “nuovo nato”, sito a Boston, sta mettendo a punto una linea di abbigliamento di bambù costituita di nano-particelle di carbone di bambù. L’eco-tessuto di GreenYarn viene prodotto con un bambù di 4/5 anni cresciuto in Taiwan, essiccato e bruciato in forno a 800 gradi C, fino ad essere ridotto a carbone. Il bambù viene trasformato – non sappiamo come – in sottili nano particelle che vengono poi inserite nel cotone, nel poliestere o nelle fibre di nylon.

Questo filato in fibra convenzionale che contiene, intrappolate, nano particelle di carbone di bambù viene poi inserito  nei tessuti… soprattutto all’interno di calze e coperte. L’eco-tessuto di Greenyarn viene pubblicizzato come antibatterico, antifungino, antistatico, antiodore, traspirante, termoregolatore (fresco quando fa caldo e caldo quando fa fresco) ed ecologico. Ovviamente, una parte significativa della sostenibilità di questo eco-tessuto dipenderà, a sua volta, dalla sostenibilità del cotone originario, del poliestere o delle fibre di nylon, impregnate con le nano particelle di carbone di bambù. In una nota a piè di pagina Greenyarn afferma che gli elementi di carbone attivo di bambù rimangono attivi nel capi di abbigliamento per circa sei mesi di uso effettivo.

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I tessuti fabbricati chimicamente con viscosa di bambù hanno alcune proprietà meravigliose, amate da stilisti e consumatori convenzionali ed eco-consapevoli:

  • I tessuti in bambù hanno una naturale lucentezza e una morbidezza che si sente al tatto, come la seta, ma è meno costoso e dura di più.
  • I capi d’abbigliamento in bambù possono essere tranquillamente messi in lavatrice e nell’asciugatrice.
  • Grazie alla struttura liscia e rotonda delle sue fibre, i capi d’abbigliamento in bambù sono morbidi e non irritanti, anche per le pelli sensibili. Alcune persone affette da sensibilità chimica non possono tollerare abiti in bambù. Non siamo sicuri che questa intolleranza sia dovuta alla natura intrinseca del bambù ma è più probabile che sia causata da altre sostanze chimiche aggiunte o utilizzate nel corso della fabbricazione e nei processi di finitura dei capi di abbigliamento.
  • Il bambù è naturalmente un materiale antibatterico ed antifungino, presumibilmente grazie ad un agente antibatterico unico delle piante di bambù, chiamato “bambù kun”, che aiuta anche il bambù a trattenere gli odori. “Kun” a volte è anche scritto “kuhn”. Il “bambù kun” nel tessuto di bambù blocca la proliferazione dei batteri che causano i cattivi odori. Ciò fa sì che i vestiti in bambù siano più igienici e rimangano più freschi e profumati.

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Alcuni test hanno mostrato che il tasso di mortalità dei batteri all’interno delle fibre di bambù è di oltre il 70%. Inoltre un’associazione giapponese che si dedica a ispezioni tessili ha rilevato che, anche dopo cinquanta lavaggi, i tessuti in bambù possiedono ancora queste funzioni.

  • I capi d’abbigliamento in bambù sono ipoallergenici.
  • Quella di bambù è una fibra altamente assorbente, quasi 3 o 4 volte in più rispetto al cotone. In condizioni meteorologiche calde e umide, gli abiti in bambù contribuiscono a mantenere chi li indossa, più asciutto, più fresco e più comodo, rispettando la pelle.
  • La struttura delle fibre di bambù rende i tessuti più traspiranti e termoregolatori rispetto al  cotone, alla canapa, alla lana o ai tessuti sintetici.
  • I capi d’abbigliamento in bambù forniscono anche una protezione ai raggi UV (non lasciano passare circa il 98% dei raggi UV dannosi);
  • L’abbigliamento in bambù è naturalmente più resistente alle grinze rispetto al cotone, che  potrebbe richiedere ancora una stiratura dopo il lavaggio; il tessuto in bambù può essere stirato ad una temperatura inferiore a quella richiesta dal cotone. Il restringimento di questi capi in seguito alle operazioni di lavaggio e asciugatura è minimo, anche a calde temperature.
  • Le fibre di bambù assorbono le tinture per tessuti più velocemente e più a fondo del cotone, del modal e della viscosa; i colori presentano una maggiore lucentezza. I tessuti in bambù non hanno bisogno di essere mercerizzati per migliorare la loro lucentezza, come richiede invece il cotone.
  • I designer di Kate O’Connor utilizzano tessuti di bambù come un eco-sostituti della seta. Parlando di eco-moda in bambù, Kate O’Connor chiama la moda in bambù “un modo di vestire molto più economico [della seta] e molto più sostenibile per l’ambiente”. “E ‘il tessuto perfetto per l’estate” secondo Kate O’Connor. Linda Loudermilk, un’altra esperta di moda sostenibile, incorpora spesso il bambù nei suoi capi. Amanda Shi di Avita presenta alcuni dei più interessanti e originali capi di eco-moda in bambù.

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La pianta di bambù e il tessuto di bambù possono essere classificati ad un alto livello di sostenibilità per l’ambiente:

  • Il bambù cresce rapidamente e naturalmente senza pesticidi, erbicidi o fertilizzanti.
  • I capi di abbigliamento in bambù (fabbricati sia meccanicamente sia chimicamente) sono al 100% biodegradabili e possono essere completamente decomposti nel suolo da microrganismi o alla luce del sole, senza rilasciare, durante la decomposizione, sostanze inquinanti come il gas metano, che è comunemente prodotto nelle discariche.

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  1. Migliora la qualità del suolo e contribuisce a ricostruire il suolo eroso. L’ampio sistema delle radici del bambù contribuisce a tenere compatto il suolo, ne impedisce l’erosione da parte delle acque.
  2. Il bambù cresce naturalmente, senza bisogno delle sostanze particolari impiegate in agricoltura o dei grandi trattori a diesel per piantare semi e coltivare il suolo.
  3. Le piantagioni di bambù sono grandi fabbriche di fotosintesi, che riducono i gas responsabili dell’effetto serra. Le piante di bambù assorbono circa 5 volte la quantità di biossido di carbonio e producono circa il 35% in più di ossigeno di una porzione equivalente di alberi.
  4. I tessuti e i capi d’abbigliamento in bambù possono essere fabbricati e prodotti senza additivi chimici, anche se l’eco-certificazione, come ad esempio Oeko-Tex, è necessaria per garantire che la produzione e i processi di finitura siano sani.
  5. Al momento non ci sono noti organismi geneticamente modificati (OGM) varianti del bambù. Speriamo che le cose restino così!

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La coltivazione del bambù è ecologica ma la fabbricazione dei tessuti solleva problemi ambientali e sanitari a causa dei forti solventi chimici utilizzati per cuocere le piante di bambù in una soluzione viscosa da cui viene poi ricostruita la fibra di cellulosa per la tessitura dei filati.

I commercianti di capi d’abbigliamento in bambù hanno trovato una varietà di modi per dare un volto più sostenibile alla fabbricazione dei tessuti in bambù. Il processo di produzione dominante di idrolisi alcalizzante e sbiancamento multi-fase è generalmente considerato piuttosto benigno, perché utilizza soda caustica e candeggina.

I prodotti chimici impiegati sono invece noti per creare una varietà di problemi di salute e disturbi neurali, pericolosi per la salute dei lavoratori all’interno di queste aziende. Se la fabbricazione manca di un adeguato sistema di controllo dell’inquinamento – fin troppo comune nei paesi in via di sviluppo, in cui le normative sono quasi inesistenti – allora queste sostanze tossiche possono sfuggire nell’atmosfera attraverso i fori di ventilazione e le ciminiere o attraverso le vie navigabili.

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Alcune aziende che realizzano oggetti e abbigliamento in fibra di bambù sbandierano la sostenibilità dei propri prodotti e le proprie “verdi credenziali” istituendo credenziali di Qualità ISO 9000 o dicendo di aderire a politiche di gestione ambientale ISO 14000. Questo potrebbe essere un campanello di allarme e un dato comunque da verificare, perché parlare di norme ISO non implica che le strutture, i processi di fabbricazione e i tessuti siano stati necessariamente certificati da uno qualsiasi degli organismi di certificazione internazionale, come ad esempio Skal, Soil Association, Demetra, KRAV, o OKO-TEX.

L’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) è una ONG internazionale che definisce gli standard industriali e commerciali. ISO 14000 fornisce i requisiti per un Sistema di Gestione Ambientale. Ciò significa che l’ISO 14000 “… è uno strumento per aiutare le organizzazioni ad attuare buone pratiche ambientali, con l’obiettivo di miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali”, secondo un comunicato stampa ISO.

  1. ISO 14000 non certifica che i processi di produzione di una società siano sostenibili o ecologici. ISO 14000 è semplicemente una serie di norme e strumenti per aiutare le imprese – qualsiasi tipo di attività, come i servizi finanziari, le medie imprese e non solo le aziende manifatturiere – a definire le loro preoccupazioni ambientali e a come affrontarle.
  2. ISO 14000 non garantisce che, una volta che una società ha definito il proprio Sistema di Gestione Ambientale, raggiungerà i propri obiettivi. Non c’è inoltre garanzia che l’implementazione di una società e del proprio Sistema di Gestione Ambientale ISO 14000 incontrerà i criteri di sostenibilità. ISO ha pubblicato un’interessante introduzione alla norma ISO 14000 su YouTube. Dal momento che ISO 14000 è uno standard molto “flessibile”, è impossibile sapere come una società stia in realtà implementando il Sistema di Gestione Ambientale ISO 14000.

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Alcuni produttori si vantano anche di aver attuato l’ISO 9000, come se ciò migliorasse le loro credenziali di sostenibilità. ISO 9000 è un altro insieme di norme generiche e strumenti per la definizione e l’attuazione del sistema di gestione della qualità di un’azienda. Il dominio di ISO 9000 è la gestione della qualità e non ha nulla a che fare con questioni ambientali.

ISO 14000 e ISO 9000 sono importanti e utili strumenti ma, senza conoscere i dettagli di implementazione di una società ISO 14000, è impossibile sapere se i processi di fabbricazione sono effettivamente sostenibili e conformi alle normative ambientali vigenti. Inoltre, le normative ambientali, i controlli, l’esecuzione e gli atteggiamenti variano grandemente da paese a paese così come la trasparenza in ciò che avviene realmente all’interno degli impianti di produzione di un paese. Per esempio, ottenere dati affidabili e informazioni da produttori di abbigliamento in Cina, da dove proviene ora la maggior parte dell’abbigliamento, è molto difficile.

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  • Che cosa fare dunque?

Se state pensando di acquistare capi di abbigliamento in bambù o realizzati comunque al di fuori del vostro paese, richiedeteli ad una società con un’affidabile certificazione, come ad esempio Oeko-Tex, Soil Association, Skal, KRAV o simili organismi di certificazione organica o sostenibile. Attualmente, l’etichetta Oeko-Tex è quella più completa per assicurarti che un indumento sia sano per i consumatori ma non certifica i processi di fabbricazione che il capo sia ecologico e sostenibile.

Alcune persone rivolgono molte critiche all’impatto che l’abbigliamento in bambù può avere sull’ambiente e sulla salute umana ma ad esse si possono opporre dichiarazioni basate sulle migliori ricerche, sulle migliori riviste mediche, su informazioni commerciali, sulle domande di brevetto e sulle esperienze dei consumatori.

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Abbiamo tentato di contattare un certo numero di produttori di fibra di bambù per ulteriori informazioni sui loro processi di fabbricazione, ma abbiamo ricevuto solo silenzi o blande dichiarazioni su come essi abbiano rispettato tutti i regolamenti governativi sull’ambiente. Si apprezzerebbero molto delle documentazioni da parte dei produttori di oggetti in fibra di bambù per correggere i nostri risultati, qualora risultassero erronei. Promettiamo di pubblicare le correzioni! I tessuti in bambù e l’abbigliamento hanno un meraviglioso potenziale sostenibile e sono prodotti rispettosi dell’ambiente, a patto che si possa dimostrare a chiare lettere che siano sostenibili e amici della salute del pianeta e di quella dei produttori e dei consumatori.

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Non c’è dubbio che il bambù è una risorsa rinnovabile; si tratta infatti di un arbusto che cresce molto rapidamente. Mentre una quercia impiega 120 anni per raggiungere la sua maturità, il bambù può essere pronto per il raccolto anche in tre anni. E’ riconosciuto come un materiale sostenibile LEED e, come hanno affermato nel new magazine Ambiental Building News, vedi anche i nostri approfondimenti:

“Per il rispetto dell’ambiente, non c’è confronto con un legno che matura in tre anni, si rigenera senza necessità di essere reimpiantato e richiede un minimo di fecondazione e quasi la totale assenza di pesticidi”. Uno sguardo sul sociale: 6 milioni di persone in Cina lavorano nelle coltivazioni di bambù e nella fabbricazione di oggetti in bambù; il reddito di 600 milioni di persone in tutto il mondo è legato al bambù.

… ma in realtà non è così sostenibile come sembra … E ‘vero che si rigenera naturalmente ma le foreste crescono a dismisura e in modo incontrollato, perché non incontrano ostacoli; nei paesi in cui questo avviene, ci si sta avviando ad una monocoltura. Anche se si pensa che i concimi non siano necessari, in realtà sono utilizzati ugualmente, per aumentarne la resa.

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Da una ricerca apprendiamo che:

  • ”Negli ultimi tempi la diffusione di bambù ha agito a scapito delle foreste naturali, degli arbusti e delle piantagioni miste …  È una prassi altamente diffusa quella di abbattere alberi esistenti e sostituirli con il bambù”.
  • “Le foreste naturali tendono ad essere situate in aree collinari e in zone di montagna con forti pendenze, il taglio pianificato di esse ha portato ad un aumento di erosione che continua fino a quando il bambù non si stabilisce pienamente”.
  • “Le foreste naturali nelle vicinanze delle piantagioni di bambù spesso hanno ceduto i loro spazi al bambù, a causa della sua vigorosa espansione naturale. Questo processo ha avuto un impatto negativo anche sulla biodiversità. “
  • “L’intensità delle pratiche, come il diserbo chimico, impiegate per mantenere pulito il sottobosco hanno contribuito all’aumento dell’erosione e al risultato di monoculture su vaste aree. “
  • “L’uso intensivo di prodotti chimici (pesticidi, “erba assassina” e fertilizzanti), associati con la crescita vertiginosa del bambù, hanno avuto impatti negativi anche sull’ambiente”

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I pavimenti in bambù mancano ancora di una certificazione credibile. Il Dr Bowyer rileva che non c’è alcun paragone con la certificazione FSC, che assicura che si è agito in modo sostenibile nei confronti delle foreste. (Ricordiamo che l’indagine dell’FSC in questo ultimo anno non ha ancora rilevato bambù certificato).

Altre questioni da tenere presenti quando si cercano pavimenti in bambù:

  • Non vi è alcuna certificazione di commercio equo e solidale, che garantisce che i lavoratori dispongano di adeguate condizioni di lavoro e di salario. Considerando che il bambù cresce come un’erba infestante, viene ancora venduto a prezzi simili a quelli dei legni duri e pregiati locali.
  • Quasi tutti i bambù sono leganti in qualche modo alla formaldeide.
  • Vengono in gran parte spediti dalla Cina, dalla quale non otteniamo sufficienti certezze sulla sostenibilità dei materiali impiegati per la realizzazione dei prodotti.

Tuttavia, come qualsiasi altro materiale, non tutti i bambù sono uguali. Uno scrittore di Toronto, David Laser, ricorda che alcune società, come Teragren, hanno fatto una mozione per indirizzarsi ad una certificazione FSC. Formadehyde (lo standard più basso che esiste) sostiene “gli agricoltori e le loro famiglie attraverso il pagamento di un equo valore di mercato per le nostre materie prime e incoraggia la corretta gestione di questa preziosa risorsa”.

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Neppure le finiture sono tutte uguali. La canadese K & M / Silk Road afferma che il laminato di bambù è molto meno tossico dei normali tappeti che si possono trovare in ogni casa. Le linee guida dell’Agenzia per la Protezione Ambientale e l’Istituto della Coperta e del Tappeto (Carpet and Rug Institute) sono chiamati ad emettere non più di 0,5 milligrammi di VOC per metro quadrato per ora. Forintek Canada Cord con base a Vancouver, un istituto di ricerca sui prodotti in legno, ha certificato i prodotti di K & M  come praticamente non rilevabili”.

Inoltre, non tutti i prodotti provengono dalla Cina. Doug Lewis, il noto fondatore di Bamboo Hardwoods, ha scelto di istituire proprio stabilimento in Vietnam, in parte perché gli agricoltori forniscono il bambù che coltivano nella propria terra ed in seguito perché hanno un incentivo a non raccogliere i germogli prematuramente. Lewis ha preteso anche il controllo sulle condizioni di fabbrica, per affrontare in modo efficace il problema ambientale e quello della sicurezza dei lavoratori.

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4 commenti

Ci sono attualmente 4 commenti on Bambù Sostenibile? Fra Tessuti Organici, Nanotecnologie, Formaldeide e Certificazioni. Tutte le Verità di un Business che occupa 600 milioni di persone. Perhaps you would like to add one of your own?

  1. Grazie per il lavoro che lo state facendo.GRAZIE !!!

  2. Gentlissimo, ho letto con molto interesse le informazioni relative al bambu e le faccio miei complimenti.
    Mi permetto di chiederle se il carbone ricavato dal bambu e l’aceto derivante dal processo sono da cosniderarsi “eco-sostenibili”.
    Grazie pe la sua atenzione.
    Orazio

  3. tante cose false, e scritte male…alcuni link non validi, per esempio il link LotusOrganics.com se viene aperto è in vendita (forse quando è stato scritto era aperto…non lo so) ma scrivere che “per creare viscosa di bamboo si usa idrossido di sodio (NaOH), nocivo per la saluta” è pura ignoranza chimica… chimica al liceo non la studiate? l’idrossido di sodio, chiamato anche soda caustica, è usato ovunque nelle tintorie tessili, e i processi che la usano sono certificati tranquillamente OEKO-TEX. Quando finiscono i processi (almeno in Italia ed Europa) la soda viene tranquillamente smaltita con acidi! Per esempio con acido cloridrico : la famosa formula liceale NaOH + HCl = H2O + NaCl non vi dice niente?!?! soda caustica + acido cloridrico = normalissima acqua + normalissimo sale da cucina per cucinare gli spaghetti !!!!!!
    Chimica non significa necessariamente demonio,e acido non è una parolaccia! un coltello non uccide, un’assassino che lo usa lo trasforma in un’arma. La viscosa di bambù viene spesso (se non sempre) certificata Oeko-tex, perché non ha nulla di nocivo. Esistono fibre naturali, artificiali e sintetiche: la viscosa è classificata artificiale, perché necessita dell’intervento della chimica per produrla ( e quando si parla di enzimi si parla ancora di chimica! ), ma non è sintetica perché non viene ottenuta con processi di sintesi come il poliestere (anch’esso certificato Oeko-tex).
    Ovvio, se la soda caustica venisse gettata nei fiumi senza smaltirla il mio discorso cade, ma il criminale è chi lo fa, non la povera soda caustica (uguale all’esempio del coltello…). Il suo smaltimento è di una semplicità elementare. Mio nonno ha lavorato in tintoria per tutta la vita e ha 98 anni. Non sfruttate la parola “eco” a sproposito. Informazioni giuste, per un’ecologicità giusta.

  4. si è vero ahimè… chissà cosa fa si che chi si occupa di sostenibilità si permetta di erigersi a scienziato in tutto. Misteri.
    Intanto suggerisco di ricordare che il concetto di “sostenibilità” è relativo. Si sostiene qualcosa che sta crollando… un processo è più sostenibile di un altro perché rappresenta una soluzione meno svantaggiosa di un’altra. La sostenibilità non è il Giardino dell’Eden.
    E scrivere un pezzo (anonimo) che sentenzia in questo modo è un’operazione molto strana. Che intenti ha?
    Meglio sarebbe scegliere su quale argomento si vuole scrivere e a chi ci si vuole rivolgere, dando modo di capire. Onestamente questo pezzo mi sembra un minestrone…

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