Atrazina: Il Comune Erbicida che Forse Trasforma Rane Maschio in Femmina

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente

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Pubblicato il giorno 22 marzo 2010 - Nessun commento



   


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I rigogliosi campi degli Stati Uniti sono colmi di atrazina. Circa 36 milioni di chilogrammi di polvere bianca inodore si utilizzano nelle aziende agricole per controllare il proliferare di erbacce. Sciogliendosi facilmente nell’acqua ed evaporando dai campi, circa 225.000 chilogrammi di erbicida ricadono con la pioggia ogni anno, a volte fino a 1.000 km di distanza. Oltre a questo, l’atrazina può avere anche un altro effetto: trasforma le rane maschio in femmine.

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Come ha descritto Tyrone Hayes sul National Academies of Sciences, biologo della University of California a Berkeley e i suoi colleghi che hanno esposto 40 rane africane, della specie Xenopus laevis, a 2,5 parti per miliardo (ppb) di atrazina in una soluzione acquosa, per tre anni – un livello al di sotto dei tre ppb consentiti nell’acqua potabile da parte della Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti. Il risultato: 30 delle rane sono state castrate chimicamente e sono state rese incapaci di riprodurre. Quattro delle rane trattate si sono effettivamente trasformate in femmine, arrivando ad accoppiarsi con altri maschi e producendo uova vitali, pur essendo geneticamente maschi.

Altre quattro rane trattate hanno apparentemente resistito agli effetti dell’atrazina, nel resto invece “mancava il comportamento riproduttivo maschile, riducendo le caratteristiche tipiche delle rane maschio dopo aver ridotto drasticamente ridotto anche la quantità di sperma” spiega Hayes. La chiave può essere l’aromatase, una proteina che stimola la produzione di estrogeni, ormoni femminili, la quale fa sì che inizialmente le gonadi maschili diventino ovaie, la cui produzione è stimolata dall’atrazina.

Inoltre i ricercatori hanno utilizzato solo rane portatrici di cromosomi sessuali ZZ. In studi precedenti “se abbiamo ottenuto ermafroditi, non c’era modo di sapere se fossero maschi o femmine perché avevano ovaie e testicoli” afferma Hayes. “Usando tutti i maschi ZZ ci siamo assicurati che tutti gli ermafroditi o le femmine fossero in realtà maschi in origine”. Le rane seguono lo schema di determinazione sessuale ZZ (per il maschio), ZW (per la femmina) piuttosto che il più noto XX (per la femmina), XY (per il maschio), come avviene negli esseri umani.

Hayes ha una lunga storia legata allo studio dell’atrazina, a partire dal 1990 con una ricerca finanziata dal suo creatore, ora noto come Syngenta, che per primo ha sollevato l’ipotesi che l’erbicida potrebbe interferire con gli ormoni naturali degli animali, compresi gli esseri umani. Sono seguiti ulteriori studi su tali alterazioni del sistema endocrino: alcuni hanno confermato che degli anfibi, come le rane, riportano sofferenze in seguito all’esposizione all’atrazina; altri non hanno trovato alcun effetto e altri ancora hanno trovato le prove del fatto che gli spermatozoi sono notevolmente ridotti negli uomini provenienti da alcune regioni agricole degli Stati Uniti.

“I risultati proposti sono incredibilmente importanti”, dice il biologo Jason Rohr della University of South Florida a Tampa, il quale ha studiato l’atrazina ma non è stato coinvolto in questa ricerca. Ci sono però anche dei critici, come il biologo Werner Kloas della Humboldt University di Berlino, il quale sostiene che i campioni possono essere stati contaminati da interferenti endocrini come il bisfenolo A (BPA), rilasciato dai contenitori di plastica o introdotto nel corso dello screening. Egli mette in dubbio anche l’unico livello di esposizione, la mancanza di misurazione dei livelli di ormoni femminili nella rane interessate e l’uso di etanolo nella soluzione acquosa “come essi sostengono l’atrazina è facilmente solubile in acqua ed è meglio evitare qualsiasi solvente, se possibile”.

Questo studio è anche passato attraverso una forma poco ortodossa di “peer review” (revisione tra pari) in cui la pubblicazione del documento è stata curata da un altro professore della UC Berkeley, piuttosto che da un recensore non affiliato al gruppo. “Un documento simile non avrebbe dovuto essere accettato per la pubblicazione” afferma Kloas. Da parte sua Kloas afferma che nelle revisioni passate degli effetti dell’atrazina per Syngenta non ha trovato alcun impatto sulle rane africane fino a 100 microgrammi per litro di atrazina e nessun impatto genetico a 25 microgrammi per litro. Dice che “nessun esperimento ha funzionato così con Syngenta o con qualsiasi società chimica”.

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Nel loro habitat naturale, le rane africane non sembrano subire gli effetti dell’erbicida. “L’atrazina è stata ampiamente utilizzata nel Sud Africa negli ultimi 45 anni e i nostri studi hanno dimostrato che le rane Xenopus stanno ugualmente bene sia nelle zone agricole sia in quelle non agricole” afferma lo zoologo Louis du Preez della North-West University in Sud Africa. Tuttavia, i paesi dell’Unione europea hanno vietato l’atrazina a causa della sua capacità di contaminare le acque. “Io personalmente preferisco la nostra abitudine europea di ricorrere al principio di precauzione in materia di sostanze chimiche ambientali per la riduzione progressiva dei composti persistenti” dice Kloas. E la ricerca di Rohr ha scoperto che l’atrazina può esercitare effetti indiretti: ai livelli riscontrati in acqua negli Stati Uniti, aumenta la suscettibilità della rana leopardo del Nord ed è potenzialmente mortale per i parassiti. Erbicidi come l’atrazina si trovano ora nel 57 % delle sorgenti negli Stati Uniti, secondo il Geological Survey.

L’EPA, da parte sua, ha annunciato l’ennesima revisione sul diserbante lo scorso ottobre, a causa della preoccupazione per la salute umana, dopo aver dichiarato il trattamento chimico di sicurezza nel 2006. In ultima analisi, l’atrazina può anche mettere a tacere questo anfibio nel suo regno naturale. Dice Hayes che può essere anche responsabile del fatto che queste rane non gracidino più. Può contribuire all’estinzione degli anfibi stessi”. L’atrazina aumenta l’aromatasi e/o la produzione di estrogeni nel pesce zebra, nei pesci rossi, nei caimani, nei coccodrilli, nelle tartarughe, nelle quaglie e nei ratti. Non è quindi solo un problema delle rane”.

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