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Il boom dello «shale gas», il gas naturale imprigionato nel sottosuolo americano divenuto recuperabile provocando delle microfratture negli strati geologici profondi, alimenta i sogni d’indipendenza energetica degli Usa: fin qui sono stati la spugna che ha assorbito gli idrocarburi prodotti in tutto il mondo, ma ora le cose stanno cambiando. Entro dieci anni, al massimo, gli Stati Uniti saranno in grado di fare da soli.
Ma già oggi la maggior estrazione di gas ha reso più competitive molte industrie americane (come quelle chimiche e metallurgiche) che bruciano un gas ormai a buon mercato: in Europa, dove è forte la dipendenza dall’import dalla Russia (soprattutto in Germania, ma anche in Italia) i prezzi praticati possono essere anche il triplo di quelli del gas venduto in Nord America. In Asia si paga ancora di più: anche quattro o cinque volte il prezzo Usa.
Da tempo negli Stati Uniti si discute della possibilità di esportare una parte di questa enorme quantità aggiuntiva di gas, man mano che i nuovi impianti di estrazione vanno a regime. Il gas ameri«ano può spezzare la spirale che ha fato salire anche i prezzi del petrolio «indebolendo, così, il controllo del mercato da parte dei produttori tradizionali».
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