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Questi i principali risultati che emergono dalla ricerca pubblicata da CDP, organizzazione internazionale no-profit denominata in precedenza Carbon Disclosure Project, e Accenture (NSYE:ACN). Il rapporto “Supply chain sustainability revealed: a country comparison. CDP supply chain report 2014–15”, rappresenta la panoramica più completa a livello globale sui rischi e le opportunità inerenti al cambiamento climatico per la supply chain. La ricerca, che integra le informazioni del United Nations World Risk Report, si basa sui dati di 3,396 aziende fornitrici che lavorano per 66 realtà multinazionali, partner di CDP nel miglioramento dell’impatto ambientale delle loro filiera.
Queste aziende spendono complessivamente ogni anno 1,3 mila miliardi di dollari per gli approvvigionamenti ed includono organizzazioni come Nissan Motor Co. Ltd., e Unilever plc. “Mentre i rischi legati al cambiamento climatico e alle risorse idriche sono ormai evidenti, le implicazioni per i modelli complessi di supply chain sono più difficili da individuare e comprendere”, sottolinea Paul Simpson, Chief Executive Officer di CDP. “Il fatto che le multinazionali stiano collaborando con migliaia di fornitori allo scopo di gestire meglio le sfide e le opportunità ambientali è incoraggiante. Queste aziende stanno guidando il progresso in risposta a problemi globali”. Simpson aggiunge:
“E’ in particolare positivo il desiderio dei fornitori in Cina e in India di collaborare per ottenere un ritorno maggiore dalle di iniziative di riduzione delle emissioni. Questa predisposizione dovrebbe influenzare una crescita degli investimenti, che a loro volta avranno la capacità produrre maggior impatto all’interno di questi mercati ad alto tasso di inquinamento.”
“Malgrado un incremento nel numero di aziende che valutano e rendicontano le emissioni, è preoccupante il fatto che i fornitori mondiali, come emerge dai dati del report, stiano facendo progressi solo marginali o nulli nello sviluppo di catene di fornitura sostenibili, capaci di resistere ai rischi del cambiamento climatico e ai disastri naturali” commenta Gary Hanifan, Managing Director di Accenture Strategy.
“La buona notizia è che le aziende, trasformando progressivamente le proprie catene di fornitura in network di filiere digitali, otterranno una maggiore visibilità dei processi end-to-end, una maggiore tracciabilità ed accesso ad informazioni per rendicontare il proprio progresso nell’adempimento sia delle normative che delle richieste dei clienti, oltre a mitigare i rischi relativi al cambiamento climatico.”
La matrice rischio/sostenibilità prende in considerazione le strategie attuate dalle imprese per la mitigazione del cambiamento climatico, la reportistica sulle emissioni del carbonio, e la definizione degli obiettivi e iniziative di riduzione, le procedure rivolte ai rischi ambientali, l’impiego delle energie rinnovabili, le valutazioni circa i rischi relativi alle risorse idriche e infine la propensione alla cooperazione con i partner di filiera. In particolare rivela:
- I fornitori di Francia, Regno Unito, Spagna e Germania – in questo ordine – sono i più sostenibili e adottano misure di vasta portata, malgrado un’esposizione relativamente bassa ai rischi ambientali. Dal rapporto tuttavia emerge una diminuzione progressiva negli anni dei fornitori tedeschi impegnati su indicatori chiave per il rapporto. Ad esempio la percentuale delle aziende che ha in vigore una strategia di gestione rischi ambientali è diminuita dall’82% al 72%.
- Il Giappone è l’unico paese i cui fornitori sono ben preparati ad affrontare alti rischi legati al cambiamento climatico, grazie all’adozione di livelli avanzati di reporting delle emissioni, che consentono una migliore definizione del obiettivi e la consapevolezza dei rischi.
- Le supply chain di Cina, Italia e Stati Uniti sono le più vulnerabili. Denotano uno squilibrio fra l’alta esposizione ai rischi ambientali e le iniziative che i fornitori hanno intrapreso verso una maggiore sostenibilità, lasciando quindi ampi margini di miglioramento in queste aree geografiche.
- E’ da sottolineare come gli Stati Uniti rappresentino un mercato caratterizzato da una forte polarizzazione, poiché la maggioranza dei fornitori che ha contribuito alla realizzazione del CDP Supplier Climate Performance Leadership Index e che sta intraprendendo le azioni più efficaci per combattere il cambiamento climatico è americana.
- Il Brasile, il Canada e l’India devono concentrare i propri sforzi nella creazione di una supply chain sostenibile. I fornitori di questi paesi sono infatti meno impegnati in iniziative di riduzione delle emissioni rispetto alla media globale.
- Un approccio collaborativo e l’alta profittabilità delle iniziative di riduzione delle emissioni,
conferiscono a Cina ed India un posizionamento molto competitivo. I fornitori in questi paesi offrono il miglior ritorno sugli investimenti in sostenibilità e sono in grado di generare risparmi. Inoltre entrambi i mercati dimostrano la maggiore propensione a cooperare con i partner della propria filiera per ridurre i rischi climatici. La situazione globale, che viene presentata insieme a focus sui singoli paesi, mostra alcuni incoraggianti segni di progresso globale. Oggi più che mai, sempre più organizzazioni stanno valutando e rendicontando al fianco di CDP il proprio impatto ambientale. Il numero di 3.396 aziende che quest’anno ha preso parte al programma, è cresciuto di oltre il 40% negli ultimi tre anni.
Inoltre i fornitori che definiscono obiettivi di riduzione delle emissioni, una componente cruciale della gestione del rischio ambientale, e i risultati ottenuti mostrano una costante tendenza alla crescita: circa la metà (48%) delle realtà coinvolte nel report ha definito target di diminuzione delle emissioni contro il 44% del 2013 e il 39% del 2012. E’ aumentato anche il numero delle organizzazione che hanno conseguito un taglio della CO2, che passa dal 34% del 2012 al 40% attuale. Di conseguenza, man a mano che i fornitori migliorano la propria capacità nella gestione delle emissioni, cresce anche la percentuale di aziende che trae benefici economici dalle iniziative di riduzione dell’impatto ambientale (dal 29% nel 2012 al 33% nel 2014).
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