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II gas ottenuto dalla raffinazione di biomasse e decomposizione anaerobica, che oggi produce esclusivamente energia elettrica e da cogenerazione, potrà infatti essere utilizzato anche nel trasporto, nel riscaldamento civile e nei semilavorati per la chimica verde. Dopo il via libera dell’Autorità dell’Energia, sono state pubblicate le direttive che consentono l’immissione (e prevedono anche incentivi) del biometano nella rete di trasporto e nella distribuzione del gas naturale.
Si apre così un nuovo mercato per quelle aziende che sfruttano gli scarti della filiera per produrre energia. E l’Italia sarà il primo paese europeo in grado di produrre metano non fossile su grande scala. Già oggi la Penisola è una grande piattaforma produttiva per il biogas, numero tre del mondo per volumi, dopo Cina e Germania. Sono oltre 1.000 gli impianti presenti in aziende agricole, che hanno generato, negli ultimi 5 anni 4,5 miliardi di investimenti, riuscendo a realizzare un valore aggiunto stimato da Althesys per il 2013. di 374 milioni di euro, ma che potrebbe sfondare quota 5 miliardi nel giro di 15 anni.
Per le 500 aziende del settore, riunite nel Consorzio Italiano Biogas, si presenta un’occasione di forte sviluppo, soprattutto nell’alimentazione a trazione, e a partire dal mercato domestico, visto che due terzi dei veicoli a metano in Europa circolano proprio in Italia. Entro il 2020 il Paese sarà in grado di produrre per l’autotrazione circa 670 milioni di metri cubi. E nel 2030 potrebbe arrivare a coprire i consumi annui di circa 1 milione di autoveicoli. Insomma, mentre si avvicina al tramonto l’era del biogas per la produzione di energia elettrica in loco, il gas ottenuto da rifiuti si rimette in marcia con il biometano.
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