Centrali nucleari: la Francia rischia di finire come l’Italia

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Energia, Flash News

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Centrali nucleari: la Francia rischia di finire come l'Italia

Pubblicato il giorno 21 gennaio 2016 - Nessun commento



   


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Italia Oggi

Un regista hollywoodiano potrebbe ricavarci il solito film apocalittico. II metro di Parigi e gli ascensori della Torre Eiffel bloccati. I termosifoni elettrici delle case gelati. I réverbère, i famosi lampioni sul Lungo-senna, spenti. I Tgv, i treni ad alta velocità, fermi in stazione. Tutta la Francia in panne per mancanza di energia. Siamo nel 2030, fra tre quinquenni, vale a dire fra tre elezioni presidenziali, come osserva maliziosamente un dirigente di Edf, l’Enel francese, controllata interamente dallo stato. Sicuramente una previsione eccessiva, buona appunto per lo scenario di un film o per un reportage. Ma non è nemmeno irrealistica.

Anzi è molto probabile, che entro il 2030, cioè fra tre mandati presidenziali, la Francia debba affrontare la crisi energetica più pesante (e pericolosa) della sua storia. Un vero e proprio arretramento rispetto a tutto quello che è stata dagli Ottanta fino ad oggi: un paese forte e sicuro della sua indipendenza energetica, grazie alle sue 58 centrali nucleari (con una potenza complessiva di 63 gigawatt) costruite, con lungimiranza e senza nessuna polemica tra destra e sinistra, alla fine degli anni 70, ai tempi del primo choc petrolifero. Esattamente il contrario di quanto accaduto in Italia con il referendum e lo smantellamento di un settore, il nucleare, allora tra i più avanzati al mondo per livello di ricerca e di innovazione.

Centrali nucleari: la Francia rischia di finire come l'Italia

Il paragone, forse, è azzardato, ma oggi la Francia rischia di finire come l’Italia, di perdere la sua indipendenza energetica. «Par insouciance du temps long, cécité politicienne, confusion des objectifs», per negligenza, distrazione, abbandono di una vera politica energetica, mastica amaro il nostro manager dell’Edf. Che cosa è accaduto? Che nessuno, non solo ai vertici dell’Edf ma anche all’Eliseo e al ministero dell’industria (ora occupato dal giovane Macron, che invece si dice molto preoccupato), ha pensato a una strategia di sostituzione graduale delle centrali, la cui vita media, dicono gli esperti, non può essere prolungata oltre il 2030. Dunque, nei prossimi 15 anni le 58 centrali francesi vanno rifatte, chiuse o riconvertite (al metano o allo shale-oil, il gas di scisti, come hanno fatto gli americani).

Una scelta drammatica da far tremare i polsi a presidenti ben più determinati di François Hollande. Gli ingegneri nucleari di Areva, l’altra società pubblica specializzata nella costruzione delle centrali che è riuscita a perdere 4 miliardi di euro nell’operazione Epr (la joint venture franco-finlandese che sta costruendo una centrale di terza generazione in Finlandia e per questo ha bisogno di essere ricapitalizzata), spiegano che basterebbe rifarne 38, più grandi (da 1,6 giga ciascuna) e più efficienti, ma per raggiungere questo obiettivo, dati i costi, servono almeno 6-7 miliardi a centrale, Edf dovrebbe mettere a bilancio, sotto la voce investimenti, la bellezza di 10-12 miliardi all’anno. Impossibile. Oggi la capacità di spesa di Edf, che deve far fronte, in parte, alla crisi della sorella Areva e alla costruzione di un nuovo impianto per la gestione delle scorie radioattive nella regione della Marna, un investimento da almeno 25 miliardi di euro (che è stato già deciso dal ministro dell’ecologia, la signora Royal, ma deve essere ancora approvato dal parlamento), non supera i 2,5-3 miliardi di euro all’anno.



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