Olio di Palma: Pericolo Verde. L’Italia fra i maggiori importatori della pianta governata dalle grandi multinazionali. Dall’Indonesia al formaggio Philadelphia, dal Congo alle patatine Pringles, radiografia di una coltura insostenibile

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente

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Pubblicato il giorno 15 luglio 2008 - 23 commenti



   


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Articolo di Pietro Raitano tratto dal numero 94 della rivista Altraeconomia: L’informazione per agire

L’olio di palma è dappertutto, dalle merendine alle centrali elettriche. Ma le piantagioni tolgono terra all’agricoltura e provocano la deforestazione. Potete anche non crederci, ma quella che sta mangiando vostro figlio non è una merendina, è un pericolo per il pianeta. Perché dentro la briosche c’è olio di palma. Sugli ingredienti c’è scritto “oli vegetali”, ma, potete scommetterci, è olio estratto dai semi di una palma coltivata con ogni probabilità in Indonesia, o Malesia, o Papua Nuova Guinea. 

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Il consumo dell’olio di palma aumenta esponenzialmente, il mercato tira, i palmeti vengono piantati al posto delle foreste pluviali di mezzo Sud-est asiatico. Risultato: tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra liberati nell’atmosfera. Ma non solo: piantagioni di palma stanno degradando la zona delle torbiere indonesiane, uno straordinario magazzino naturale di CO2. Col rischio che miliardi di tonnellate custodite nel sottosuolo si riversino nell’aria. Già oggi quasi la metà dei 22 milioni di ettari di torbiere indonesiane è stata eliminata e prosciugata: è la terza causa di emissioni di gas serra del pianeta, dopo gli Usa e la  Cina. La situazione è destinata a peggiorare: oltre che a fare merendine e altri prodotti alimentari, l’olio di palma è particolarmente indicato per l’utilizzo energetico, per diventare biodiesel o combustibile per centrali elettriche.

Le stime dicono che la domanda raddoppierà entro 20 anni, e triplicherà entro il 2050. Intanto nuove piantagioni sorgono dall’Africa all’America Latina. In tutto questo l’Italia gioca un ruolo di primo piano. Con oltre 40mila tonnellate (10mila in più rispetto al 2006) il nostro Paese si è confermato nel 2007 terzo importatore europeo di olio di palma, soprattutto da Papua Nuova Guinea e Indonesia, un po’ meno dalla Malesia (dati Istat). L’85% è finito all’industria alimentare, e infatti la palma è dappertutto. C’è olio di palma in tutte le bottiglie rosse di olio per friggere, nella “croissanteria” e nelle margarine, nel Kitkat e nelle Pringles. Usano olio di palma la maggior parte delle friggitorie che vendono patatine e fritti vari e tutta la panificazione pronta, quella da scaldare tipica dei bar. Il più grande importatore (e raffinatore) di olio di palma è la Unigrà di Conselice (Ra), che oggi raffina oli e grassi e conto terzi produce margarine, semilavorati in polvere, cioccolato e surrogato, creme vegetali. Al secondo posto, la Ferrero, quella della Nutella. Altri grandi consumatori sono Barilla e Bauli, questa specie dopo l’acquisizione della Casalini, uno dei maggiori produttori italiani di merendine.

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Ma è nel campo energetico che le cose si muovono di più. Oggi in Italia esistono poche centrali elettriche che bruciano olio di palma, ma le previsioni sulla crisi petrolifera e l’aumento dei consumi hanno spinto in molti a investire sugli impianti di questo tipo. In progetto ci sono non meno di 25 centrali in tutta Italia, e alcune sono già in corso di realizzazione. Sul business si sono lanciati in molti, a partire dalla Unigrà, che ha in progetto una centrale a Conselice. Un altro impianto è quello di Monopoli, progetto della Casa olearia italiana, oleificio del gruppo Marseglia, già grande importatore alimentare.Tra i vari nomi spunta quello della Fri-el, azienda che appartiene ai tre fratelli altoatesini Ghostner.

Fri-el è nata investendo nell’idroelettrico, per passare poi all’eolico. Cinque anni fa l’intuizione: buttarsi sull’olio. Una prima centrale è in via di realizzazione ad Acerra (sì, quella dell’inceneritore), avrà una potenza di 70 MW -non poco per essere una centrale a biomassa- e dovrebbe essere operativa entro un anno e mezzo. È solo il primo di una decina di impianti in progettazione, la cui convenienza è strettamente legata al meccanismo italiano di incentivazione delle fonti rinnovabili. Perché l’olio di palma è una fonte rinnovabile e da noi i cosiddetti “certificati verdi”, cioè i soldi che lo Stato versa a un’azienda in funzione dell’energia pulita prodotta, valgono il triplo della media europea. Per questo un impianto, che costa circa un milione di euro a MW, si ripaga velocemente e fa guadagnare molto. Nessuna distinzione viene fatta sulla provenienza del combustibile: anche se l’olio di palma arriva dall’altra parte del mondo, e contribuisce alla distruzione delle foreste indonesiane, è una fonte rinnovabile da premiare.

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Non importa se le palme sottraggono terra all’agricoltura destinata all’alimentazione umana. I fratelli Ghostner hanno anche investito in piantagioni: Congo, Malesia, Indonesia; in Romania hanno già piantato 10mila ettari di palme, in Etiopia sono pronti i primi 2mila (e hanno una concessione per 60mila); in Gabon c’è un progetto da 100mila ettari.

Un’altra grande centrale da 90 MW della Fri-el dovrebbe sorgere a Grosseto, ma tardano le autorizzazioni. Anche perché lo scorso anno la Regione Toscana ha approvato una mozione che pone una moratoria su impianti di questo genere. L’unico che di sicuro si farà sarà a Piombino: 22 MW, l’azienda è la Seca dell’imprenditore Bruno Pietrini. Il panorama si completa con la Miro Radici, che ha invece in programma la costruzione di un impianto (il primo di quattro) a Martignana Po, mentre la famiglia Clivati di Bergamo, che fa tubi a Suisio e a Oliveto Citra (Sa), vuole realizzare un impianto a olio a Ottana, nel nuorese. Il futuro dell’olio di palma è scritto. La crescita della domanda ne ha fatto impennare i prezzi, raddoppiati in un anno. Solo chi si è assicurato negli scorsi anni la fornitura, o produce in proprio, è però sicuro dell’investimento. Il clima non è una voce del conto.

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  • Una lobby che gioca ad essere sostenibile


Unilever, Nestlé, Kraft e Procter&Gamble: i colossi dell’industria alimentare sono responsabili della conversione di oltre il 1,4 milioni di ettari della foresta di Riau, nell’isola di Sumatra, in palmeti per la produzione di olio da cucina. Da sola, Unilever ne usa 1,2 milioni di tonnellate l’anno, il 4% della produzione mondiale (28 milioni di tonnellate: è l’olio più prodotto dopo quello di soia). Finisce nella margarina Flora, nel formaggio Philadelphia o nelle Pringles. Il mercato dell’olio di palma è controllato da una manciata di aziende: Cargill, Adm-Kuok-Wilmar e Synergy Drive. Per far fronte alle critiche hanno dato vita al Roundtable on Sustainable Palm Oil: ne fanno parte 219 membri, che rappresentano il 40% del mercato. Per l’Italia sono presenti Ferrero e Unigrà. Anche se al tavolo partecipano anche 18 ong, nella pratica si tratta di un organismo di autocertificazione, dove controllore e controllato coincidono.

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  • Il clima è fritto di Chiara Campione

Il rapporto di Greenpeace “Come ti friggo il clima” dimostra che, a causa della crescente domanda sul mercato internazionale di olio di palma, le più grandi industrie alimentari, cosmetiche e di biocarburanti distruggono le torbiere e foreste pluviali indonesiane, mandando il clima del pianeta a farsi friggere. Alle stesse conclusioni sono arrivati gli scienziati del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) dell’Onu. Le piantagioni di olio di palma indonesiane soddisfano le richieste del mercato globale di olio vegetale a poco prezzo da utilizzare nella produzione di cibo, cosmetici e carburanti.

Dal 2000 le esportazioni dall’Indonesia sono cresciute del 244%. Le multinazionali si riparano dalle accuse di Greenpeace dietro il debole scudo della RSPO (Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile), presieduta da Jan Kees Vi di Unilever e creata con l’obiettivo di “promuovere lo sviluppo e l’uso sostenibile dell’olio di palma”. Ma non è abbastanza. Le ricerche sul campo, infatti, rivelano che gli affari dei membri della Rspo dipendono da fornitori attivamente implicati nella deforestazione e conversione agricola delle foreste torbiere, e fino a quando la Rspo non inserirà tra i propri standard il divieto ai propri membri di convertire aree di foreste e torbiere in piantagioni la loro certificazione non potrà essere considerata in alcun modo sostenibile.

Per disinnescare l’ecobomba Indonesia Greenpeace si pone l’obiettivo di una moratoria sulla conversione delle ultime torbiere indonesiane e dell’elaborazione di standard per la coltivazione di palma da olio che possano davvero essere considerati sostenibili sia da un punto di vista ambientale sia da un punto di vista sociale.

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23 commenti

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  1. Articolo demagogico. Forse ci si dimentica che anche riso, frumento ecc. hanno distrutto le foreste. 300 anni fa in Europa c’erano ancora molte foreste e paludi che, a causa dell’incremento demografico, sono state spazzate via dall’agricoltura.
    Quindi l’unico modo di salvare la natura è ridurre l’antropentropeia del pianeta. Per saperne di più sull’antropentropia: http://www.albanesi.it/VMS/antropentropia.htm

  2. quoto Claudia nella parte in cui oarla di articolo demagogico. Inoltre l’articolo si guarda bene dal dirci *perché* l’olio di palma sarebbe dannoso per la salute, e in base a quali studi scientifici

  3. sottoscrivo i 2 commenti precedenti.
    A questi ecologisti integralisti non va mai bene niente!
    neanche che vengano piantati degli alberi!!
    le palme nella fattispecie.
    No nucleare naturalmente, petrolio men che meno, carbone che orrore!, mi domando cosa propongono a parte le baggianate dell’ eolico etc.
    alla impellente richiesta di energia.
    Forse una bella guerra mondiale per far diminuire gli uomini e quindi le loro esigenze di star bene e di non vivere nelle paludi e morire di fame perché la torbiera è tanto bella?

  4. letto articolo sulla antropentropia concordo e per questo motivo vi voglio regalare tre corde con nodo scorsoio gia ingrassate l albero lo scegliete voi andrea ecologista integralista

  5. Be e’ dannoso per l’ambiente dovrebbe bastare?
    l’uomo viene colpito anche in modo non diretto e i fatti di cronaca sulle denunce sempre allarmanti su una politica di distruzione di ogni forma di habitat
    Non trovate il pelo nell’uovo continuando su questa strada un giorno l’uovo sarà un ricordo

  6. l’olio di palma e’ stato scelto perchè raggiunge la temperatura alla frittura in breve tempo senza subire stress
    inoltre l’acidita di frittura che si forma con tutti gli oli con il palma e sempre minore

    il problema e’ come lo ricavano questo e’ un grave problema che manda a casa ogni agio industriale indiscriminato
    meditate e colpite con forza

  7. Apprezzo i commenti molto rispondenti.
    Aggiungo che i Palmeti vanno diradati in modo da far crescere piante più basse nei metriquadrati ricavati.
    Le Palme ho pensiero che sulla superfice terrestre siano troppo poche e troppo concentrate o aggruppate..
    Grazie dell’articolo, interessò. ;-

  8. A SENTIRE LE VARIE CASSANDRE NON DOBBIAMO MANGIARE PIU’ NIENTE… TUTTO FA MALE, TUTTO E’ CANGEROGENO, MANGIARE UN CERTO TIPO DI ALIMENTO DISTRUGGE L’AMBIENTE ….MAMMA MIA MA QUESTI COME SI SONO NUTRITI DI ERBA DI PRATO? ANCHE QUESTA FA MALE CON TUTTO QUELLO CHE CI VA SOPRA…DIAMOCI UNA CALMATA E’ L’ESAGERAZIONE IN TUTTO CHE FA MALE!!!! E POI PERCHE’ QUESTO OLIO DI PALMA DOVREBBE FARE MALE? E I VARI ‘OLI DI SEMI ? IN CHE QUANTITA’ DOVRESTI INGERIRNE PER FARTI MALE? QUANTO C’E’ NE PUO’ ESSERE IN UNA MERENDINA O IN UN CUCCHIAO DI NUTELLA? MA PER FAVORE DIAMOCI UNA CALMATA…ABBIAMO TANTE COSE DA SCEGLIERE SE PROPRIO NON VOGLIAMO L’OLIO DI PALMA PRENDIAMO UN’ALTRA COSA…NON METTIAMO ALLA BERLINA QUALUNQUE COSA. SALUTI

  9. ..avete idea di ciò che crea l’uso costante dell’olio di palma al sistema cardiovascolare umano? E’ nelle Pringles..è dappertutto perchè ha un costo praticamente irrisorio al confronto degli olii più salutari “oliva. semi etc..” . Tanto per farvi un’idea, è molto, molto più salutare il burro che l’olio di palma.

  10. Lo dimostrano studi scientifici, cmq non pubblicate questi miwi commenti, potrebbero risultare sgradevoli dato il caso che qui sopra non è menzionato nulla riguardo i danni che provoca. Ripeto: non pubblicate per favore :-)

  11. sopratutto non pubblicate che l’olio di palma si trova anche nella margarina che è considerata un’alternativa valida per il colesterolo al burro.

  12. 10mila ettari di palme in Romania? Ma siamo sicuri? La Romania e’ un paese gelido come vi possono crescere le palme?

  13. Grazie Marco per la nota! Corretto è in Nigeria! Grazie e continua a seguirci!

  14. Il compianto professor Emanuele Djalma Vitali sosteneva che gli oli tropicali ed in particolare quello di palma e di palmisto non contengono colesterolo ma in qualche modo lo inducono in grande quantità nel metabolismo. Lui diceva “sono delle vere e proprie bombe di colesterolo”. Questi oli, genericamente chiamati oli vegetali (la legge italiana non prevede un distinguo) sono largamente usati nella confezione di cibi industriali; hanno un sapore gradevole e per questo trovano largo uso nei gelati e nei dolci. Se guardate gli ingredienti stanno solitamente al secondo posto e, come è noto, gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di quantità. Grande uso se ne fa nelle margarine e se andate a leggere gli ingredienti delle margarine li trovate al primo o secondo posto. La quasi totalità delle pasticcerie artigianali fa uso quasi esclusivo di margarine eccetto nei dolci di pasta di mandorle.
    Il tutto spiega perché ci sono oggi dei bambini di 12 anni, anche non sovrappeso, che hanno il colesterolo alto e che sono quindi dei candidati a precoci malattie cardiovascolari.

  15. Distruggendo le foreste ,distruggiamo l’habitat di tutti gli animali che ci vivono da molto piu’ tempo di noi, come al solito l’uomo per puro guadagno non pensa alle conseguenze che ci saranno in futuro.Bisogna mangiare cose piu’ sane., leggere le etichette ,boicottare se serve, la nostra unica arma di consumatori.

  16. Quoto in toto Fulvio, sottolineando che è stato più volte dimostrato che l’Olio di Palma è anche CANCEROGENO.
    Abbiamo cura di noi stessi, quello che gli interessi delle grandi multinazionali per la riduzione dei costi non possono avere.

  17. Credo che il primo passo per cambiare sia iscriversi ai gruppi di acquisto solidale!

  18. stanno avvelenandoci

  19. tutti i prodotti della ferrero sono pieni di olio di palma… soprattutto la tanto amata nutella… i grassi saturi dell’olio di palma… provocano infarti… altro che latte e pan di spagna lievitato naturalmente…

  20. l’olio di palma uccide gli oranghi ,questo è un buon motivo per boicottarlo

  21. ho letto anche io l’articolo ,non e verro che nel mio paese Romania ,possono crescere le palme ,nevica anche adesso 24 marzo ,non scherziamo ,con -30 grade nel inverno.

  22. Certamente se guardiamo tutte le trasmissioni televisive sul cibo NON MANGEREMO PIU’ NIENTE !! ma per ritornare all’olio di palma io, personalmente, guardo tutti i componenti dei cibi che ne contengono e non li compro…..Solo vedre quei poveri Ouranghi che non sanno più dove andare a vivere e nutrirsi solamente perché c’é una grande importatrice Italiana che gli elimina il loro spazio vitale per far ché ? par farsi delle pal……d’oro vendendo l’olio di palma nella loro pasta merendina al prezzo del cacao !!!
    Fate una prova : prendete un barattolo di questa pasta e mettetela in un’automobile che é al sole e guardatelo dopo qualche ora, vedrete che quello che mangiate é quasi tutto OLIO DFI PALMA, e quanto lo pagate ???? ed é tutto cosi’, l’attiranza del DIO DENARO stà distruggendo poco a poco tutto il nostro pianeta, stà insudiciando le acque dei fiumi, del mare e degli oceani, fra poco per mangiare pesce si dovrà inventarlo perché non ce ne sarà più, ce lo saremo mangiato tutto e con tutta questa corsa al guadagno basta guardare tutto quello che viene buttato, insudiciando anche la terra !!!! basta guardare la stupidaggine della gente : stiamo importando MILLIONI di containers ogni anno dall’Asia e dalla Cina mandando laggiù dei milliardi e milliardi e fornendo loro il lavoro che manca a noi quà in Europa, basta guardare la loro crescita (del 8 al 12 %) quando quà in Europa le fabbriche stanno chiudendo una dopo l’altra, la disoccupazione non é mai stata cosi’ alta e i nostri governanti credono ancora in una crescita quando ora, ad esempio in Francia, attualmente, é di 0,1%. Per fortuna che il ridicolo non uccide perché resterebbe poca gente al mondo………

  23. A chi obbietta che non si può mangiare più nulla, dico che comunque la libertà in Italia è ancora in voga. Se hanno tutte queste velleità di morire di cancro, possono accomodarsi, NESSUNO GLIELO NEGA. Esiste il detto: lego l’asino dove vuole il padrone. A noi la libertà di dire e continuare ad essere contro certe misure volute solo dalle MULTINAZIONALI, e non certo per favorire le popolazioni locali che tra breve non avranno di che sfamarsi, così come in Argentina per la soia pseudo cinese.

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