Ormai le buste di plastica diventeranno sempre più un ricordo. Inizialmente dalla Francia, agli USA, dall’Uganda proseguendo in Australia a Melbourne, Honk Hong e in Bangladesh, dove un provvedimento è stato varato già nel 2002, ora tocca alla Cina così dall’inizio di luglio la vendita di sacchetti di plastica diventerà illegale.
Un primo step come in Italia fu quello di applicare una tassa per i sacchetti di plastica in tutti i supermercati, dove già le buste ultrasottili erano vietate. In parte il governo cinese incoraggia l’uso di sacchetti riutilizzabili aumentando gli sforzi per riciclare i sacchetti ancora in uso.
Questo è solo uno dei provvedimenti che la Cina sta mettendo in atto in campo ambientale dopo il boom delle fonti rinnovabili. Il divieto delle buste di plastica comunque riguarderà quelle realizzate con materiale sottile (sotto i 0.025 mm i spessore) a differenza di quelle più spesse quindi facilmente riutilizzabili sulle quali si impone un nuovo obbligo di pagamento da parte dei consumatori cercando di dissuaderne così dall’utilizzo.
L’impennata del costo del petrolio potrebbe aver fatto riflettere il governo di Pechino, alcuni dati: oltre 3 miliardi di sacchetti vengono utilizzati ogni giorno, 5 milioni di tonnellate di greggio da raffinare per la produzione (37 milioni di barili).
In Italia, paese delle ambiguità e dei paradossi la legge finanziaria precedente ne prevedeva la messa al bando per il 2010, 8 anni dopo il provvedimento bengalese.
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