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Oggi non si limita a esprimere e comunicare ai potenziali clienti i valori green di imprese ed enti ma, se ben utilizzato, può diventare un vero e proprio strumento di ri-orientamento per la crescita sostenibile. Per questo motivo abbiamo intervistato il Prof. Franco Giacomazzi, Presidente di AISM e Antonia Santopietro Coordinatrice del Dipartimento di Green Marketing di AISM.
Giordano Mancini: Prof. Giacomazzi, quali sono le attività e gli obiettivi di AISM in un momento storico così delicato per la nostra economia?
Franco Giacomazzi: La disciplina di marketing è periodicamente oggetto di rivisitazione e di aggiornamento; ciò non sorprende, giacché il marketing vive i cambiamenti e le innovazioni dell’ambiente e dell’impresa. Anche il ruolo del marketing si è progressivamente ampliato passando da semplice rapporto tra azienda e mercato fino a coinvolgere le principali funzioni aziendali, nonché gli operatori esterni con i quali l’impresa viene a contatto: dal settore dei servizi, al mondo economico-finanziario, al mondo delle istituzioni.
Oggi il marketing ha quindi un ruolo assai più articolato con un apporto via via più incisivo nell’elaborazione delle strategie di impresa; inoltre, le leve su cui esso può contare nella creazione di valore sono diventate più numerose e più importanti. La responsabilità del marketing verso lo sviluppo e il successo dell’impresa si è sensibilmente accresciuta.
Giordano Mancini: In che modo il marketing può contribuire al cambiamento che tutti auspichiamo?
Franco Giacomazzi: Sono nati nuovi paradigmi, nuovi metodi di aggregazione che fanno leva sul coinvolgimento. Sono emerse alternative per affrontare i mercati, in sintonia con i nuovi orientamenti a cui il consumatore dà valore. Cresce esponenzialmente sia la “strumentazione” software interattiva bidirezionale basata su Internet, sia le funzionalità dei device per la presentazione e la gestione di messaggi. Si ampliano le possibilità, si creano nuove capabilities, dove le parole chiave sono: coinvolgimento, collaborazione, partecipazione, trust, pervasività, velocità. In questo quadro l’Associazione svolge attività atte a divulgare e creare un clima culturale orientato al mercato secondo una logica di sostenibilità.
I temi fin qui esposti si allacciano all’associazionismo professionale, che accolga persone ed imprese, come valore: molte sono infatti le aree che rendono indispensabile l’aggregazione associativa di Marketing, che coinvolga i professionisti, i manager di Marketing e le imprese. Qui emerge con forza il ruolo di AISM – Associazione Italiana Marketing – fondata da oltre 50 anni. La qualificazione professionale ne costituisce, assieme alla diffusione della cultura di marketing, uno degli scopi chiave. Per questi motivi ritengo che AISM per la sua struttura e l’importanza dei valori che esprime sia patrimonio della collettività.
Giordano Mancini: Antonia, Lei è responsabile del Dipartimento “Green Marketing” dell’AISM. Che obiettivi avete e quali valori pensate di condividere ?
Antonia Santopietro: Il termine Green Marketing viene introdotto negli anni ‘80 dall’American Marketing Association (AMA), anche se il concetto emerge già con il Workshop “Ecological Marketing” del 1975 della stessa Associazione e allora veniva definito essenzialmente come “The marketing of products that are presumed to be environmentally safe”, con un accento posto al “solo” valore di sicurezza ambientale delle proposte dirette ad un pubblico sensibile a queste tematiche. Oggi possiamo dire che il Green Marketing ci offre l’opportunità per un reale ripensamento di un modello di impresa “responsabile” che integra nelle sue funzioni principali l’attenzione al Pianeta, alle Persone e al Profitto “contemporaneamente”.
Come AISM ci siamo chiesti in che modo potessimo ribadire il ruolo centrale del Marketing nella conversione d’impresa verso modelli di sostenibilità e responsabilità sociale. Il Dipartimento Green Marketing nasce per rispondere a questo obiettivo. Le attività del Dipartimento vanno in questa direzione di supporto e come primo progetto abbiamo pensato ad un ciclo di workshop sul Green Management, che intende aprire la strada ad una partecipazione sinergica di Aziende, Associazioni e Istituzioni per consentire l’accrescimento della consapevolezza ecologica e della responsabilità sociale. Il management sostenibile è una sfida di integrazione e collaborazione tra aziende e mercato. La sostenibilità è un obiettivo che coinvolge allo stesso modo tutti gli attori dello scenario economico sia pubblico che privato. Il marketing ha in questo una funzione di ri-orientamento. Nell’ambito invece delle operatività del marketing, della comunicazione e della vendita, importante è evitare il pericolo di “greenwashing”, e scegliere di comunicare la sostenibilità secondo la matrice “benefici concreti e verificabili”.
Giordano Mancini: La “co-produzione, ovvero il rapporto di collaborazione per il comune interesse fra cliente e produttore è la nuova frontiera del cambiamento. Come si risolve il “conflitto di interessi” del marketing, tradizionalmente sostenuto e quindi schierato dalla parte del produttore?
Antonia Santopietro: Ritengo che il marketing vada spiegato e compreso meglio nella sua essenza e possibilità di essere al servizio di un’azienda “virtuosa” (passatemi il termine super sfruttato). Il marketing fornisce gli strumenti e le modalità per gestire e comunicare le scelte fatte dall’imprenditore al fine di renderle apprezzabili dal mercato, però non è il marketing che impone modalità non etiche di fare impresa, comunicazione manipolatoria e approcci di vendita “hard”, limitando la sua funzione alla impostazione di un’organizzazione manageriale efficace ai fini del raggiungimento degli obiettivi individuati. Questo è un momento molto critico a livello globale e penso che dobbiamo trovare punti di incontro e non fare separatismi ideologici. Dobbiamo promuovere la contaminazione intelligente per fornire nuovi orizzonti di sviluppo, porre un faro accesso sulle idee che possono dare spunti per visioni innovative.
Credo si debba parlare di un punto di vista diverso di fare impresa, di fare profitto, di fornire beni utili al benessere, di rispondere ai bisogni, e dal mio punto di vista, il problema non è il marketing né la comunicazione ma i valori che ispirano un’impresa, l’imprenditore stesso e il management di cui si avvale. Il marketing, la comunicazione e pur anche le “famose” tecniche di vendita sono metodologie ed operatività al servizio di un obiettivo. Ora sta capire quali siano i valori da perseguire nel fare business e queste si chiamano etica, sostenibilità ambientale, rispetto e collaborazione. Il marketing di per sé non nasce né buono né cattivo, di certo posto al servizio di decenni di consumismo esasperato ed esasperante, visto gli effetti deleteri sulla finanza, non può che essere il demone da esorcizzare ma io sono convintamente dell’avviso che quello che deve cambiare sia la “visione”. E questo è un interesse che accomuna produttore e consumatore.
Giordano Mancini: Il marketing non gode di buona fama nel mondo del consumo consapevole, dove viene considerato l’arma principale del consumismo. Lei cosa può dire su questo?
Antonia Santopietro: Nell’ultimo libro “Marketing 3.0 dal prodotto al cliente all’anima“, Kotler ha scritto: “con Marketing 3.0 ben si descrive quello che sarà del marketing dopo la fine del 2.0 e del social media marketing. Un marketing emozionale e spirituale, ispirato e fondato sui seguenti dettami: 1. Trattare i clienti con amore e i competitor con rispetto. 2. Essere pronti alla trasformazione e al cambiamento. 3. Rendere i valori chiari e supportarli concretamente…”. E’ chiara la linea del cambiamento!
Ci sono molti imprenditori che lavorano in questa direzione ovvero aggiungono al proprio impegno di impresa la visione di un cambiamento, dal mio punto di vista non è importante la direzione del cambiamento (o almeno non da subito) ma che inizi il processo critico e dialettico che smuove le certezze. La complessità del contesto in cui viviamo non consente di fare azioni di miglioramento disgiunte dalla volontà politica o dagli orientamenti macro-economici, tuttavia ritengo che sia fondamentale la promozione di una coscienza individuale, una sorta di “viralità” della consapevolezza. Molte cose cambiano anche diffondendo idee e scuotendo coscienze sopite, in questo intendo la responsabilità individuale. Parlare al vicino di casa, farsi divulgatore di buone prassi, informarsi ed informare, ognuno nei contesti in cui vive, è la via per “fare la nostra parte”.
E l’impresa può fare la sua parte in una sorta di rivoluzione “bottom up”. Per venire alla domanda, ecco condivido buona parte della critica al consumismo sconsiderato al cui altare abbiamo sacrificato una quantità smisurata delle risorse del nostro pianeta e sono d’accordo sulla miopia di lettura dei governi moderni che utilizzano ancora il PIL come indicatore di benessere di un Paese. Sono d’accordo sulla decrescita selettiva a favore dell’incremento in settori più “utili” come il recupero ambientale e strutturale, che darebbe nuove opportunità di lavoro. Nei territori evoluti ed economicamente diciamo “saturi” si dovrebbe consentire la crescita di settori più funzionali al benessere come la ricerca scientifica, le tecnologie finalizzate al miglioramento dell’impatto ambientale ma anche la creazione di imprese innovative che operino in simulazione dei processi naturali. (vedi teoria di Gunter Pauli sulla biomimesi e la Blue Economy).
Tutto questo coniugato con una visione tuttavia non consumistica dei beni, ovvero un approvvigionamento “etico e critico, atto a rispondere al benessere psico-fisico della persona in ragione della sua dignità” senza condannare il lusso ma sicuramente deprecando gli sprechi e lo sfruttamento ingiustificato delle risorse. Quindi giusto che si ricicli, riutilizzi, si faccia ricorso all’autoproduzione e si scambino i beni, ma anche si acquisti in maniera consapevole ciò che non si può avere in altro modo. Tutto questo si può fare ancora con gli strumenti del marketing.
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