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Non solo le nascenti rinnovabili, ma anche i colossi stagionati del gas e del carbone talvolta hanno bisogno di un «aiutino». E il governo lo ha concesso, malgrado il dissenso del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando.
Nell’emendamento al Ddl Stabilità, passato mercoledì scorso al Senato, è incluso infatti l’incarico all’Authority di far partire già dalla fine di quest’anno un meccanismo di remunerazione, detto capacity payment, per sostenere le centrali termoelettriche in perdita, riconoscendo il «ruolo indispensabile» che esse svolgono «nel garantire la continuità delle forniture e la stabilità della rete».
In pratica si tratta di tenere in vita, con i soldi pubblici, gli impianti a gas che non riescono a reggersi da soli, schiacciati dal recente boom dell’energia verde. L’irruzione sul mercato delle fonti pulite – incentivate perché aiutano a ridurre le emissioni e a tagliare le importazioni di fonti fossili dall’estero – negli ultimi anni è diventata un grave problema per le centrali alimentate a gas, che hanno costi di produzione mollo più alti. Fino al tramonto, infatti, i pannelli fotovoltaici producono energia a costo marginale zero e con priorità di dispacciamento, tenendo bassi i prezzi in Borsa. In alcuni momenti della giornata le fonti rinnovabili arrivano a coprire anche il 50% del fabbisogno, per poi crollare sotto il 10% nelle ore serali e notturne.
Stabilità necessaria?
Capita così che gli impianti a ciclo combinato a gas durante il giorno spesso non riescano a vendere energia, ma siano lo stesso necessari alla stabilità del sistema, per rispondere alla domanda elettrica quando cade il vento e cala il sole.
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