II colosso tedesco dell’energia, E.On, si divide in due, varando uno spin-off della produzione tradizionale e nucleare per concentrarsi sulle fonti rinnovabili e le reti di trasmissione, e cede le attività in Spagna e Portogallo, ma non scioglie l’incognita su quelle italiane.
L’annuncio della divisione in due rappresenta un netto cambio di strategia, ma è stato dettato dalle difficoltà di continuare nell’attuale assetto dopo la rinuncia della Germania al nucleare e la politica energetica del Governo, lanciata nel 2011, che promuove lo spostamento verso la produzione di energia pulita e scoraggia l’uso di centrali a gas, carbone e nucleari. E.On si focalizzerà sulle rinnovabili, le reti e i servizi per l’efficienza. «Stiamo valutando la cessione delle attività in Italia», dice l’annuncio diffuso dalla E.On domenica in serata. Dopo il deludente risultato della procedura di dismissione, coordinata dalla banca d’investimento Goldman Sachs, si è riaffacciata l’ipotesi di un accordo con la Edison (gruppo Edf).
In Italia, E.On ha una capacità produttiva installata di 6 gigawatt e 9mila clienti. L’annuncio della divisione in due del gruppo rappresenta un netto cambio di strategia, ma è stato dettato dalle difficoltà di continuare nell’attuale assetto dopo la rinuncia della Germania al nucleare e la politica energetica del Governo, detta Energiewende, lanciata nel 2011, che promuove lo spostamento verso la produzione di energia pulita e scoraggia l’uso di centrali a gas, carbone e nucleari. E.On si focalizzerà appunto sulle rinnovabili, le reti di distribuzione e i servizi per l’efficienza energetica.
La nuova società per l’energia tradizionale e nucleare, le cui azioni verranno assegnate agli attuali azionisti, sarà quotata in Borsa nel corso del 2015. Lo spin-off, secondo i piani, verrà completato nel 2016. Quarantamila degli attuali dipendenti resteranno con la E.On, gli altri 2omila passeranno alla nuova società. II gruppo ha dichiarato che i costi dell’abbandono del nucleare, deciso dal cancelliere Angela Merkel dopo il disastro giapponese di Fukushima, sono coperti dagli accantonamenti già realizzati. Questi sono pari a 14,5 miliardi di euro. Diversi esperti del settore ritengono tuttavia che questo alla fine potrebbe non bastare, data l’incertezza su un processo che richiederà ancora molti anni. Gli analisti del settore si interrogavano ieri sulla possibilità che altri gruppi possano seguire l’esempio della E.On. L’altro colosso tedesco Rwe ha dichiarato che non intende cambiare il modello di business attuale.
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