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L’Africa chiede energia verde. Sulla quale spicca, buon per noi, il tricolore.
Dall’Egitto alla Tunisia per arrivare, più a ovest, al paese che ci sta già riservando grandi soddisfazioni: il Marocco. Ha solo pochi mesi di vita il progetto Solar Breeder per creare, in alleanza con il governo marocchino, un distretto industriale autoalimentato ad energia fotovoltaica confezionato e cogestito da un pool di imprese tutte italiane. E già si guarda all’evoluzione successiva.
Solar Breeder non sarà solo un avamposto produttivo per (e con) l’energia verde, piazzato nell’area di Ben Guerir, trasformata in “green city” e incubatore tecnologico per volere del Re del Marocco Muhammad VI. Sarà anche, a maggior ragione, un laboratorio per mettere a punto la transizione del paese africano verso un modello di energia basato sulla concorrenza, sul mercato, sulla competizione tra tecnologie e imprese.
All’Insegna del Made in Italy
Il governo marocchino ha dunque chiamato all’appello proprio il nostro manovratore istituzionale dell’energia rinnovabile: il Gse, la società pubblica per i servizi energetici guidata da Nando Pasquali che ha sotto le sue ali anche la ricerca di settore attraverso il Rse, già partner di Solar Breeder. Palazzo Chigi ci crede. E promette di oliare l’operazione.
Ci sarà bisogno del supporto diretto del ministero dello Sviluppo economico, dove si sta esaminando proprio in questi giorni il dossier. Che darà, nel caso, una nuova importante caratura istituzionale al progetto Solar Breeder, coordinato da Kenergia, la società guidata da Giovanni Simoni (protagonista dell’associazionismo del settore e buon visionario degli scenari energetici) insieme a una squadra ben articolata in competenze e capacità, come Brandoni solare, Friem, appunto il Rse, Moroni e Partner, Saet, Raptech.
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