Ecco che emerge. Pian piano. Per ora nelle simulazioni degli analisti o poco più. Potrebbe essere questa la chiave per rilanciare davvero la corsa italiana all’efficienza energetica. L’idea: un’alleanza operativa, da corroborare con un nuovo mix coordinato di norme e incentivi, tra edilizia, energia, telecomunicazioni e mobilità. Insomma: mai più politiche e incentivi settoriali, ma un nuovo mondo integrato dell’efficienza. Il nome, il concetto aggregante, del resto c’è già: smart city. Che a ben vedere può prendere corpo e anima solo con una sapiente sinergia tra i quattro fattori.
Proviamo allora a vedere, partendo dai segnali degli ultimi mesi, cosa potrebbe sostenere o altrimenti tagliare le gambe al grande sogno. Qualche cifra fa ben capire l’opportunità che possiamo (o meglio, dobbiamo) cogliere. Gli analisti di Agici–Finanza d’impresa ci dicono che nel 2020 il settore dell’efficienza energetica potrebbe arrivare a generare un giro d’affari annuo di oltre 43 miliardi di euro. Puntano però l’indice sulla scarsissima propensione del sistema bancario a collaborare attivamente al circuito dei finanziamenti. Segno che nel settore non si può contare – questo l’elemento di maggior criticità che continua a essere rimarcato da tutti gli esperti – su un quadro di regole chiare, stabili e di lungo periodo.
D’altra parte è proprio l’erraticità e la mutevolezza delle regole all’origine anche dell’ultima procedura di infrazione che l’Unione europea ci ha riservato censurando le falle nel recepimento lo scorso anno, con il solito svogliato rinvio a ulteriori decreti, di direttive comunitarie in materia di efficienza energetica. Peccato, perché a confermare come l’efficienza energetica rappresenti la principale di Federico Rendina miniera di affari in grado di contribuire non poco all’avvio di un nuovo ciclo di sviluppo anche per il nostro Paese è, tra gli altri, l’Enel foundation nella sua ultima analisi:
con una buona politica nel settore l’Italia, nonostante sia già mediamente tra i Paesi più efficienti, potrebbe arrivare nel 2020 a tagliare i consumi di oltre 2mila terawattora l’anno, producendo un volume d’affari addirittura superiore ai 50 miliardi di euro , con un beneficio sul Pil che potrebbe andare ben oltre il 2 per cento.
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