Solare termico a concentrazione, un’idea Made in Italy supportata da Eni

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Solare termico a concentrazione, un’idea Made in Italy supportata da Eni

Pubblicato il giorno 06 aprile 2018 - Nessun commento



   


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Da dove e da chi nasce l’idea di utilizzare il sole per produrre energia termica? Si narra che nel 212 a.C. Archimede utilizzò per la prima volta questo tipo di energia per sconfiggere i suoi avversari in guerra.

Oggi il Centro Ricerche Eni per l’Energia Rinnovabile e l’Ambiente di Novara sta individuando nuove soluzioni per applicazioni utili alla produzione di energia elettrica.

Oggi l’elettricità può essere prodotta grazie al sole con la tecnologia fotovoltaica oppure con quella del solare termodinamico a concentrazione. A differenza del fotovoltaico, che trasforma direttamente i fotoni in elettroni, il solare termodinamico sfrutta il calore del sole, concentrato tramite specchi, per portare dei sali speciali a temperature abbastanza elevate da produrre vapore in appositi scambiatori, per far quindi girare delle turbine convenzionali. In questo modo, grazie all’accumulo di calore raccolto durante il giorno all’interno di grandi serbatoi coibentati, il solare termico a concentrazione può operare efficacemente anche di notte. Viceversa, un impianto fotovoltaico può funzionare solo di giorno, a meno di non utilizzare costosi gruppi di batterie. Inoltre, il solare termodinamico a concentrazione riesce a generare potenze superiori in termini di elettricità e registra un minor calo di performance rispetto al fotovoltaico in caso di alte temperature.

Solare termico a concentrazione

La storia del solare termico a concentrazione

L’idea di partenza si basa su una storia tra mito e leggenda risalente all’epoca dei romani. Si narra che 2230 anni fa  Archimede difese Siracusa dalla flotta del generale romano Marco Claudio Marcello disponendo centinaia di soldati provvisti di scudi riflettenti in bronzo levigato lungo la costa e orientando i raggi del sole sulle navi romane che assediavano la città. Così, sfruttando l’energia solare, Archimede riuscì ad incendiare le navi nemiche e a difendere la propria città.

Trattandosi di una leggenda non sappiamo se essa sia veritiera. Tuttavia, gli studenti americani del MIT (Massachussetts Institute of Technology) hanno svolto una ricerca in grado di dimostrare la reale possibilità di dar a fuoco alla ricostruzione di una nave romana concentrandovi la luce riflessa da trecento scudi di bronzo lucidato.

Tra mito e leggenda è nata l’idea tutta italiana di utilizzare la stessa soluzione per produrre energia termica: Il Nobel italiano Carlo Rubbia nel 2010 realizzò la centrale solare termodinamica “Archimede” a Priolo Gargallo (SR). Si tratta di una Centrale Solare costituita da trentamila metri quadri di specchi parabolici che concentrano i raggi solari nel loro fuoco geometrico, in cui passano oltre cinque chilometri di tubi ricevitori. All’interno di questi ultimi scorre il fluido termovettore che viene portato ad alta temperatura (fino a 550°C) dai raggi concentrati. Vengono utilizzate particolari miscele di sali fusi che ad alta temperatura diventano liquidi. Questi sali, necessari per il riscaldamento degli impianti, vengono pompati dentro uno scambiatore di calore in cui l’acqua arriva ad ebollizione. Il vapore prodotto consente il movimento delle turbine che, di conseguenza, producono energia elettrica.

I limiti del metodo

Ricercatori di tutto il mondo hanno sperimentato diverse tecnologie simili, ma nel corso del tempo sono stati riscontrati tre rilevanti limiti che rendono questa tecnologia poco efficiente per la produzione di energia termica o elettrica.

Il primo problema fa riferimento ad un aspetto ingegneristico, in quanto vengono usati specchi di vetro resi riflettenti dalla deposizione di metalli.

Il secondo limite riguarda il fluido termovettore: è richiesto un materiale con un’elevata capacità termica e che non si decomponga alle temperature di lavoro che oscillano tra i 300°C e i 550°C. Il problema sta nel fatto che di notte o quando è nuvoloso, gli impianti a concentrazione solare non producono energia e addirittura la consumano, in quanto i fluidi termovettori devono essere mantenuti ad altissima temperatura.

Il tubo ricevitore rappresenta il terzo problema: deve essere in grado di assorbire tutti i raggi solari riflessi dagli specchi e, una volta che il calore è entrato nel tubo, non deve disperderlo. Il possesso di queste due funzioni opposte non è così semplice e scontato come può sembrare, ed è per questo che rappresenta un limite per l’efficienza della tecnologia.

Centrale solare a specchi

Le soluzioni Eni

Ad affrontare e risolvere tutti e tre questi problemi è proprio l’ingegno made in Italy dei ricercatori del Centro Ricerche Eni per l’Energia Rinnovabile e l’Ambiente di Novara. Questi ultimi, in riferimento al primo problema, hanno pensato ad una sostituzione dei pesanti specchi in vetro metallizzato curvati a caldo con sottili e leggere pellicole di materiale polimerico riflettente.

Grazie a questa sostituzione si è verificata una riduzione di pesi e costi d’investimento, in quanto è stato possibile rendere più semplice il disegno di tutto il sistema degli specchi e dei meccanismi che li orientano, così come la costruzione, costituita da componenti meccaniche standard e facilmente reperibili. Ciò si può tradurre in stimolo alla promozione di imprenditorialità locale anche in aree poco sviluppate in termini industriali: in questo modo il prezzo dell’intero impianto si dimezza ed il costo degli specchi si riduce notevolmente (anche a un quarto).

Per quanto riguarda il secondo problema, sono stati realizzati sempre al Centro Ricerche Eni per l’Energia Rinnovabile e l’Ambiente di Novara innovativi fluidi termovettori composti da miscele ternarie e quaternarie di sali in grado di rimanere fluidi anche quando si raffreddano fino a 90-140°C. Di conseguenza non vi è più la necessità di mantenere l’impianto a 300-350°C, ma è sufficiente scaldarlo molto meno, risparmiando e diminuendo i consumi in termini di energia fossile.

Anche il terzo problema identificato è stato preso in mano dal Centro Ricerche Eni che ha progettato un nuovo tipo di rivestimento del tubo ricevitore: per fare in modo che il calore, una volta entrato nel tubo, non venga poi disperso, è stata inventata una combinazione di quattro innovativi strati metalloceramici che dà al tubo ricevitore una doppia funzione: da una parte è un ottimo assorbitore, con un’assorbanza pari al 95%, dall’altra è un pessimo dissipatore, con emissività a 400°C pari al 7%.

Grazie alla combinazione di queste tre innovazioni la tecnologia della concentrazione solare non è più poco efficiente e poco interessante economicamente.

In conclusione, come ben sappiamo, il sole è da sempre stata una fonte, oltre che di vita anche di ricchezza ed oggi che si comincia a percepire la difficoltà connessa al reperimento di idrocarburi ed ai suoi sempre maggiori costi, è necessario pensare alle sue possibili applicazioni del settore, orientandosi sempre verso il futuro.

In collaborazione con Eni

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