Ecodesigner: Dario Toso e la Nuova Rivoluzione Industriale. 7 Domande per capire un percorso fra Benyus, Zeri e McDonough, verso il Design OpenSource del futuro

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ecodesign

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Pubblicato il giorno 13 marzo 2008 - Nessun commento



   


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Dario Toso, ecodesigner, incontra Araceli de la Parra per GenitronSviluppo.com per raccontare il suo ricco percorso professionale. Capire le esperienze di Dario Toso è capire come l’industria stia sempre più volgendo lo sguardo doverosamente alle problematiche ambientali. Si parlerà di ciclo di vita, di sostenibilità, di tante idee e di Design OpenSource.

Capire questa esperienza è capire l’avvento della Nuova Rivoluzione Industriale che verrà.

Scendiamo nel dettaglio insieme a lui.

+ Credo nel progetto perché credo nel mondo.

+ Credo nel progetto perché è un processo che tocca ogni aspetto della vita.

+ Credo nel progetto perché è prima di tutto responsabilità.

+ Credo nel progetto per uscire dall’overdose di effimero che ci circonda e imparare a prenderci cura del mondo.

+ Credo nel progetto perché è etica.

+ Credo nel progetto in cui la sostenibilità ambientale è il punto di partenza, non una tra le mille variabili da considerare.

+ Credo nel progetto che si chiede in che modo la nostra Società e il nostro Pianeta accoglieranno le forme che abbiamo ideato.

+ Credo nel progetto sostenibile che dimostra con i fatti ciò che il design può essere.

+ Ecco perché sono diventato Ecodesigner.

+ Ecco perché sono alla ricerca di studi e professionisti con cui entrare in sintonia.

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  • 1. Il tuo percorso progettuale? Quali sono i tuoi punti di forza?

Il mio percorso progettuale è sicuramente influenzato dall’impostazione metodologica del Politecnico, grazie alla quale ho imparato l’importanza di un’attenta ricerca preliminare e di un’analisi approfondita dei requisiti fondamentali richiesti per soddisfare un determinato bisogno. Penso infatti che la fase metaprogettuale costituisca la base necessaria per la buona riuscita di un progetto.

Prima di iniziare un nuovo progetto mi chiedo sempre se ci sia veramente bisogno di un nuovo oggetto, penso infatti che il miglior modo per fare design ecocompatibile sia quello di non aggiungere del superfluo al Mondo che ci circonda.

Ritengo che oggi sia fondamentale per un ecodesigner progettare l’intero ciclo vita del prodotto/servizio in modo da valutare attentamente tutte le fasi legate al prodotto, dalla pre-produzione alla sua dismissione. Credo che uno dei miei maggiori punti di forza sia l’aver conservato l’immagine “fantastica” del mondo che sognavo da bambino e soprattutto di avere conservato la speranza di poter realizzare parte di quella visione.

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  • 2. Dei progetti che hai sviluppato qual è stato il più interessante per te e perché?

E’ difficile scegliere, sono molto affezionato all’idea del posabolle, una provocazione che ho presentato al Fuori Salone di Milano nel 2005 che trasforma il gesto sgradevole e “asocializzante” del fumare all’interno dei locali in un gioco capace di unire e connettere le persone. Mi ha emozionato la collaborazione con la Ferrino per la realizzazione di uno zaino urbano per il fatto che è stata realizzata una piccola serie venduta a Torino.

Ritengo però che il GPpassenger, il dispositivo pensato per la sicurezza del passeggero sulle moto sportive, mi abbia fatto crescere più degli altri progetti dal punto di vista professionale. E’ stato infatti un progetto sviluppato in un arco temporale molto ampio (circa 16 mesi) che mi ha permesso di confrontarmi con professionisti del settore delle plastiche, dell’ergonomia e dell’ingegnerizzazione di prodotto. Mi ha dato grandi soddisfazioni grazie alle pubblicazioni su riviste del settore e alle numerose mail di motociclisti interessati al prodotto.

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  • 3. Fra i progetti in cui sei stato coinvolto qual è quello più “carico di sostenibilità” e quali sono state le problematiche maggiormente impegnative di questo progetto?

Se considero il product design penso al progetto di un condizionatore per due motivi: il primo è che il mio team di progetto (3 persone) ha dovuto ripensare in chiave ecocompatibile un oggetto agli antipodi del concetto di sostenibilità, dal momento che esistono sistemi di ventilazione naturali ugualmente efficaci, meno dannosi per la salute e sicuramente non inquinanti. Secondo motivo perché abbiamo utilizzato un’innovativa metodologia di design per componenti in cui si da un’importanza strategica al disassemblaggio del prodotto a fine vita per il riuso o il riciclo dei suoi componenti.

Se considero invece il sistema prodotto il progetto sicuramente più interessante è stata l’applicazione del Systems design alla filiera del legno dell’Alta Val Chisone alla . Le problematiche più importanti di questo progetto hanno riguardato l’analisi di input e output dell’intero processo legato alla filiera del legno, e la valutazione ambientale delle ipotesi per realizzare un Sistema Aperto senza scarti ad imitazione di quanto avviene in natura in cui non esiste il concetto di “rifiuto”.

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  • 4. Secondo te da Ecodesigner con obiettivi ben chiari, quali sono gli ostacoli più comuni che ti trovi ad affrontare più spesso?

Attualmente gli ostacoli più grandi sono di tipo culturale e politico/normativo per il fatto che la sostenibilità ambientale non è ancora una priorità progettuale. Nella mia breve esperienza, ho però constatato positivamente, un’attenzione delle aziende e degli enti più innovativi a queste problematiche. Fino ad ora il perseguimento della sostenibilità ambientale e sociale è sempre stata considerata un costo in più per un’azienda dal momento che l’attuale modello economico/produttivo non considera tra i costi il carico  ambientale.

Ci si sta rendendo conto con l’esaurimento delle risorse minerarie, petrolifere e naturali in genere, che i carichi ambientali e sociali hanno un costo decisamente elevato, e che conviene, dal punto di vista economico, sociale e ambientale perseguire la strada dell’ecocompatibilità piuttosto che riparare i danni di politiche miopi.

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  • 5. Sostenibilità e industria come vedi personalmente combaciare i due fattori?

Penso che siamo di fronte ad una Nuova Rivoluzione Industriale, ritengo infatti che l’attuale modello produttivo lineare “dalla culla alla tomba” non abbia alcun futuro. Bisogna imparare dalla Natura, studiare i meccanismi per mezzo dei quali la materia e l’energia si spostano e si trasformano continuamente senza che vengano creati rifiuti.

Ritengo molto interessanti gli studi di Janine Benyus sulla biomimesi così come ritengo assolutamente innovativi i progetti realizzati da Zeri e dallo studio McDonough. Immagino un futuro industriale in cui ci saranno sistemi aperti dove gli scarti di un’azienda diventeranno materia prima per altri processi produttivi. Questo si rifletterà di conseguenza sul design dei prodotti e dei servizi.

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  • 6. Quali sono i nuovi orizzonti che vorresti esplorare?

Attualmente vorrei approfondire, attraverso un Master in Systems Design questa innovativa metodologia progettuale legata al progetto dell’intero sistema prodotto con l’obiettivo delle zero emissioni. Mi interessano inoltre gli studi sulla “forma della sostenibilità” come quelli effettuati da Lovegrove ispirati alle forme naturali e come quelli sul mondo dei frattali e del rapid prototyping. Parallelamente al mondo del design, ultimamente sono stato attratto dalle teorie sui campi morfici di Rupert Sheldrake che potrebbero avere delle ricadute importanti sui concetti di comunicazione e design.

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  • 7. Progetti per il futuro?

In questi mesi sto cercando di dar vita ad un concetto di Design Opensource attraverso la progettazione di oggetti con materiali a fine vita che gli “utenti finali” possono realizzare da sé. Questo concetto deriva da un lato dall’affascinante progetto “Autoprogettazione” di Enzo Mari e dall’altro dalla volontà di avvicinare il design ecocompatibile alle persone.

Penso che in questo modo si sviluppi la capacità progettuale “dell’utente finale” educandolo e sensibilizzandolo ad un riutilizzo di materiali normalmente buttati in discarica. Naturalmente i progetti verranno perfezionati dall’utente/produttore contribuendo a migliorare e perfezionare il progetto.

Spero inoltre di riuscire a collaborare all’interno di Torino Geodesign per la realizzazione di supporti che permettano la collocazione sui mezzi pubblici delle biciclette.

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