Cisgenica: La Nuova Frontiera dell’Agroalimentare. Introdurre Geni da Specie Simili e Familiari per Combattere Malattie, Funghi e Batteri. Obiettivo? Combattere la Chimica Agraria

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Zoom

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Pubblicato il giorno 06 aprile 2009 - Nessun commento



   


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La cisgenica è un processo mediante il quale i geni possono essere trasferiti artificialmente tra organismi “parenti” che potrebbero essere coltivati convenzionalmente. Infatti a differenza della transgenesi, nella cisgenica vengono trasferiti solo geni di organismi strettamente imparentati. In Europa attualmente questo processo è disciplinato dalle stesse disposizioni legislative della transgenesi ma i ricercatori ritengono che questa legislazione dovrebbe essere modificata e meglio regolamentata rispetto al quella riferita alla transgenesi. L’utilizzo della cisgenica inoltre per molti scienziati dovrebbe essere meglio realizzata e non affrontare le stesse critiche mosse contro la classica modificazione genetica. La cisgenica ha il vantaggio rispetto al processo convenzionale di miglioramento della specie dato che può fornire nuove varietà di colture più velocemente e con poca spesa. Un esempio chiaro di cisgenica è rappresentato dalla sua possibile applicazione di creare una patata resistente ad alcuni batteri prendendo questa “resistenza” da varietà di patate selvatiche.”

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La biologia molecolare oggi permette di abbreviare i tempi nell’opera di miglioramento genetico delle piante utili all’uomo. E la cisgenesi è lo strumento più innovativo per realizzarla.“In principio fu la fragola, poi venne il melo. Mentre la UE ha bocciatola proposta di superare la moratoria sul mais OGM, una nuova generazione di biotecnologie verdi si sta facendo largo. . Non più quindi organismi transgenici, ma cisgenici. Dal punto di vista metodologico si utilizzano le stesse tecniche usate per ottenere organismi geneticamente modificati, ma il risultato che si ottiene è del tutto simile a quello che si sarebbe potuto avere attraverso la normale riproduzione sessuata. Uno degli artefici di questa tecnica è il fitopatologo del Politecnico di Zurigo Cesare Gessler, che da anni sviluppa questa metodologia in collaborazione anche con l’Università di Bologna.

Con l’inserimento di geni “amici” è possibile ottenere, per via vegetativa, piante cisgeniche, che risultano essere piante con caratteri genetici del tutto uguali a quelli della specie di partenza. La nuova tecnica di biologia molecolare permette cioè di arrivare più in fretta a inserire in tutte le piante coltivate, tra cui il melo è pioniere, i caratteri più utili all’uomo, come la resistenza alle malattie, abbreviando quello che l’uomo ha fatto nei secoli con il miglioramento genetico. “È sbagliato condannare ciecamente in blocco la tecnologia. Dobbiamo valutare i prodotti”, sostiene Gessler.

“I contadini e la popolazione in generale rifiutano i vegetali transgenici, perché in tal modo, almeno teoricamente, si evitano determinati rischi. Per esempio geni estranei inseriti in una pianta potrebbero produrre sostanze che provocano allergie. Un altro timore è che incroci producano delle “supererbacce” invasive, resistenti agli erbicidi. Molti di questi problemi in realtà non esistono, quando vengono modificati geni della stessa specie. Nel caso specifico, geni provenienti da un melo sono già stati consumati un’infinità di volte. Anche il rischio che un incrocio con altri tipi di meli produca una nuova specie nociva è escluso, poiché i geni resistenti si sono già diffusi da secoli”, osserva Gessler. Il processo di cisgenesi si svolge in 5 fasi:

  1. Isolamento del gene target da una pianta donatrice.
  2. Introduzione di questo gene attraverso trasformazione genetica in una coltivazione con alti standard qualitativi.
  3. Valutazione delle piante cisgeniche.
  4. Applicazione dei “plant breders’ rights” (PBR, o brevetti a tutela dei breeders per le novità vegetali).
  5. Introduzione della nuova varietà cisgenica.

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Gessler ospite agli Incontri Fitoiatrici torinesi, ha condotto la sua sperimentazione sul melo, una tra le più importanti colture delle zone a clima temperato europee ed anche una delle prime piante ad essere sottoposta ad analisi molecolare. L’idea di utilizzare la cisgenica, è partita proprio dalla considerazione che l’incorporazione di geni da donatori come batteri, funghi o insetti, che non sono non compatibili con il genoma del ricevente (tecnica della transgenesi) che come sappiamo provoca questioni altamente controverse. Per ovviarvi, il Professore, in collaborazione con ricercatori italiani, ha optato per l’impiego di geni di resistenza già presenti nel genere Malus e nelle numerosissime specie che da esso hanno avuto origine in modo naturale.

Grazie alla cisgenica i geni di resistenza utilizzati nella sperimentazione sono presenti nel melo selvatico (appartenente al genere Malus come nei meli allevati per frutticoltura ) e lo preservano dagli attacchi di due tra le più importanti malattie che possono colpire le pomacee: la “ticchiolatura”, causata dal fungo Venturia inaequalis, e il “colpo di fuoco batterico”, il cui agente, un batterio, per la sua pericolosità è inserito nella lista europea dei patogeni da quarantena ed in Italia è soggetto alle misure di lotta obbligatorie. Allo stato attuale delle cose, le due malattie costringono i frutticoltori ad eseguire trattamenti con agrofarmaci per arrivare alla raccolta dei frutti: ad esempio in Piemonte, il numero di trattamenti ammonta a 10-12 per ciclo colturale, con le indubbie conseguenze sulla salute degli operatori e dei consumatori, sempre più propensi a preferire prodotti non contaminati da prodotti chimici, e dell’ambiente.

“In realtà, la tecnica di ibridazione classica ha già permesso di sviluppare piante che resistono a queste specifiche  patologie, ma le mele geneticamente modificate avevano un sapore differente. L’approccio cisgenico infatti consenti di superare anche questo limite, ottenendo frutti con le medesime caratteristiche organolettiche, ma evitando  di introdurre nei meli materiali genetici provenienti da altri organismi estranei, come per esempio un fungo, un insetto o un batterio.“

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La metodologia della cisgenica, ovviamente, presenta ancora dei lati migliorabili e passibili di ulteriori ricerche, come ad esempio il fatto che l’inserimento del cisgene nel genoma avviene in modo casuale, per cui nell’espressione genica potrebbero sorgere imprevisti. Altre problematiche come abbiamo visto riguardano poi la legislazione di riferimento, che dovrebbe distinguere questa nuova tipologia di prodotti cisgenici da quelli transgenici propriamente detti.

E, per finire, ci sono i problemi legati ai costi per la preparazione di un appropriato dossier per la realizzazione dei prodotti cisgenici, stimati in alcuni milioni di euro. Costi di cui dovrebbe farsi carico, ne sono convinti i ricercatori interessati, l’ente pubblico e non l’organismo privato, come è successo con i prodotti transgenici. Ad esso infatti si richiede di essere accorto nell’esame degli effettivi problemi di tipo ambientale legati alle pratiche agricole correnti e, pensando al domani, attento e responsabile nel valutare, confrontandoli, i possibili rischi per il benessere dei cittadini e dell’ambiente derivanti dal mantenere, in agricoltura, tecniche consolidate o adottarne di nuove.

“L’avvio agli impianti delle nuove mele cisgeniche è previsto per l’autunno 2009”, spiega Gessler che dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica è stato sostenuto con quasi mezzo milione di franchi dato che “questa tecnica di mutazione genetica elimina molti problemi. Con i nostri meli resistenti alla ticchiolatura, si potrebbero evitare le 10 – 12 applicazioni per stagione”, conclude Gessler. “Si tratta di una quota di successo molto elevata e che ci deve senz’altro far riflettere”.

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