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Ci saranno nuove strade, una nuova scuola, una farmacia e anche un adeguato approvvigionamento di acqua. Oltre a nascere 5000 nuovi posti di lavoro. “Se nasceranno veramente queste cose, quindi è una cosa buona” afferma Juma Njagu, 26 anni, che spera di essere in grado di lavorare in una di queste nuove occupazioni. Njagu vive a Mtamba un villaggio di circa 1100 anime in Tanzania nel distretto di Kisarawe, circa 70km a sud-ovest di Dar es Salaam, la città più grande. A Mtamba vi si accede attraversando una strada sterrata, è un luogo dove le persone riescono a guadagnare pochi soldi solo con l’agricoltura, la pesca e la produzione di carbone. Non c’è molto altro a Mtamba. Tutto potrebbe cambiare se alcune società procedessero con i propri piani per la produzione di biodiesel estratto dalla Jatropha Curcas.
Il governo della Tanzania ha così rilasciato all’impresa britannica l’uso di 9000 ettari a bassa densità di popolazione per un periodo di 99 anni gratis. In cambio, la società investirà circa $ 20 milioni per realizzare strade e scuole, portando un minimo di prosperità alla regione. La società non è la sola. Un mezza dozzina di altre società dai Paesi Bassi, USA, Svezia, Giappone, Canada e Germania hanno già inviato le loro richieste in Tanzania. La ProKon, società tedesca conosciuta principalmente per le sue turbine eoliche, ha già iniziato la sue coltivazioni di Jatropha Curcas su larga scala. Ed ora si aspetta di ottenere 200.000 ettari, un’area delle dimensioni dello stato del Lussemburgo dalla Tanzania.
La corsa al nuovo oro ha preso piede non solo in Africa orientale ma in tutto il continente. In Ghana, la società norvegese di Biofuel Africa si è assicurata i diritti per 38.000 ettari di agricoltura e Sun Biofuels è in trattative con Etiopia e Mozambico. Kavango Bioenergy, una società britannica, ha in programma di investire milioni di euro nel nord della Namibia. Numerose altre società stanno trasformando il Malawi e la Zambia, dove hanno intenzione di produrre biodiesel da Jatropha Curcas, olio di palma e canna da zucchero. Gli investitori stranieri hanno i loro occhi puntati infatti su 11 milioni di ettari in Mozambico (più di 1/7 del paese) per la coltivazione di colture bioenergetiche. Il governo etiope ha anche reso disponibili 24 milioni di ettari per lo stesso scopo.
Ma le conseguenze di questo boom sono drammatiche. Gli esperti concordano che la spinta in tutto il mondo dell’aumento della coltivazione delle piante bioenergetiche tende nella stragrande maggioranza dei casi all’esplosione dei prezzi dei prodotti alimentari. Secondo uno studio della Banca Mondiale, il 75% dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari sarebbe dovuto a questo cambiamento di tipo di colture e di allevamento. Molti agricoltori nei paesi industrializzati sono felici di accettare sovvenzioni pubbliche per coltivare mais e colza ma questo diminuisce le aree di terra dedicate a grano, patate e legumi. L’olio estratto dalle piante non è ancora in concorrenza con l’allevamento intensivo nel territorio africano.
Gli investitori sostengono che la terra che utilizzano è comunque incolta o sottoutilizzata. Ma l’aumento dei prezzi alimentari e la crescita della popolazione aumenterà e anche la pressione del Sud del mondo per non poter convertire maggiormente i terreni ad uso agricolo. Per gli investitori, impianti di colture bioenergetiche in Africa sono molto redditizie. Il petrolio che diventerà sempre più scarso nel prossimo futuro rende più facile la produzione di biocarburante. Sun Biofuels ha calcolato 2500 litri per ettaro dalle sue coltivazioni in Tanzania.
E la produzione diventa redditizia non appena il prezzo del barile di petrolio raggiunge i $ 100 sul mercato mondiale. L’Africa offre così biodiesel praticamente a condizioni ideali: terra sottoutilizzata, bassi prezzi dei terreni, proprietà spesso poco chiara e regimi governativi facilmente influenzabili.
Ma in nessuno di questi luoghi sono state prese in considerazione le necessità dei residenti locali. Il Ghana Environmental Protection Agency dichiara che 2600 ettari di bosco sono stati tagliati. In Tanzania, nonostante nella regione esistano molti scettici sull’argomento “che tutto migliorerà”, molte comunità prima di dare il proprio consenso avevano posto le proprie condizioni. “Esistono ancora molte incognite” spiega Peter Auge, manager della Sun Biofuels.
La società promise comunque investimenti sociali, anche se non facevano parte degli accordi sulla terra in uso. Il governo locale poi insistente sul fatto la terra doveva essere pagata, gli investitori conclusero comunque un ottimo affare pagandola un prezzo ridicolo: 9000 ettari a € 450.000 per essere utilizzata un secolo. Ad una settantina di chilometri a sud, sul fiume Rufiji, migliaia di residenti sono costretti a spostarsi per rendere possibile alla società svedese Sekab di piantare la sua canna da zucchero sostenibile necessitando di molta acqua ed una coltura intensiva per una superficie complessiva di 9000 ettari di cui 5000 già approvati. Il fiume e le zone umide lungo le sue sponde sono l’unica fonte di acqua potabile per migliaia di persona e la Sekab prevede già di toccare questo bacino per irrigare le sue piantagioni.
Trasparenza? Inesistente. Risarcimento? Nessuno. Informazioni? Scarsissime. Naturalmente il responsabile sudafricano per le relazioni pubbliche con la Sekab, Josephine Brennan, vede solo cose buone per il futuro della Tanzania. L’agricoltura dei biocarburanti permetterà la nascita di nuove scuole e nuove strade traducendosi in nuove opportunità per la popolazione della Tanzania. Secondo Brennan i piccoli agricoltori avranno la loro grande occasione di guadagnare di più in futuro grazie all’espansione dei biocarburanti e fino a 3 milioni di persone in Tanzania potrebbero essere salvate dalla povertà.
Ma Le rosee previsioni di Brennan non riflettono le opinioni dell’Africa orientale. Uno studio sugli impianti bioenergetici in Tanzania condotto da una cooperativa tedesca elenca tutta una serie di effetti collaterali negativi. E questa non è la prima volta che investitori occidentali hanno promesso prosperità per la Tanzania.
Immagine da Flickr.com
Dalle piantagioni di caffè alle grandi miniere per scavare l’oro: “Ci avevano promesso numerosi posti di lavoro, nuove strade, nuovi pozzi e nuove scuole”, afferma il giornalista Jospeh Shayo, “e che cosa è successo? Nulla e per rendere le cose peggiori le zone minerarie sono state recintata divenendo inaccessibili per i residenti.” A Dar es Salaam, il governo ha riconosciuto che il boom delle coltivazioni bionergetiche sta creando non pochi problemi “Le coltivazioni bioenergetiche non possono essere un’alternativa alla produzione alimentare”, ha dichiarato il presidente Kikwete, in risposta al diffuso risentimento nel suo paese sull’aumento del costo dei generi alimentari. Ma Sekab e Sun Biofuels hanno già affermato che vogliono espandere la produzione fino a raggiungere i 50.000 ettari il più presto possibile.
[ Links utili e approfondimenti ]
14 febbraio 2009 alle 14:32
Vorrei dire solo tre cose:
1) Il problema è reale
2) Le stime della banca mondiale puzzano. Dato che non vi sono fatti che dimostrino chiaramente le loro stime ognuno può dire ciò che gli passa per la testa. Il problema dell’aumento dei prezzi degli alimentari secondo me è un problema creato ad hoc per mettere i bastoni tra le ruote allo sviluppo dei biocarburanti. Entrare nel dettaglio mi farebbe dilungare moltissimo però il punto è semplice: il prezzo in economia si forma tra domanda e offerta e guarda caso entrambi i fattori sono umani!
3) Non voglio accusare nessuno. io non conosco la situazione quindi non è un’accusa la mia. I governi africani (non tutti) sono noti per la loro non propria efficienza (sono stato gentile con i termini)… Se ponessero prezzi o condizioni che favorissero davvero il loro popolo, molti problemi potrebbero venire risolti ! Vi rendete conto ? Paesi poverissimi che ad un certo punto di vedono una marea di investitori stranieri venire a portare soldi e compagnia bella… Se solo le cose fosse trasparenti e i guadagni non finissero nelle tasche dei soliti molti problemi verrebbero risolti.