L’Hacking dell’Architettura Concettuale. Urban Space Station: dal Tetto Verde all’Agricoltura Urbana Passando per l’Open Source. Cibo, Verde, Qualità Ambientale, Sviluppo di Comunità Umane e Compostaggio

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Bioarchitettura

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Pubblicato il giorno 24 febbraio 2009 - Nessun commento



   


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Urban Space Station è un progetto che mira ad uno sviluppo locale della salute ambientale grazie alla realizzazione di un edificio e di uno spazio ben progettato. Descritto dal designer come un “parassita dell’architettura”, la semi-permanente struttura si potrebbe trovare in cima a qualsiasi tetto come di una città, obiettivo è utilizzarla per farvi crescere verdura e ortaggi riutilizzando i rifiuti organici degli abitanti dell’edificio su cui è installato “l’Hacker”.

L’Urban Space Station possiede sicuramente degli elementi molto positivi che fanno della struttura un progetto davvero avvincente ed innovativo seppur nella sua semplicità:

  1. La mobilità, ossia la possibilità di poter spostare o eliminare l’Urban Space Station dall’edificio.
  2. Metodi di costruzione su scala a seconda dell’edificio e degli abitanti.
  3. La produzione degli alimenti.
  4. Il miglioramento della qualità dell’aria negli ambienti chiusi.

Proseguendo il nostro dialogo che riguarda l’architettura sostenibile, l’Urban Space Station mette alla luce importanti fattori ed elementi della costruzione stessa su cui è installato. Alcuni temi infatti messi alla luce dal designer punta ad uno sviluppo di un’architettura aperta e delle possibilità che avrebbero gli enti locali di migliorare la salute ambientale.


URBAN SPACE STATION Sofia, Madrid 2008 from cesar harada on Vimeo

Il team dell’Urban Space Station fornisce i aperta progetti open source per costruire una proficua mini eco-sistema di questo tipo, che a sua volta può migliorare la salute ambientale per tutti i soggetti coinvolti, pur essendo un catalizzatore urbano di cambiamenti dello stile di vita della società. Urban Space Station punta ad un tentativo di spinta creativa ai confini della progettazione urbana per continuare la conversazione intorno a soluzioni sostenibili di vita. Così è fondamentale  continuare a ideare e produrre nuovi concetti che contestino le modalità del passato (e soprattutto del presente). L’Urban Space Station può essere considerato per questo un parassita dell’architettura urbana. Il suo obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita (aria, acqua, temperatura,  cibo, rifiuti, coesione sociale …) nelle città e negli spazi di esistenza umana dove possono condividere fauna e la flora. Il primo prototipo ora realizzato è delle dimensioni del 40% del reale. Progettato da Natalie Jeremijenko (NYU) e Angel Borrego (OSS), è finora stato realizzato da Cesar Harada (RCA).

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L’Urban Space Station vuole essere concepito per esplorare la frontiera dello spazio urbano: i tetti, in particolare grazie al crescente movimento e crescita del verde e la contestuale domanda di miglioramento delle costruzioni. I tetti verdi nonostante sono un concetto relativamente nuovo, se non l’ultima frontiera dello spazio urbano con l’Urban Space Station vengono colonizzati ad un ritmo allarmante, promettendo diverse prestazioni di servizio ambientale, molti, in tutto o almeno in parte destinati anche come risorsa per l’agricoltura urbana. La forma dell’Urban Space Station è motivata al fine di massimizzare il calore radiante e l’energia termica interna distribuita che migliora la situazione del controllo dell’agricoltura intensiva all’interno. Il progetto Urban Space Station vede in sé raggruppati in 2 principali approcci:

A] Fornire un livello di vegetazione con un minimo di manutenzione ed altre infrastrutture,  massimizzando i servizi ambientali forniti a:

  1. La costruzione e le sue specifiche;
  2. Il quartiere e i dintorni;

L’edificio gode così di un migliore isolamento termico e acustico oltre alla riduzione del fabbisogno energetico speso dai sistemi di riscaldamento e condizionamento.

B] Fornire habitat e risorse alimentari per diversi organismi e piante; migliorando e massimizzando la biodiversità urbana. Sicuramente questo richiede un complesso modello di organismi interdipendenti, sfidando la progettazione che può sfruttare la capacità strutturale irregolare del tetto con la possibilità di creare una serie differenziata di habitat. Si richiede anche un approccio eco-sistemico, piuttosto che il lavoro d’immagine ed estetico di un architetto del paesaggio.

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