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Il livello dei mari è in aumento del doppio rispetto le previsioni fatte dall’ONU esattamente solo due anni. Ma la minaccia della catastrofe per centinaia di milioni di persone, come gli scienziati hanno affermato nel nuovo drammatico allarme sui cambiamenti climatici, sembra non sconvolgere più di tanto i grandi media. La rapida fusione del ghiaccio in Groenlandia e nell’Antartide potrebbero per Bangladesh, Birmania ed Egitto, far vedere gran parte delle loro superfici svanire. L’urgente conferenza sul riscaldamento globale tenutasi a Copenaghen in Danimarca ha visto i dati presentati da scienziati provenienti da Stati Uniti, Australia, Francia e Germania, L’incontro svolto voleva fare un punto della situazione e da overture alla conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, che si svolgerò nella capitale danese nel mese di dicembre.
Ma cambiamo scenario. 9 Kma sud del Circolo Polare Artico, Alaska, in un silenzio totale una giovane donna si ferma, scarabocchia dei dati, scatta una foto e prende delle misure riguardo lo spessore del ghiaccio. “Ogni volta che vedo le bolle, ho la stessa sensazione”, spiega Katey Walter, ricercatrice dell’Università degli Studi dell’Alaska. Quando Katey rompe il ghiaccio ed un curioso gorgogliare si percepisce da sotto il ghiaccio, è metano, un potente gas a effetto serra che potrebbe accelerare il ritmo del cambiamento climatico. Si torna proprio con nuovi studi e ricerche in questo periodo sull’argomento bomba a metano a orologeria, dopo che già ormai da 5 anni fu studiato il pericoloso fenomeno. Gli esperti internazionali sono allarmati. “Il rilascio di metano a causa dello scongelamento del permafrost nella regione artica provocherebbe una rapida accelerazione dell’effetto serra”, avverte una relazione compiuta dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite lo scorso anno. “Grandi quantità di metano infatti starebbero entrando nell’atmosfera sempre in percentuale maggiore”, continua la ricerca, “e potrebbe a cambiamenti improvvisi nel clima probabilmente irreversibili.”
Fonti geologiche indicano che qualcosa di simile è già successo almeno due volte prima nella storia. La più recente di queste catastrofi, si è verificata circa 55 milioni di anni fa in quello che i geologi chiamano il Paleocene–Eocene Thermal Maximum (PETM), quando una bolla di metano ha provocato un rapido riscaldamento del pianeta fin tanto da perturbare il clima per più di 100.000 anni. Il nonno invece di queste catastrofi si è verificato 251 milioni di anni fa, alla fine del periodo Permiano, quando una serie di bolle di metano erano vicine a cancellare tutte le forme di vita sulla Terra. Più del 94% delle specie marine presenti in quel record di fossili sono scomparse improvvisamente.
Il metano cattura almeno 20 volte più calore rispetto ad un importo equivalente di CO2. Con il riscaldamento del clima il disgelo del permafrost dell’artico Artico, rilascerebbe qualcosa come 50 miliardi di tonnellate di metano liberati solo dai laghi siberiani. E ciò equivarrebbe a 10 volte la quantità attuale di metano presente nell’atmosfera. Secondo Katey Walter le emissioni di metano dai laghi nell’Artico sono stati in passato un importante contributo per un riscaldamento globale più di 11.000 anni fa. “Come già è successo, il metano verrebbe rilasciato e potrebbe continuare sempre più rapidamente e a larga scala nel prossimo futuro”, spiega la Walter, che chiama questo fenomeno, “bomba ad orologeria”.
Quando il materiale organico, come piante e animali morti, marcisce, si produce metano e anidride carbonica. Nell’Artico, la maggior parte del materiale organico è congelato nel permafrost. Ma come il ghiaccio all’interno del permafrost si scioglie, le piccole bolle bloccate nel suolo salgono attraverso l’acqua di questi laghi e si rilasciano nell’atmosfera. Gli studi della Walter “hanno ottenuto di recente molta attenzione,” spiega John Walsh, scienziato capo dell’International Arctic Research Center di Fairbanks. “Katey Walter ha trovato la prova diretta delle fuoriuscite di metano nei diversi laghi a diverse latitudini.”
Negli ultimi due anni di ricerca finanziati dalla National Science Foundation e dalla NASA, diversi team di scienziati hanno condotto nuove ricerche fra Siberia e Alaska. E trapanando il permafrost in diverse zone, hanno mappato le fuoriuscite del metano che filtra più facilmente e analizzato i dati hanno prodotto un modello di come i laghi di metano in Siberia potrebbero influenzare il clima della Terra. Ma i laghi siberiani non sono l’unica fonte di fuoriuscite di metano, anzi, altri scienziati a bordo di una nave da ricerca hanno navigato per tutta la lunghezza della costa settentrionale della Russia scoprendo nell’oceano intense concentrazioni di metano, talvolta fino a 100 volte i normali livelli. Anche qui gli scienziati ritengono che il substrato di permafrost, nell’oceano, che finora ha agito come un “coperchio” per impedire la fuoriuscita del gas, sciolto il substrato si è consentito il risalire di metano dall’oceano nei depositi formati prima dell’ultima era glaciale.
E tutto questo naturalmente mentre i capi di stato si ingegnano per arginare la valanga finanziaria globale. Ma per scoprirlo bisogna leggere i giornali stranieri: “The methane time bomb”, “La bomba a orologeria del Metano” segnala l’Independent. Sicuramente l’allarmismo non ha contagiato i nostri media a differenza del giornale britannico e di tutti gli altri da tutto il mondo che seguono piuttosto con attenzione l’argomento. Ricordiamo anche lo Spiegel OnLine che ha addirittura ripubblicato l’articolo per ricordare l’importanza delle nuove ricerche. E mentre fino ad ora questa idea è stata in gran parte un’ipotesi accademica: ora sta già accadendo.
“Il risultato sarebbe un catastrofico riscaldamento globale” conclude Natalia Shakhova, biogeochimica russa ospite presso l’Università di Fairbanks in Alaska, che con i suoi colleghi hanno volato sopra il delta del fiume Lena che si getta nell’oceano. “In volo di elicottero sopra il delta del fiume Lena, la maggiore concentrazione di metano è stata misurata ad altitudini di circa 1800 metri”, spiega la Shakova. Ma le ricerche allarmati provengono da tutti gli scienziati del mondo. I dati di perforazione offshore nella regione Siberiana, studiati da esperti dell’Alfred Wegener Institute for Polar and Marine Research (AWI), hanno indicano che la situazione critica è cresciuta rapidamente negli utili anni. “Nessuno può dire quando questa bomba esploderà, ci vorranno anni, decenni o centinaia di anni”, continua la Shakova. “Ma non si possono assolutamente escludere improvvise grandi emissioni di metano. E questo potrebbe accadere veramente in qualsiasi momento”.
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