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Andiamo con ordine: le fonti rinnovabili sono definite dalla direttiva 2003/54/CE e dalla 2009/28/CE come fonti disponibili con una capacità di rigenerazione superiore al loro consumo. Tra le fonti “rinnovabili” troviamo l’eolico, il solare, il geotermico l’idroelettrico ed altre ancora…
Le fonti rinnovabili discendono e si inseriscono nel più ampio discorso del Protocollo di Kyoto (dicembre 1997) considerabile a tutti gli effetti quale motore del cambiamento in tutti i settori ad elevata domanda di energia. Obbiettivo del protocollo firmato dagli stati (recepito dalla Comunità europea nel Dicembre 2001) è quello della progressiva riduzione di emissione dei 6 gas ad effetto serra ovvero: biossido di carbonio, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, ed esafluoruro di zolfo.
Il protocollo vincola gli stati che vi hanno aderito ad una politica energetica orientata ad una progressiva riduzione dell’aumento dei suddetti gas cui si è attribuito un effetto “climalterante”. Per esempio l’Italia dovrà ridurre l’emissione di CO2 del 6,5% rispetto a quelle stimate nel 1990. Quindi in linea generale possiamo affermare che l’impiego delle “rinnovabili” dovrebbe conseguire l’obbiettivo di una produzione di energia “pulita” intesa come produzione di energia con riduzione della immissione in atmosfera dei “gas serra” con il fine ultimo del rientro nei parametri fissato dal Protocollo.
Ma ancora mi chiedo come il fotovoltaico riesca a contribuire a questo meccanismo: mi spiego: se sul tetto di una villetta (o di un capannone industriale) riscaldata a metano installiamo un impianto fotovoltaico (senza alcun intervento diretto alla riduzione di fabbisogni di energia) contribuiamo a questo meccanismo “solo” con la produzione di elettricità che poi viene riversata in rete (con l’esclusione di quella eventualmente consumata istantanemente) nel qual caso la caldaietta a metano continuerà comunque a produrre CO2…
Diverso il caso in cui per un immobile il sistema di generazione a metano venga sostituito con un generatore a pompa di calore elettrico ad elevato COP (ma qui stiamo già ipotizzando un intervento di miglioramento dell’efficienza energetica!) in questo caso potremmo dire che, se l’impianto fotovoltaico fosse “classicamente” dimensionato, l’energia elettrica prodotta annualmente (e riversata in rete) potrebbe “compensare” quella prelevata dalla rete stessa. Credo sia inesatto parlare di “autosufficienza” energetica, in realtà credo sia più corretto parlare di “saldo” (attivo o passivo) dei consumi elettrici… Non voglio ora addentrarmi nel calcolo analitico della CO2 emessa ma anche qui in realtà i conti forse non tornano: con l’attuale efficienza del sistema di Italiano di produzione di energia elettrica posto pari ad un fattore di 2,8 (circa) abbiamo che per produrre 1000 Kwh elettrici al contatore ne servono 2800 Kwh da altro combustibile in centrale e se ammettessimo di aver prelevato 2000 Kwh annui per la climatizzazione invernale (ipotesi tutto sommato realistica con una pompa di calore con un buon COP) e ne avessimo ottenuti 3300 da un impianto fotovoltaico piccolo (3 KW di picco) il saldo di energia primaria sarebbe comunque in rosso di 2400 kwh (2000 x 2,8 = 5600 – 3300 = 2400).
Penso che ormai sia difficile arrestare questa “moda”: tanti hanno fiutato la convenienza economica dell’investimento fotovoltaico e, nonostante le tariffe meno vantaggiose del 4° conto energia, peraltro controbilanciate da una riduzione del costo di installazione per Kw di picco, la spinta del fotovoltaico non è destinata a fermarsi a breve. Il vantaggio economico è innegabile: con il contributo in conto energia l’impianto si ripaga in 10/12 anni mentre si “guadagna” con il contributo del GSE fino al 20° anno.
Ma Quanto Costa alla Collettività Questa Fonte “Rinnovabile”?
Con gli incentivi al fotovoltaico si preleveranno dalle bollette elettriche degli italiani qualcosa come 90 miliardi di euro nei prossimi 20 anni (pari a 9000 MWh di picco installati con tariffe 2010 x 1250 MWh di produzione media nazionale x 380 euro/MWh x 20 anni = 90 miliardi di euro). Tale “costo” verrà silenziosamente prelevato (all’insaputa di molti) dalle nostre bollette elettriche attraverso un piccolo 7% di cui, una parte finirà realmente alle rinnovabili mentre, la quota più rilevante, verrà destinata per le fonti “assimilate” (petrolio e inceneritori) e per finanziare lo smaltimento delle scorie nucleari delle centrali degli anni 80.
Considerato però che la domanda interna di energia elettrica nel 2010 è aumentata del 3% (a fronte di una previsione di riduzione della stessa) attestandosi ad un ragguardevole 330,5 TWh di cui il 22,8% prodotto da “rinnovabili” nel quale il solare occupa un piccolo 0,6% con 1,9 TWh (fonte GSE) mi chiedo: non stiamo ancora inseguendo il problema? Non dovremmo prima ridurre i nostri consumi puntando sull’efficienza in tutti i comparti? A fronte di questo modesto contributo era il caso di incentivare così generosamente (con il sistema del Conto Energia) questo settore, generando una “sbornia” da fotovoltaico e conseguente “bolla” speculativa iniziale sui prezzi al Kw di picco dei pannelli cui il governo ha tentato goffamente di porre rimedio suscitando tensioni con le associazioni del settore? Perché la relazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas sul triennio 2009-2011 è rimasta del tutto disattesa laddove si è sottolineato che “…sostenere gli incentivi in atto per lo sviluppo dell’energia fotovoltaica con le attuali tecnologie ancora troppo costose non è a lungo sostenibile in rapporto al contributo atteso da questa fonte energetica…” (punto 2.1.4 – allegato A).
Una risposta forse c’è e credo di averla trovata notando il grande interesse con il quale anche le banche hanno seguito tutta la vicenda. Sono diffusissimi prodotti bancari specifici per le operazioni di installazione del solare fotovoltaico: finanziamento ad hoc, leasing, ecc grazie al quale un cittadino può ricevere il suo bravo finanziamento a tassi “ragionevoli” in quanto, evidentemente, il rischio per l’erogatrice è pressoché nullo perché garantito dal contributo in conto energia versato dallo stato che lo ha prelevato dalle nostre bollette. È chiaro quindi che dopo il pasticcio del 3° conto energia le istituzioni bancarie si siano presentate in prima fila per chiedere regole certe, non tanto, forse, per avere certezza della riduzione della CO2, quanto, più probabilmente, per avere certezza del business che sta dietro il fotovoltaico.
E così, fra stime “ballerine” riguardanti l’effettiva produzione nostrana di CO2 (la produzione effettiva di CO2 non è misurata, bensì in parte “rilevata” e in parte “stimata” da ogni stato in relazione alla domanda interna di combustibili) la Commissione Europea ha chiesto all’Italia di conformarsi alle norme UE in materia di rendimento energetico in edilizia, minacciando il ricorso alla Corte di Giustizia europea. Questa potrebbe essere la “leva” necessaria per spingere il Governo ad una proroga del sistema delle detrazioni del 55% successivamente al 2011. Una soluzione, questa, utilizzata da più di 600.000 famiglie (secondo altre fonti addirittura da più di 1.000.000) che ha ridato fiato ad un settore, quello dell’edilizia e del suo indotto, che oggi si trova in evidente condizione di sofferenza ma, soprattutto, potenzialmente in grado di dare una spinta verso l’efficienza energeticacon una riduzione dei consumi e una conseguente riduzione delle emissioni in atmosfera.
Il tutto in sintonia con la strada tracciata dal seminario internazionale organizzato dal Comitato Termotecnico Italiano dal quale è emerso, ancora una volta, che la prima risorsa energetica per l’Europa è l’efficienza energetica, così come sottolineato al punto 3.1 del citato allegato A della relazione triennale dell’Autorità per l’Energia, laddove si sostiene che ”…l’efficienza energetica sia la fonte virtuale di energia realisticamente più importante cui sia possibile ricorrere in termini quantitativi significativi, per sostituire le fonti fossili e per rispettare gli impegni assunti dal nostro paese in termini di riduzione delle emissioni di CO2”.
27 ottobre 2011 alle 08:10
Buongiorno, ho letto l,articolo sul FUEL MAISTER, vorrei sapere dove è possibile trovarlo . Grazie
28 ottobre 2011 alle 15:12
Quando autoconsumiamo 1 kWh di energia del nostro impianto FV stiamo “evitando” di far produrre in Italia 2,17 kWh di energia primaria.
3 novembre 2011 alle 17:02
Rilancio e sviluppo economico: il Progetto Gustavo Gesualdo
L’economia italiana traballa, cercando il modo di venir fuori da una crisi strutturale del paese che si accompagna ad una crisi economico-finanziaria di dimensioni epocali, con tempeste finanziarie che distruggono il duro lavoro di decenni di crescita economica imprenditoriale, artigianale e industriale in pochi minuti in crolli verticali della borsa italiana.
Ma come sarà possibile riprendere la marcia della crescita economica in questa situazione di immobilismo totale?
Ecco, cosa farei se io fossi il premier italiano per un giorno?
Affiderei la ripresa della crescita economica del paese alla edilizia.
Stupor mundi.
Ma sei impazzito?
In un paese già grandemente mortificato da una urbanizzazione dei palazzinari più spietati del mondo, vorresti costruire ancora palazzi e palazzi e palazzi?
Beh, non è proprio questa la mia idea.
Avvierei una epocale riqualificazione di quanto già costruito per abbatterlo e ricostruirlo secondo i nuovi criteri geologici, criteri di geologia applicata, di prevenzione del rischio idrogeologico, di prevenzione del rischio sismico, di rispetto dell’ambiente e di risparmio energetico che le moderne tecnologie offrono.
Avete una sia pur minima idea dei numeri che una colossale opera di riqualificazione urbana di questo tipo potrebbero offrire in termini di ripresa economica?
Ci sarebbe da lavorare per almeno mezzo secolo, anzi, per sempre, se si associasse a questa ideuccia un metodo costruttivo che abbandoni le pesanti e sismicamente pericolose strutture in cemento armato, per avviare un nuovo (per l’Italia) modello tecnico della costruzione edilizia con strutture portanti in ferro.
Una struttura costruita con anima portante in ferro, ha infatti una durata ben definita.
Al momento della costruzione si deve anche prevedere il momento in cui quella costruzione andrebbe abbattuta e ricostruita.
I benefici sarebbero enormi:
una economia edilizia continuamente al lavoro, a partire dall’aspetto geologico, a quello ingegneristico, da quello architettonico a quello paesaggistico per “riqualificare” tutto l’esistente edificato nel territorio che non sia di rilevanza storica e/o culturale;
una edilizia che ricostruisce ogni fabbricato apportando innovazioni continue fornite dalla ricerca sui materiali e sui metodi costruttivi.
Un paese che risorge dalle ceneri con una operazione edilizia che non aumenta di un solo metro cubo la volumetria esistente e che procede ad un maquillage nel quale si potrà addirittura donare un “senso culturale ed artistico” (ristrutturazione architettonica e paesaggistica) offrendo la possibilità ad ogni comune di adottare un unico o vari stili architettonici tipicizzanti, in modo da rendere questa operazione anche un volano per un turismo di tipo tutto nuovo:
il turismo storico-contemporaneo architettonico.
Pensate anche alla possibilità che avremmo di rimediare agli sfasci prodotti da decenni di edilizia selvaggia, eliminando brutture achitettoniche che distruggono l’immagine del belpaese che fu e che, soprattutto, non rispettano le normative e le dovute prudenze in materia di prevenzione del rischio idrogeologico e del rischio sismico.
Una straordinaria e continua opera di ricostruzione che porterebbe il settore edile ad essere un settore portante e trainante di tutta l’economia del paese, che potrebbe sbizzarrirsi nella ricerca universitaria, producendo innovazioni testabili praticamente al momento, avendo un settore edile che non si ferma mai più.
Inoltre, poiché l’intera operazione non potrebbe mai avvenire in pochi anni, ma si dilaterebbe praticamente per sempre, eventuali “errori di calibratura” nella innovazione tecnologica e della progettazione potrebbero incidere su tempi molto brevi, ricadendo solo sul numero di ricostruzioni sviluppate in quel tempo e non ripetendo gli errori progettuali e costruttivi per decenni e decenni, come è invece avvenuto nel passato.
Una occasione irripetibile per censire l’esistente ed adeguare il catasto alla realtà effettiva, snidando e colpendo i casi più clamorosi e pericolosi di abusivismo edilizio, senza andare invece a colpire le piccole modifiche per adeguare una abitazione alle esigenze delle famiglie.
Solo questa piccola idea di un cittadino qualunque, farebbe ripartire la macchina italia in una ripresa economica fenomenale, ambientalmente compatibile, innovativa nel risparmio energetico, di sprone alla ricerca universitaria come alla economia turistica come nessun’altra.
Immaginate pure che una regione normalizzi questa ricostruzione in tutto il territorio regionale o parti architettonicamente differenti di esso con un modello architettonico omogeneo e richiamato ad un passato remoto:
potremmo avere la regione Lazio della Antica Roma, la Lombardia Insubrica, la Toscana Rinascimentale e la Puglia Barocca o Romanica, Svevo-Normanna o Gotico-Angioina.
Avremmo infine la possibilità di spostare le abitazioni troppo vicine a siti pericolosi per la vita e la salute pubblica, troppo vicine agli insediamenti industriali o agli aeroporti, rilocalizzare termovalorizzatori o sedi produttive insediate in malo modo, prevenire le tragedie umane derivanti da costruzioni ad alto rischio idrogeologico e sismico, ridisegnare contemporaneamente l’intera rete stradale, ricostruire acquedotti fatiscenti, mettere veramente “in rete” tutto il paese e razionalizzare (e finalmente!) l’urbanistica di tutta l’Italia:
una possibilità irripetibile, storica, unica, grandiosa, per ripristinare anche la legalità e offrire un lavoro a chi ne vuole uno e, grazie alla nuova progettazione abitativa, risparmiare una enorme quantità di volumetria da destinare alla costruzione di altri fabbricati, di scuole, di ospedali e di servizi in zone urbanisticamente soddisfatte dove prima non era possibile farlo.
Una idea semplicemente fantastica che, oltre a rilanciare praticamente per sempre lo sviluppo economico italiano, offre la sicura certezza di salvare tante vite umane.
La chiamerei “Progetto Gustavo Gesualdo”.
I costi?
Per la metà a carico dei proprietari delle case che dovrebbero sopportare l’imposizione dell’abbattimento e della ricostruzione di un fabbricato cui semmai, si erano anche affezionati emotivamente, e per l’altra metà a carico pubblico, strizzando l’occhio ad una Europa che finanzierebbe volentieri un rilancio italiano piuttosto che pagarne una sua insolvenza, ovvero, finanzierebbe volentieri un sicuro volano della crescita economica italiana piuttosto che essere costretta a rifinanziarne il debito pubblico sine die.
Nel caso vi fossero proprietari di immobili impossibilitati ad affrontare la parte di spesa loro richiesta, si potrebbe procedere con compensazioni fra privati (cessione di vani e/o volumetrie eccedenti il necessario ad altri inquilini) o creare un fondo per metri cubi non ricostruiti cui possano accedere, mediante compensazione in danaro, coloro i quali invece, in altri luoghi o nello stesso, avessero l’esigenza di aumentare la volumetria per modificate esigenze abitative.
Niente male per uno che si crede un leader per un giorno.
Gustavo Gesualdo
alias
Il Cittadino X