Il Vetiver: l’Agricoltura Open Source. La Sostenibilità di una Pianta, dalla Biomassa per Cogenerazione, alla Depurazione delle Acque Verso un’Agricoltura Sostenibile

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Energia, Energie rinnovabili

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Pubblicato il giorno 18 dicembre 2008 - 3 commenti



   


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di Nicola Savio – L’Orto di Carta

L’appuntamento con TerraMadre a Torino si è chiuso ormai da parecchio tempo, come dire, è gia una notizia “fredda”, ma ci sono state vere e proprie “schegge” che andrebbero conservate. Vere e proprie perle di biodiversità intellettuale da mettere sott’olio per poterle poi riassaggiare con calma in attesa che l’evento organizzato da SlowFood approdi nuovamente ai piedi delle Alpi. Una di queste perle è arrivata dalla presentazione del “Manifesto per i Cambiamenti Climatici e la Sicurezza Alimentare del Futuro” creato dall’International Commission on the Future of Food and Agriculture presentato, tra gli altri da Vandana Shiva, famosa attivista della sovranità alimentare indiana. Il testo oggetto della discussione era lucido, chiaro e lineare ma la parte più interessante era il ribaltamento concettuale applicato al ciclo del carbonio.

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Là dove Al Gore promuove un mondo “Carbon-free”, Vandana Shiva promuove un mondo “Carbon-rich”, un mondo dove l’agricoltura continuamente partecipa alla ricostruzione di materia organica che intrappoli il carbonio nel terreno assorbendolo dall’aria. Per chi, come me, studia ed applica sistemi di agricoltura ed orticoltura “naturali”, il cambio di paradigma è eccezionale, analizzato nei suoi aspetti pratici è un ribaltamento a 180° delle pratiche agricole attuali, basate su pesanti lavorazioni del terreno e profonde arature, direttamente responsabili del rilascio di enormi quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, oltre ad un progressivo e rapido indebolimento della fertilità del suolo ed una drastica riduzione della biodiversità.

In questo contesto e con questi presupposti, alcune tecnologie collegate alle biomasse possono essere vere chiavi di volta all’interno di progetti di micro-fattorie a basso impatto e a ottimizzazione dei cicli di sostenibilità. Sono convinto che vi sia un errore di base nel sottovalutare le loro potenzialità su piccola scala lasciando il monopolio delle stesse ai grandi gruppi “industriali” con i conseguenti rischi di deforestazione selvaggia o di sostituzione di coltivazioni alimentari con coltivazioni da biomassa. E’ di poco tempo fa la la notizia delle problematicità legate all’introduzione di coltivazioni “energetiche” in Etiopia, dove, in una lucida analisi sono messe a confronto le realtà dei piccoli coltivatori convertiti alle coltivazioni “industriali”, a fronte di ipotesi di maggior guadagno economico, e di quelli rimasti legati ad una tradizione di sussistenza.

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Una di queste tecnologie arriva dall’uso di una pianta di origine indiana (non sarà un caso se mi è venuta in mente Vandana Shiva!): il Vetiver. L’Ong The Vetiver Network International da anni lavora alla promozione dell’uso sostenibile di un cultivar sterile di Vetiver: il Chrysopogon zizanioides, diffondendone gratuitamente la conoscenza ed i design applicativi per un corretto utilizzo negli ambiti dell’ingegneria ambientale, dell’agricoltura, della produzione energetica, della depurazione delle acque reflue, ecc.

Il Vetiver, oltre assommare tutti i vantaggi collegati alla coltivazioni di biomasse perenni per cogenerazione, riunisce alcune caratteristiche di estrema importanza in un ambito di agricoltura sostenibile anche su piccola o piccolissima scala. L’enorme sviluppo verticale del fascio radicale del Vetiver (anche oltre i 5m di profondità) è in grado di frenare pericolosi fenomeni di erosione e dilavamento oltre ad essere in grado di mobilitare i micro e macro nutrienti bloccati spesso negli strati più profondi del terreno rendendoli disponibili per altre coltivazioni. Come beneficio accessorio le sue radici possono divenire “nicchia ambientale” per lo sviluppo di micorrize arbuscolari e, conseguentemente, per la produzione di  glomalina oltre a dare ospitalità a buona parte degli organismi della  Soil FoodWeb fondamentale per il mantenimento di una fertilità naturale del suolo. E, vantaggio non da poco, è la selezione naturale di una varietà, (niente ogm) che può essere propagata unicamente per via vegetativa ed è inserita nella catena alimentare dei ruminanti: il rischio di fenomeni di invasività di specie alloctone è ridotta a zero.

In Italia il lavoro di sperimentazione e ricerca sulle tecnologie Open-Source collegate al Vetiver è portato avanti da Vetiver Sardegna (in fase di trasformazione in The Vetiver Network Italia ong) progetto seguito in maniera volontaria da Marco Forti e raccontato sul blog Diario della Coltivazione.

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3 commenti

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  1. Vorrei sapere se conviene coltivare il Vetiver in serra ,se c’è un mercato per la vendita ed a che cifra si vende .
    Ho a disposizine più di 20 etteri di serre .
    Grazie

  2. Salve Ennio,
    per tutte le informazioni che riguardano il Vetiver ti consigliamo di contattare Vetiver-Sardegna http://www.vetiversardegna.it/ (in parte in costruzione) oppure Nicola di Savio http://ortodicarta.wordpress.com/ e rivolgere direttamente a loro le tue domande, che così troveranno risposta.

    Buon lavoro, Daniel Casarin

  3. La vetiver può essere vista anche come pascolo permanente e o foraggio per i ruminanti.
    e pensabile impiantare in forma parziale o totale un prato dedigato a pascolo.
    Io risiedo in un altopiano dove la zootechinia e fiorente, se fosse possibile sarebbe una gran risorsa.
    fatemi sapere Raffaele grazie

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