La Generazione Distribuita di Energia: Decentramento, Smart Grid e Democrazia Energetica – L’Attuale Sistema di Distribuzione dell’Energia

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Pubblicato il giorno 28 luglio 2009 - Nessun commento



   


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Il panorama energetico globale vede la presenza di un numero limitato di industrie che concentrano la produzione elettrica in megacentrali a combustibili fossili e nucleari. L’elettricità prodotta viene immessa in grandi dorsali ad alta tensione, da cui si dipartono le reti che arrivano fino alle nostre abitazioni, industrie, città. Questa complessa e costosa infrastruttura, che incide in maniera significativa sul prezzo finale dell’energia, presenta una certa rigidità: infatti il flusso di elettricità viaggia in maniera unidirezionale, dal luogo di produzione a quello di consumo. In questo contesto, l’utente finale che utilizza energia riveste il ruolo passivo -e ignaro- di semplice “consumatore” di energia.

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La necessità di progettare e costruire grandi centrali, nonché di realizzare tralicci per distribuire l’energia elettrica a milioni di persone, rendeva per così dire “naturali” i monopoli energetici. In Italia il processo di nazionalizzazione dell’Enel, avvenuto nel 1963, rispondeva proprio a questo tipo di esigenze: soltanto accentrando i capitali e il know-how in un’unica grande azienda pubblica si è riusciti a portare a termine in pochi anni una gigantesca e indispensabile opera di “elettrificazione rurale”, che ha portato l’energia elettrica negli angoli più sperduti del Paese. Il contesto energetico nazionale ha subìto successivamente, alcune importanti mutazioni rispetto agli anni del boom economico:

  • Innanzitutto, a partire dal 1992 è stato avviato un percorso di liberalizzazioni, che ha portato a un superamento del monopolio statale dell’energia elettrica, in favore di un regime (tuttora imperfetto) di concorrenza tra aziende energetiche, e che ha offerto anche al singolo cittadino la possibilità di diventare un produttore di energia.
  • In secondo luogo, il processo di elettrificazione del Paese è pienamente concluso; semmai si deve valutare oggi l’opportunità di un graduale smantellamento di centrali elettriche e tralicci dell’alta tensione in località di particolare valore ambientale e storico-paesaggistico.

Questa situazione sta portando a un radicale ripensamento delle modalità di produzione, consumo e distribuzione dell’energia.

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In un sistema elettrico liberalizzato occorre garantire a tutti i produttori e a tutti i clienti un accesso libero e non discriminatorio alla rete di trasmissione. Un mercato elettrico, in cui è l’incontro fra la domanda e l’offerta che decide gli scambi, può comportare, per vari motivi, il superamento dei limiti di trasporto.  I vincoli imposti ai transiti di potenza tra Paesi confinanti o tra zone di uno stesso Paese sono generalmente fissati con criteri tali da garantire un assegnato livello di sicurezza al funzionamento del sistema elettrico. Questi vincoli, sia per problemi di magliatura della rete sia per aspetti legati alla sicurezza, sono piuttosto lontani da quelli puramente termici delle linee di trasmissione e questo può favorire la separazione del mercato e la formazione di prezzi zonali con il rischio di discriminazioni geografiche sia a livello di utenza che di generazione.

Dal punto di vista del numero e della densità delle linee elettriche l’Italia, come nel resto d’Europa, non ha molti problemi. Il problema principale è l’obsolescenza delle linee, spesso antichissime e con perdite gravi di energia lungo il trasporto e per questo motivo una percentuale non trascurabile dell’energia prodotta viene dispersa lungo le reti elettriche, e non arriverà mai a nessuna destinazione.

A complicare la situazione, sta intervenendo lo sviluppo di nuove forme di produzione di energia, ovvero le fonti rinnovabili. Nei prossimi anni, saranno sempre di più i consumatori che diventeranno anche produttori grazie alla direttiva europea che ha incentivato l’uso di energia alternativa. Questo comporta la transizione da un sistema centralizzato ad uno decentralizzato, caratterizzato da un numero elevato di piccoli impianti situati in luoghi anche sperduti. L’energia prodotta da queste fonti deve essere collegata alla rete di distribuzione più vicina, ma le attuali reti sono state concepite e progettate per un servizio di tipo passivo, vale a dire, con il solo scopo di trasportare l’elettricità in modo unidirezionale dalle grandi centrali verso gli utenti finali. In reti siffatte la connessione di qualche unità di generazione dispersa crea problemi che sono facilmente superabili, ma se diventa elevata la penetrazione di questi impianti, i flussi di potenza possono invertirsi e diventare bidirezionali. I principali problemi sono:

  • L’immissione di generazione distribuita comporta un incremento dei livelli di corrente di cortocircuito e la perdita di selettività delle protezioni in corrispondenza a guasti sulla rete, cosicché i dispositivi e le modalità di protezione adottati finora non sono più validi e devono essere modificati.
  • Nelle reti passive esiste una modalità di regolazione della tensione che riesce a calibrare entro limiti stabiliti i profili di tensione dalla partenza all’arrivo delle linee. Nel momento in cui si connette alla rete un generatore disperso nel territorio, questi profili vengono modificati e la tensione non è più controllabile. Occorrono perciò nuove strategie di controllo.
  • Gli impianti da fonte rinnovabile sono considerati sorgenti intermittenti di elettricità: ad essi viene attribuita la capacità di fornire un flusso di energia nel tempo, ma non la capacità di garantire nello stesso tempo un qualche livello di potenza costante. Il sistema di controllo della rete vede il contributo intermittente di tali impianti come un disturbo del livello di potenza con cui sta fronteggiando il carico e quindi interviene per compensare le oscillazioni.

Da ciò si evince chiaramente come la rete elettrica sia il vero collo di bottiglia del sistema elettrico europeo, ostacolando il pieno sviluppo delle fonti alternative

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