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MCA, lo studio, che oggi ha sede a Bologna e si avvale di un team di architetti e ingegneri provenienti da vari paesi, possiede una solida esperienza nella progettazione architettonica con particolare attenzione alle tematiche energetiche ed ambientali, nel design industriale e nella ricerca tecnologica, anche attraverso collaborazioni con Istituti Universitari e programmi di ricerca banditi dalla Commissione Europea.
In questi anni sono stati sviluppati progetti su scale diverse come realizzazione di edifici con varie destinazioni d’uso, ricerche tipologiche e tecnologiche, studi sulle strategie ambientali per il controllo climatico e grandi progetti urbani. Tra i progetti realizzati più significativi: il Sino Italian Ecological Building a Pechino, la nuova Sede del Comune di Bologna, il complesso immobiliare di Bergognone 53 a Milano, la ristrutturazione della ex Casa di Bianco a Cremona, il Padiglione eBo a Bologna, la stazione Villejuif-Leo Lagrange della metropolitana di Parigi, la Stazione Marittima di Otranto e la sede de iGuzzini Illuminazione a Recanati.
- Michele De Beni: Come protagonista della attuale scena architettonica, soprattutto in ambito energetico, quali sono le principali difficoltà nella progettazione di un edificio ad alta efficienza?
Mario Cucinella: Non credo esistano difficoltà tecnologiche per conseguire certi risultati. Intanto, da un punto di vista energetico l’architettura è di per sé responsabile di una serie di benefici o di errori, cui fa seguito evidentemente un lavoro di ingegneria e tecnologico per migliorare la prestazione di una costruzione.
Questo significa che un edificio disegnato bene, orientato opportunamente e con la giusta forma ha già buone performance, che possono essere migliorate con interventi tecnologici. Ma, di fatto, funziona già. Il problema vero è un altro: una politica e una committenza, al di là delle dichiarazioni d’intenti, spesso troppo poco attente e distratte da altri temi, un’economia troppo legata alla cultura del profitto; amministratori che non riescono a gestire le loro città per mancanza di creatività e per un malinteso senso del governo.
- Michele De Beni: Gli edifici passivi, soprattutto negli esempi europei o altoatesini, si caratterizzano genericamente per involucri compatti e poco vetrati. E’ una rinuncia sul piano della creatività o sono esigenze giustificate?
Mario Cucinella: No, non deve essere una rinuncia e non è detto che sia giustificata. Opacità e aperture devono essere modulate in funzione dell’esposizione dell’irraggiamento solare eccetera. Prendiamo ad esempio il Sieeb, un progetto che abbiamo realizzato recentemente a Pechino: L’edificio è simmetrico per ridurre l’area esposta sul lato nord ed è concepito nella sua forma per autoproteggersi e schermarsi. Attraverso la progettazione della forma e dell’involucro esterno dell’edificio, la struttura agisce con un ottimo controllo dell’ambiente esterno per l’ottimizzazione del comfort ambientale interno.
In questo caso, l’edificio è chiuso e ben isolato a nord contro i freddi venti invernali, mentre appare trasparente e aperto sul versante sud. A est e ovest, la luce diretta e l’irraggiamento solare sono controllati da una facciata a “doppia pelle” che filtra il sole e ottimizza la penetrazione della luce diurna negli spazi adibiti a uffici. Altri elementi distintivi, che danno grande senso di apertura sono i terrazzi e gli spazi verdi esteticamente molto gradevoli, con elementi strutturali a sbalzo che si estendono a sud per ombreggiare i terrazzi. La forma stessa dell’edificio nasce da una serie di test e simulazioni dell’irraggiamento solare e dell’ombreggiamento – effettuate con il Best - Politecnico di Milano – ed è strettamente correlata alle sue attese prestazioni energetiche.
Altro esempio è quello della casa da 100 K €: l’unità tipo è stata concepita ipotizzando il fronte più compatto esposto a nord e quello più articolato a sud, con tutti gli alloggi a doppio affaccio per favorire la ventilazione naturale trasversale. Il fronte sud maggiormente vetrato favorisce gli apporti solari gratuiti invernali ed è schermato dagli aggetti dei ballatoi, dei corpi scale durante la stagione estiva.
- Michele De Beni: Il linguaggio formale deve necessariamente seguire le esigenze imposte da questi obiettivi o può percorrere via alternative?
Mario Cucinella: Tutt’altro: una grande opportunità per sviluppare un nuovo linguaggio creativo che integri nuove tecnologie e antiche sapienze, liberando l’architettura dagli schemi che si sono consolidati negli ultimi decenni. Esistono in tutte le culture esempi di architettura antica e “povera” che hanno saputo utilizzare i dati del microclima circostante per realizzare edifici efficienti dal punto di vista energetico. Spesso, mi piace ricordare come già nel 1200 si facesse il gelato in pieno deserto e questo grazie a un saggio utilizzo delle leggi della fisica e del costruire.
La civiltà occidentale negli anni del boom economico, caratterizzato da una scarsa attenzione per l’ambiente, si è dimenticata del suo patrimonio preferendo l’utilizzo massiccio di tecnologie invasive e dispendiose che rivelano oggi la loro dannosità oltre che la loro inadeguatezza. L’attenzione all’energia sarà dunque d’ora in poi sì un vincolo ma capace di farci superare qualche “pigrizia” progettuale e sono certo che anche l’industria della tecnologia “sostenibile” (penso al fotovoltaico, al solare, etc) sapranno fare un passo per proporre prodotti facilmente e esteticamente integrabili con grandi risultati per l’architettura delle nostre città.
- Michele De Beni: Quali saranno, secondo lei, i futuri sviluppi tecnici ed impiantistici in tale ambito? Saranno applicabili a tutte le tipologie costruttive? A quali costi?
Mario Cucinella: Non credo ci sia “una soluzione”, così come non credo in una ricetta bioecologica del momento. Esistono molte tecnologie: lo sfruttamento del solare termico, i sistemi geotermici, i nuovi impianti di climatizzazione, l’integrazione nelle costruzioni di tecnologie innovative. Così come credo molto nella ricerca di materiali tecnologicamente avanzati, che miglioreranno la nostra vita e le performance degli edifici.
- Michele De Beni: La ristrutturazione edilizia dell’esistente in chiave energetica, sarà la grande sfida per i progettisti negli anni a venire. E’ d’accordo? Quale è la metodologia migliore con cui affrontare un progetto di questo tipo?
Mario Cucinella: Sarà necessario un’azione molto forte sia politica che tecnica per affrontare lo stock immobiliare esistente. Dobbiamo cogliere questa grande opportunità, finalmente necessaria perché deve risolvere un problema reale, per interpretare la necessità di riduzione dei consumi per ripensare queste grande aree urbane. È una sforzo parallelo che deve dare un senso a questo intervento tecnico. Potremmo così rimettere in gioco la qualità degli spazi pubblici e riprogettare attreverso l’involucro nuove scene urbane. Rivedere la densità e l’integrazione con la natura e riaprire relazioni urbane perse con la città storica. Queta azione però dovrebbe essere accompagnata da una politica di rottamazione. Non dobbiamo cadere in un’altra contradizzione tutta italiana che è quello che se da una parte vogliamo rendere più efficienti i nostri edifici dall’altra non siamo disposti a demolire anche quelli che richiederebbero uno sforzo tecnico ed economico non proporzionato ai benefici.
- Michele De Beni: Quanto consumano generalmente i suoi edifici? E’ soddisfatto del comfort ottenuto?
Mario Cucinella: Tendo a progettare edifici che consumano molto poco, in qualche caso, addirittura, che producono energia, come la casa da 100 K €. Una casa viva, colorata, che lascia spazio alle differenti identità e modalità di vivere, ma capace di produrre energia grazie a un’impiantistica integrata architettonicamente, all’utilizzo di superfici captanti energia solare per i mesi invernali, circolazione interna dell’aria per quelli estivi, e con tutte le strategie passive adottabili per rendere l’edificio una macchina bioclimatica. Oppure come “The Koo Lee Institute of Sustainable Environments” a Ningbo, in Cina, che consuma solo 8 Kw/h/m2/anno.
[ Links utili e approfondimenti ]
6 ottobre 2011 alle 10:09
Tutto fantasctico!! L’unico problema nella pratica quotidiana della progettazione (in questo Paese) è quella di scontrarsi con i regolamenti edilizi vigenti che cambiano da comune a comune. (Se progetti un tetto con questa inclinazione, ti aumenta la cubatura….o non rientri nei limiti di altezza….. questo aggetto e’ troppo,….). In sintesi puoi partire da qualsiasi idea, ma i regolamenti ( regole stupide nella maggioranza delle volte) ti riportano sempre ai tipici progetti “fatti con lo stampino”di cui e’ piena l’ Italia. I nostri legislatori sono piu’ attenti alla forma che alla vera sostanza ( quali: strutture antisismiche, isolamenti, consumi energetici, rinnovo delle costruzioni realizzate nel dopoguerra)… Per un tecnico come me che ha lavorato “grazie a Dio!!” 30 anni all’estero sinceramente questo mi sembra un paese di pulcinella. Eppure in Italia ci sono ottimi professionisti (architetti- ingegneri) che però il “sistema” lascia da parte per delegare il tutto a geometri o burocrati di cui le nostre amministrazioni sono pieni.
Ing. Vicente De Lio