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Robert Glenn, una biologo presso l’Università dell’Arizona, sostiene che “a causa della crescente domanda di prodotti agricoli e la diffusione della salinità in molte aree della terra dobbiamo iniziare a considerare il concetto di coltivare piante bioenergetiche facendo nuova ricerca e considerando nuovi finanziamenti data la sostenibilità dell’idea”. Glenn ha sempre diffuso le sue idee e il suo lavoro ad un piccolo ma crescente pubblico per quasi trenta anni, ma ora la domanda di biomassa da trasformare in biocarburante ha portato a considerare quest’idea anche la NASA.
“Si può prevedere tranquillamente di potere produrre 1,5 miliardi di barili di etanolo ogni anno solo su un corridoio di nuovi terreni agricoli inutilizzati grandi cinque volte la dimensione del Texas. Sono convinto che l’agricoltura che utilizza acqua salata sta per aprire un nuovo orizzonte di ricerca per la produzione di biocarburanti sostenibili“, ha spiegato Glenn. “Forse il mondo non ha bisogno di un 50% di espansione di terreni agricoli irrigui per avere abbastanza cibo e produzione di biocarburanti”.
“La popolazione mondiale è cresciuta di cinque miliardi di persone dal 1900 ad un sorprendente 6,7 miliardi di oggi. Nonostante l’esplosione demografica, la produzione alimentare – in primo luogo l’alimentazione degli animali e dei colture come cereali in particolare grano e riso – è stata in grado di tenere il passo. Ma il sistema alimentare è stato fortemente scosso da una varietà di fattori, tra cui il crescente uso dei seminativi a colture bioenergetiche trasformate in biocarburanti”.
Anche se le colture energetiche non hanno causato in tutto e per tutto la maggior parte dei sproporzionati aumenti di prezzo dei prodotti alimentari nel 2007, la maggior della società e gruppi ambientalisti concordano sul fatto che il migliore terreno disponibile non dovrebbe essere utilizzato per le colture bioenergetiche. Ciò affinché le terre adibite alla coltivazione di colture alimentari nei paesi poveri non venga rapidamente convertito per lo sviluppo delle colture bioenergetiche magari sovvenzionate da fondi governativi per alimentare le automobili delle nazioni sviluppate.
Le aree salate di tutta la terra quindi potrebbero essere adibite per aiutare a produrre questi biocarburanti e questi terreni incolti sono presenti in tutto il mondo. Dopo aver tenuto conto della tutela ambientale e di altri fattori, Glenn relaziona una stima che 480.000 miglia quadrate di terreni non utilizzati in tutto il mondo potrebbero essere utilizzati per farvi crescere uno speciale set di piante e colture tolleranti all’elevata salinità del suolo. Il team di Glenn ha calcolato che questo potrebbe produrre 1,5 miliardi di barili di biocarburante all’anno. Ad esempio una pianta come l’Halophyte può prosperare in terreni con alta percentuale di salinità. Mentre il sale procura danni alla maggior parte delle piante, alcune sono in grado di utilizzare il sale presente e attraverso l’osmosi ricavare acqua dolce per la crescita.
Queste piante sono interessanti candidati per essere utilizzate come biocarburante dato che hanno un’elevata biomassa e semi molto oleosi. I ricercatori fanno notare che piante come Halophyte, o la Salicornia bigelovii, producono 1,7 volte più olio per ettaro del girasole, comune fonte di olio vegetale. E Glenn sottolinea che: “Alcune specie di Halophyte hanno una resa ancor più alta”. Naturalmente, la coltivazione industriale di Halophyte per la biomassa e la sua trasformazione in biocarburante richiederà ulteriori riduzioni dei costi. Come per l’intero ambito dell’etanolo cellulosico che continua in tutto il mondo a un ritmo mozzafiato, molti osservatori del settore si aspettano che entro i prossimi cinque anni si possa rendere la tecnologia veramente economica.
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