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La Sapphire ha lanciato una promettente innovazione che suona come miracolosa. La settimana scorsa infatti la Sapphire è riuscita a produrre un biocarburante chimicamente identico a benzina ma che non dipende da una fonte di cibo o da terreni agricoli.
La californiana Sapphire con sede a San Diego intende creare il nuovo biocarburante grazie dalle alghe, grazie a sale, acqua, anidride carbonica e la luce del sole. Il socio esecutivo Jason Pyle è stato deliberatamente vago su come la tecnologia funziona ma la società, costituita nel 2007, è stata in grado di produrre benzina a 91 ottani. “Abbiamo creato un processo che si basa sulla fotosintesi e assorbe co2 per produrre molecole di carbonio.” Così ha spiegato Pyle in un intervista al Forbes.com che è già stato coinvolto in altre 2 start up ed ha un consistente background nel settore della biotecnologia, “Crediamo che stiamo impostando un punto di riferimento per un’intera nuova industria”. Altri biocarburanti alternativi come quelli prodotti dalla Solazyme, utilizza alghe per produrre biodiesel. Ma come l’etanolo, il biodiesel, contiene una determinata quantità di acqua che lo rende impossibile da distribuire attraverso i gasdotti esistenti. Pyle spiega che la Sapphire ha creato un carburante come la benzina che può essere distribuito attraverso i gasdotti esistenti. “I terreni agricoli sono limitati. Abbiamo un’enorme quantità di terra che è completamente non utilizzabile dall’agricoltura, pensiamo al deserto”. L’obiettivo di Pyle è quello di produrre 10.000 barili al giorno del nuovo biocarburante in impianti ubicati in terreni desertici.
La Sapphire ha sollevato 50 milioni di $ da società di capitali di rischio e spiega di avviare il primo impianto operativo entro 3 anni. Le tecnologie della Sapphire provengono da centri come il Department of Energy’s Joint Genome Project. L’idea iniziale di Nelsen è quella di creare un biocarburante che si possa produrre su larga scala. Il fallimento della “2° seconda generazione di biocarburanti” è totale, soprattutto quando si considera l’impatto ambientale, l’uso dei terreni agricoli, i fertilizzanti e gli incalcolabili costi di deforestazione. Senza parlare dei costi di raffinazione e distribuzione del biodiesel e dell’etanolo attraverso la catena di fornitura delle infrastrutture attuali. Per questo spiega Pyle il mondo ha bisogno di una radicale soluzione: non combustibili fossili, non biodiesel e non etanolo o qualsiasi altro biocarburante proveniente da colture bioenergetiche che creano impatto ambientale, distruzione di foreste equatoriali e preziosa acqua dolce. Un’economia completamente costruita su fonti energetiche rinnovabili utilizza l’energia del sole e le emissioni di CO2 in modo efficiente e la natura già ci arrivò milioni di anni fa attraverso piante altamente adattabili: le alghe. E perché queste sia una coltura veramente sostenibile necessita di:
- Fotosintesi con utilizzo di CO2.
- Non producano biodiesel o etanolo difficile da stoccare.
- Sostituiscano completamente combustibili a base petrolifera.
- Non necessitano di colture alimentari o terreni agricoli.
- Non producano eventuali emissioni di CO2 ma siano colture rinnovabili.
- Che siano indipendenti dal punto di vista energetico.
E, continua Pyle della Sapphire, perché il mercato sia veramente realizzabile, il processo deve essere economicamente scalabile e conforme alle infrastrutture esistenti dalla raffinazione alla distribuzione e la vendita al dettaglio attraverso le stazioni di servizio. Il nuovo biocarburante della Sapphire alimentato dalla luce delle sole, dalle emissioni di CO2 che diventano alghe preluderà uno spostamento “tettonico” del mercato; immaginando gli esorbitanti costi di importazione di energia fossile e partendo da un concetto di autarchia energetica i benefici non solo ambientali sono più che evidenti, così è possibile arrivare ad immaginare una nuova industria energetica che crea benefici anche ad un’economia delle imprese emergenti.
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