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Google ha investito nell’energia solare, nei veicoli plug in, nella gestione e immagazzinamento dell’energia fino a pochi anni fa. Nuove start-up come la Next-Gen che produce biocarburanti dalle alghe e che hanno generato un non piccolo interesse da parte di diversi investitori, inizierebbero a sentirsi escluse dagli investimenti del colosso Big G. Ma fin dal 2007, Google ha così anche sovvenzionato questo importante progetto della NASA ed in particolare dello scienziato Jonathan Trent. I fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin affermano di aver investito $ 250.000 nel progetto di Trent e nel continuo impegno di sviluppare un biocarburante dalle alghe utilizzando soprattutto una tecnologia low-tech: le acque reflue.
Questi sacchi di plastica o involucri per farvi crescere delle alghe saranno gli stessi che vengono utilizzati ora dalla NASA per studiare il riciclaggio delle acque sporche nelle missioni spaziali utilizzando una particolare applicazione dell’osmosi. Questa nuova utilizzazione da parte degli ingegneri della NASA da applicare nello spazio, in questo modo servirebbe a rendere “più sostenibile la vita qui sulla terra” afferma Jonathan Trent scienziato capo del team che ha guidato la ricerca. Un grande guadagno dell’utilizzo di questi sacchetti per farvi crescere alghe è che semplicemente questi galleggiano nel mare quindi facilmente utilizzabili e promettenti nel loro utilizzo dato che essi non farebbero consumare preziosa acqua, altrimenti utilizzata per l’irrigazione in agricoltura. Questo sistema di coltivazione delle alghe offshore prevede la NASA di utilizzarlo per raccogliervi olio per biocarburanti, lasciando sempre più speranze al nuovo biocarburante di quarta generazione.
La tecnologia sviluppata dalla NASA che utilizza queste membrane semi-permeabili per consentire al flusso di acqua dolce di penetrarvi dall’oceano, pur conservando le alghe e il loro nutrimento, utilizza interessanti nanotecnologie in sviluppo nei centri di ricerca. Il sistema “win-win” proposto dalla NASA offre un vantaggioso processo per produrre biocarburante dalle alghe, in questo modo si è in grado di riciclare le acque reflue, rimuovere l’anidride carbonica dall’aria e creare un sistema in grado di non competere con l’agricoltura a terra o in acqua dolce.
“Quando gli astronauti sono nello spazio, devono portarsi con sé tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere. Vivere in una navicella spaziale richiede un’attenta pianificazione e gestione di risorse limitate, questo è ciò che ha ispirato il progetto denominato -Sustainable Energy for Spaceship Earth-” continua Trent. “In realtà, la maggior parte delle olio che riusciamo ad estrarre in modo efficiente e rinnovabile dal terreno oggi proviene da alghe che vivevano milioni di anni fa. Per questo le alghe sono ancora la migliore fonte di olio che conosciamo”.
“L’ispirazione che avevo era di utilizzare questi -sacchetti- a membrana per farvi crescere alghe offshore.”, continua Trent. “Si tratta di un semplice ma elegante concetto”. La temperatura inoltre sarà controllata dalla capacità termica del mare, l’oceano e la onde manterrebbero poi il sistema in movimento e attivo. Secondo Trent, il sistema non avrebbe alcun impatto negativo nell’ambiente e i sacchetti a membrana non contaminerebbero l’ambiente locale. Le alghe in acqua dolce inoltre morirebbero molto velocemente al contatto con l’acqua di mare. I sacchi utilizzati per due anni, verrebbero successivamente riciclati. Le materie plastiche possono essere utilizzate come pacciame di plastica, o, eventualmente, come materiale in grado di trattenere l’umidità.
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