[ OGM ] Pericoli Involontari da Alimenti e Colture Geneticamente Modificate: Esempi di Effetti Involontari della Manipolazione Genetica

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente

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Pubblicato il giorno 18 maggio 2009 - 1 commento



   


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Molti effetti involontari e accidentali della manipolazione genetica sono stati registrati nella letteratura scientifica. Qui di seguito ne presentiamo alcuni tipi, al fine di fornire l’impressione di un ampio spettro di effetti involontari che vanno da alterazioni a livello del DNA, al più ampio impatto ambientale.

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L’Agrostis capillaris (detta comunemente “Cappellino delle praterie”) è ampiamente utilizzata sui campi da golf. La Monsanto e la Scotts Company ne hanno sviluppato una varietà resistente agli erbicidi e sperano nel mercato su larga scala. In questo caso l’EPA e l’USDA hanno chiesto un rapporto sull’impatto ambientale, dal momento che questa coltura OGM, essendo anche altamente infestante, potrebbe facilmente impollinare le Agrostis capillaris selvatiche ed altre erbe, possibilmente non resistenti agli erbicidi.

Nel 2003 la Scotts Company ha piantato 400 ettari di Agrostis capillaris resistente agli erbicidi in un campo di prova. L’EPA e i ricercatori universitari hanno cercato di verificare se il gene di resistenza agli erbicidi si diffondesse nell’ambiente naturale (Reichmann et al. 2006; Watrud et al. 2004; Zapiola et al. 2008). Essi hanno trovato un riscontro positivo e hanno scoperto che ciò avviene attraverso i semi e il polline. La resistenza agli erbicidi della pianta transgenica si diffonde attraverso il polline soffiato fino a 18 chilometri di distanza dalla zona di controllo. Nei tre anni successivi, i ricercatori hanno trovato che la maggior parte di tali piante, prese a campione in una zona fino a 4 chilometri al di là della zona di studio, erano diventate resistenti agli erbicidi (il 93% nel 2004 e il 62% nel 2006).

Gli scienziati universitari che hanno preso parte a questa inchiesta sono giunti alla conclusione che è “irrealistico pensare che un transgene possa essere contenuto in un outcrossing, nelle impollinature che avvengono con il vento, nei piccoli semi, nelle colture perenni, anche se tenute in isolamento e con rigorose pratiche di produzione”. Sostenendo anche che “l’eliminazione dei transgeni è altamente improbabile” (Zapiola et al. 2008, pp. 5, 7). Sebbene La Scotts Company sia stata multata $ 500.000 nel 2007 dall’USDA, per il mancato rispetto degli “standard di performance e delle condizioni di autorizzazione”, anche le più rigorose pratiche probabilmente non hanno impedito la fuga di transgeni nell’ambiente naturale. E adesso è probabile che si sviluppino ulteriormente.

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Talvolta gli effetti collaterali della manipolazione genetica non emergono fino a quando le colture non vanno in produzione commerciale. Alla fine degli anni 1990 alcuni agricoltori in Georgia  USA, hanno lamentato la scarsa performance della loro soia Roundup Ready, in condizioni di siccità e di calore. Gli scienziati quindi hanno effettuato un laboratorio di studio comparativo della soia transgenica e di quella convenzionale (Gertz et al. 1999). Hanno scoperto che le piante transgeniche erano più piccole, producevano scarsamente, avevano un minore contenuto di clorofilla e con le alte temperature, lo stelo si spezzava.

In un altro caso, nelle tecniche di ingegneria genetica applicate sul mais Bt, che produce il proprio antiparassitario, è stato riscontrato, dopo cinque anni di impianto commerciale su milioni di ettari, che tale mais contiene molta più lignina negli steli rispetto al mais non modificato (Saxena e Stotzky 2001; Poerschmann et al. 2005). La lignina rende i gambi più legnosi. Nessuno ha indagato su come un più alto contenuto di lignina possa influenzare la digeribilità del mais da parte dei bovini o dei suini che sono alimentati con esso. Rimane un mistero anche quali altri meccanismi biochimici possono essere stati repressi o alterati a causa della maggiore produzione di lignina.

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Per rendere i piselli più resistenti agli scarafaggi, gli scienziati in Australia hanno geneticamente modificato questi legumi con un gene costruito, contenente DNA di fagioli, che hanno una difesa naturale contro tali animali. Gli scienziati hanno isolato il gene dai fagioli, per produrre una proteina che blocca la ripartizione dell’amido e quindi fa sì che l’alimentazione degli scarafaggi dai fagioli non sia possibile. I piselli geneticamente modificati acquisiscono lo stesso tipo di difesa contro questi animali. Per vedere se i piselli transgenici possono presentare un rischio per la salute umana, questi legumi sono stati testati sui topi (Prescott et al. 2005). Per loro sorpresa gli scienziati hanno scoperto che i topi hanno sviluppato una risposta immunitaria ai piselli, nel senso che producono anticorpi contro la proteina geneticamente modificata. Gli scienziati hanno scoperto che la proteina del pisello “costruito”, dopo la formazione iniziale, è stato modificata (post-translational modification) e in questa forma modificata hanno suscitato uno reazione infiammatoria ed allergica nei topi.

Dato che i piselli vengono sono un componente fondamentale nei mangimi per gli animali, gli scienziati hanno anche esaminato se vi siano stati effetti sugli animali nutriti con mangimi contenenti piselli OGM (Collins et al. 2006; Li et al. 2006). Hanno scoperto che l’amido di digestione nell’intestino tenue è notevolmente diminuito nei suini e nei polli alimentati con una dieta comprendente piselli transgenici. Inoltre, il tasso di crescita dei polli da carne alimentati per quaranta giorni, con una dieta comprensiva di tali legumi, si è ridotto dell’11%. L’Australian Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization, che è l’organizzazione che ha effettuato la ricerca, ha deciso sulla base di questi risultati, di non proseguire il lavoro con i piselli geneticamente modificati.

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Alcuni gruppi ricercatori si sono adoperati per la produzione di semi di colza geneticamente modificata, per la fabbricazione di piante con una maggiore quantità di carotene, al fine di utilizzare la colza come fonte commerciale di carotene (Shewmaker et al. 1999). Normalmente i semi di colza non accumulano carotene. La manipolazione è riuscita e la colza transgenica matura semi contenenti fino a una quantità 50 volte maggiore di carotene (principalmente alfa e beta carotene), rendendo visibile l’embrione arancione. Ma ci sono molti effetti indesiderati:

  1. La quantità di clorofilla prodotta dalla pianta in via di sviluppo è ridotta nei semi.
  2. I livelli di gamma-tocoferolo (una forma di vitamina E) sono diminuiti anche nelle sementi.
  3. Alcune strutture microscopiche degli embrioni sono state modificate e sono apparsi come dei microrganismi di natura sconosciuta.
  4. L’importo del phytoene nelle piante è aumentata rispetto ai controlli. Il Phytoene normalmente è un prodotto intermedio del metabolismo e non si accumula.
  5. La quantità di luteina e di xantofille non è aumentata. Anche se il prodotto finale del processo metabolico è il carotene che “dovrebbe” essere stato prodotto in quantità maggiore.
  6. La composizione degli acidi grassi è stato modificata: c’erano più acido oleico e acido linoleico e linolenico. Questo cambiamento nella composizione negli acidi grassi era totalmente inaspettata, poiché non è noto il legame tra la sintesi degli acidi grassi e la sintesi del carotene.
  7. La germinazione dei semi transgenici è stata ritardata di uno o due giorni rispetto al controllo delle piante.

Evidentemente, è ingenuo credere che siamo in grado di cambiare una sola sostanza e nient’altro. Modificare un fattore comporta più effetti e, talvolta, questi possono essere sorprendenti.

In un altro esperimento, i ricercatori hanno prodotto cinque linee di patate transgeniche che sono state geneticamente modificate per produrre sostanze insetticide (Birch et al. 2002). Gli scienziati vlevano determinare se la trasformazione genetica delle patate per la produzione di insetticidi portasse eventuali variazioni involontarie delle quantità di glicoalcaloidi nelle foglie delle piante. I glicoalcaloidi sono normalmente presenti nelle foglie e negli steli delle piante della patata e sono estremamente tossici per i mammiferi. Ecologicamente, i glicoalcaloidi contenuti nelle foglie destinate all’alimentazione possono essere dannosi per alcuni mammiferi e insetti, a causa della loro tossicità e amarezza; così vi è una certa preoccupazione per i possibili effetti involontari dei livelli alterati di glicoalcaloidi nelle patate geneticamente modificate. I ricercatori hanno capito che “non è corretto dare per scontato che gli attuali metodi di ingegneria genetica utilizzati per trasferire unici transgeni nelle piante siano completamente controllati e non avranno effetti sui processi di sviluppo e metabolismo delle piante”.

Nella maggior parte degli studi i ricercatori non indagano le sostanze che ritengono essere estranee alla via metabolica che mirano a modificare, mediante la manipolazione genetica. In questo caso, come gli autori hanno trovato, non vi sono stati cambiamenti significativi in un importante gruppo di sostanze (i glicoalcaloidi). Questi cambiamenti potrebbero avere importanti implicazioni, in quanto numerose piante di patate transgeniche che inavvertitamente hanno abbassato la quantità di glicoalcaloidi nelle loro foglie potrebbero portare ad un aumento dei parassiti della patata, contrastando così il vantaggio apportato dalla manipolazione genetica. Gli autori concludono: “Noi pensiamo che sia importante monitorare i cambiamenti involontari dei livelli di tali composti secondari delle piante e valutare i potenziali rischi e i benefici del prodotto transgenico (i prodotti “anti-insetto” ad esempio) nell’agro-ecosistema”.

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1 commento

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  1. ma scusate, è vera sta “trasformazione”?????????????????????
    nn so se crederci oppure no!

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