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“I nostri modelli ci dicono che produrre butanolo in questo modo è davvero a basso costo, ed il processo può essere davvero concorrenziale con tutto ciò che è sul mercato oggi”, spiega Pamela Contag, fondatrice e CEO di Cobalt Biofuels. Il processo di produzione del butanolo è diventato così più conveniente perché utilizza un effettivo miglioramento dei ceppi di batteri che abbattono e fermentano la biomassa, come pure il miglioramento della gestione delle attrezzature e le tecnologie per la fermentazione e la riduzione delle acque e il consumo di energia.
Il butanolo potrebbe contribuire ad aumentare l’uso dei biocarburanti, in quanto non ha le stesse limitazioni dell’etanolo, uno dei principali biocarburanti prodotti al mondo. Inoltre il butanolo possiede più del 20% dell’energia dell’etanolo. Mentre poi l’etanolo richiede speciali infrastrutture per il trasporto, il butanolo può essere spedito in gasdotti già utilizzati ora dalla benzina senza modificarli. Il butanolo poi, può essere miscelato con la benzina in percentuali più elevate rispetto all’etanolo senza richiedere modifiche ai motori.
La Cobalt Biofuels si unisce così ad una manciata di altre società in via di sviluppo che puntano alla produzione di butanolo. Il più grande sforzo fra queste società riguarda il partenariato tra DuPont e BP: queste società infatti hanno creato un piano di vendita commerciale per la produzione del butanolo ottenuto da barbabietole da zucchero entro il 2010. Altre società che stanno producendo butanolo sono Gevo di cui abbiamo parlato nel nostro 1° articolo che riguarda il butanolo come biocarburante, Tetravitae in collaborazione con la University of Illinois. Nonostante i progressi, Andy Aden, uno scienziato ricercatore presso il National Renewable Energy Laboratory (NREL), afferma che nessuna società però ha ancora dimostrato che si possa veramente produrre butanolo a buon mercato.
La Cobalt Biofuels utilizza i batteri Clostridium per abbattere i componenti vegetali, compresi cellulosa, emicellulosa, e l’amido e produrre così una combinazione di butanolo, acetone ed etanolo da separare. Ma cosa c’è di nuovo? Il Clostridium che produce queste sostanze chimiche mischiate è già stato impiegato nei primi anni del 1900 per rendere il butanolo adatto all’uso per creare solventi, esplosivi e altri prodotti; Contag spiega, che è una combinazione di fattori come il prezzo del carburante, gli incentivi governativi e delle società, le nuove tecnologie che hanno reso competitiva la produzione di butanolo come combustibile.
Uno dei vantaggi che possiede la Cobalt Biofuels, riguarda l’ingegneria genetica per la modifica dei ceppi di Clostridium in modo che essi possano produrre una proteina luminescente ogni volta che producono butanolo. “Quando il Clostridium produce butanolo, emette come una lucciola una luce”, spiega Contag. Quando questo processo è associato a dei rivelatori luminosi, ciò può rendere più facile e più rapido il processo di studio e ricerca di nuovi ceppi di batteri, in modo da aumentare la produzione. L’azienda ha ulteriormente aumentato la produzione di butanolo utilizzando un bioreattore per la biomassa, dove il processo viene reso più veloce ed una miscela di butanolo e soprattutto acqua fluisce fuori a ciclo continuo.
Pur aumentare la quantità di butanolo e ridurre i costi, altri 2 fattori sono importanti da considerare: il consumo di energia e il consumo di acqua. Cobalt Biofuels infatti è riuscita a ridurre questi fattori e risparmiare fino al 75%. Per ridurre il consumo energetico, la società ha rilasciato addirittura una licenza di una nuova tecnologia, un distillatore a compressione a vapore, per separare l’acqua dal prezioso butanolo.
L’aggiunta di pressione nel processo di distillazione del butanolo, in collaborazione con l’utilizzo di un efficace scambiatore di calore che riduce il calore sprecato, riduce in tutto il consumo di energia. Per ridurre l’utilizzo di acqua, la società ha creato un sistema di depurazione delle acque ed un sistemi di riutilizzo. Infine, la Cobalt Biofuels prevede di produrre butanolo utilizzando rifiuti provenienti direttamente dalla produzione di carta e dalla raffinazione dello zucchero, così come da altre fonti che verranno definite. L’obiettivo poi è quello di venderlo come additivo di un carburante per ridurre le emissioni di CO2.
[ Links utili e approfondimenti ]
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