Agricoltura Urbana e Agricoltura a Km 0: Analisi dell’Industria Agroalimentare Mondiale, Esempi, Soluzioni Possibili e Nuove Strategie a Favore di uno Sviluppo Sostenibile

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Zoom

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Pubblicato il giorno 06 luglio 2009 - Nessun commento



   


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Come tutti ben sappiamo, siamo una civiltà totalmente dipendente dal petrolio per la propria  produzione alimentare. Nel 2008 in tutto il mondo si pompati 31 miliardi di barili di petrolio e le riserve nazionali sono in caduta libera. E come nota l’analista Michael Klare, il primo trilione di barili di petrolio è stato facile da pompare fuori dalla terra, ma oggigiorno come sappiamo non restano che profondi e pericolosi giacimenti off-shore. Un petrolio disperso in piccole quantità, difficile da trovare e spesso politicamente pericoloso”.

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Ma quale prospettiva di un improvviso calo di petrolio potrebbe avere sulla produzione agricola e quali conseguenze dirette si otterrebbero per una sicurezza alimentare mondiale, considerando soprattutto il fatto di come l’agricoltura moderna e intensiva dipenda in larga misura dall’uso di combustibile fossile. La maggior parte dei trattori utilizzano diesel. Le pompe per l’irrigazione utilizzano diesel, gas naturale, carbone o energia elettrica. La produzione di fertilizzanti ha un’alta intensità energetica. Il gas naturale è usato per sintetizzare la base di ammoniaca per la produzione dei fertilizzanti azotati. L’estrazione, la fabbricazione e il trasporto internazionale di fosfati e potassio dipendono dal petrolio.

Guadagni in termini di efficienza energetica in agricoltura potrebbero contribuire a ridurre la dipendenza dal petrolio. Negli USA, l’utilizzo di combustibili fossili è diminuito del 64% dal 1973 anno dell’ultimo report. Per ogni tonnellata di grano si calcola che dal 1973 al 2005, siano passati da 150l ai 55l dimostrando un notevole calo. Uno dei motivi di questo interessante risultato è stato un cambiamento anche minimo su circa i due quinti delle aree coltivate negli USA. Ma mentre l’uso dei carburanti agricoli negli Stati Uniti ha subito anche un sensibile calo, in molti paesi in via di sviluppo è praticamente decuplicato con il passaggio dall’utilizzo di animali domestici ai trattori e a metodi agricoli intensivi.

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Consideriamo poi il l’immigrazione dalle zone rurali alle città, sempre più in rapido aumento, questo fatto aumenta il commercio internazionale di prodotti alimentari e andrà a separare sempre più il produttore dal consumatore, anche di diverse  migliaia di chilometri, perturbando irrimediabilmente il ciclo dei nutrienti sulla terra. Gli USA ad esempio, esportano circa 80 milioni di tonnellate di grano all’anno che contiene grandi quantità di sostanze nutritive assorbite dal terreno sottoforma si azoto, fosforo e potassio. Nel corso del tempo e delle esportazione di tali sostanze nutritive, lentamente hanno drenato la fertilità dei campi coltivati, facendo aumentare la quantità di fertilizzanti necessari all’agricoltura.

L’irrigazione è un altro fattore importante e da considerare nell’ambito energetico. Nei paesi occidentali si calcola che il 19% delle aziende agricole devono utilizzare energia elettrica o da diesel per pompare l’acqua e irrigare i campi. E in paesi come l’India, addirittura oltre la metà di tutta l’elettricità presente nella rete è utilizzata nelle zone rurali per pompare acqua dai pozzi.

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Anche se finora ci siamo concentrati sull’utilizzo di energia nelle azienda agricole, dobbiamo considerare anche altri fattori di consumo di combustibili fossili, dai trasporti, alle lavorazioni, l’imballaggio, la commercializzazione, la cucina e la preparazione del cibo sono responsabili dei 4/5 di energia spesa nel settore agroalimentare.

  • Il 14% dell’energia utilizzata per alimentare il sistema agricolo è usato per spostare le merci dal coltivatore al consumatore.
  • Il 16% è dedicato all’inscatolamento, al congelamento e all’essiccazione del cibo, dal succo d’arancia concentrato, ai piselli in scatola o congelati

Prodotti alimentari di grande importanza e che muovono considerevoli somme di denaro come il grano, tradizionalmente viene spostato su lunghe distanze con navi, in viaggio dagli USA per l’Europa ad esempio e la novità ora è la spedizione di frutta fresca e verdura su vaste distanze per via aerea. “La realizzazione di un mercato globale del cibo e della produzione primaria ha permesso in primo luogo di rimuovere il freno allo sviluppo dato dalla scarsità delle risorse locali e le economie, per i propri fabbisogni interni, oggi possono attingere direttamente ai mercati internazionali. Questo ha permesso in vaste aree del pianeta tassi di crescita, sviluppo e benessere superiori a quelli immaginabili per singole economie chiuse. Emblematico è, in tal senso, il caso dell’Italia che produce per esempio il 1200% del suo fabbisogno in vino e importa il 50% di carne, il 45% di latte, il 40% di  formaggio, il 50% del frumento da pane e il 90% della soia. Non bisogna inoltre dimenticare che nella patria di Benetton e dell’alta moda non si produce nemmeno una fibra di
cotone” afferma Davide Ederle del Parco Tecnologico Padano Lodi. Ma contemporaneamente come sottolineato da AgricolturaOnWeb, in Italia intanto le percentuali di importazione dall’estero sono in continuo aumento.

Anche il packaging assorbe una sorprendentemente quantità di energia, il 7% dell’intero fabbisogno energetico del settore. Non è raro infatti che l’energia impiegata negli imballaggi superi quella consumata per coltivare il cibo contenuto. Soprattutto considerando anche il fatto che il confezionamento e la commercializzazione influiscono sul costo degli alimenti con percentuali sempre più elevate. Come ha osservato un famoso analista: “Una scatola vuota di cereali consegnati direttamente al negoziante costerebbe circa lo stesso denaro di una piena.”

Il luogo dove si registra la più alta intensità energetica consumata nella catena agroalimentare resta la cucina. Viene consumata infatti un impressionante quantità di energia per raffreddare e preparare il cibo in casa rispetto all’energia utilizzata per farlo cresce. Il grande colpevole del sistema alimentare in cucina resta il frigorifero e non sempre il trattore dell’azienda come si potrebbe pensare.

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“Molti Paesi, anche emergenti, stanno oggi investendo significativamente nelle nuove tecnologie agricole riconoscendo che, se si vogliono vincere le sfide del futuro e garantire la sostenibilità e la sicurezza alimentare è indispensabile innovare. Secondo la FAO, entro il 2015 la domanda di cibo richiederà un aumento della produzione di cereali del 41%, di carne del 63% e di tuberi del 40%. Questa domanda addizionale di cibo proviene principalmente dai Paesi in via di sviluppo dove i sistemi agricoli sono più fragili e gli approcci classici risulterebbero distruttivi e in molti casi inefficaci”, continua Ederle su un articolo apparso nell’ottimo Innov’Azione.

  1. Tanzania. Già nel giugno 2005,  la FAO ha riferito che coltivando direttamente nelle aree urbane o nelle aree peri-urbane, si poteva creare un sistema di approvvigionamento di cibo per circa 700 milioni di persone in tutto il mondo. Utilizzando giusto la maggior parte piccoli appezzamenti o anche tetti. All’interno e nei pressi della città di Dar es Salaam, la capitale della Tanzania, ci sono circa 650 ettari di terreno che produce ortaggi. Questa terra non fornisce solo la città di prodotti freschi, ma è anche mezzo di sussistenza per i 4000 agricoltori che la coltivano ogni anno.
  2. Hanoi, Vietnam. l’80% delle verdure fresche proviene da aziende agricole situate nell immediate vicinanze della città. Aziende agricole in città o nelle immediate vicinanze producono circa il 50% della carne di maiale e il pollame consumati nella città asiatica. Metà dei pesci d’acqua dolce consumati nella città proviene da intraprendenti acquacultori urbani. Il 40% dell’approvvigionamento delle uova proviene direttamente dall’interno della città o dalle vicinanze. Così gli agricoltori urbani ingegnosamente riciclano i rifiuti di origine animale e umana per fertilizzare le piante e nutrire i pesce negli stagni.
  3. India. Gli acquacultori vicino a Calcutta in India, gestiscono circa 4.000 ettari di stagni per produce 18.000 tonnellate di pesce ogni anno. I batteri negli stagni dove i pesci crescono abbattono i rifiuti organici delle acque reflue delle città. Questi batteri a loro volta, sostengono la rapida crescita di alghe di cui si nutrono i pesci erbivori. Questo sistema offre alla città, un costante approvvigionamento di pesce fresco che costantemente punta a migliorare la qualità di vita a Calcutta.
  4. Caracas, Venezuela. Un programma governativo, ha puntato a creare 8.000 micro-orti di un qualche metro quadrato in ogni barrios della città. Non appena un raccolto è maturo, viene immediatamente utilizzato e sostituito con nuove piante. Coltivati adeguatamente questi spazi sono in grado di produrre singolarmente durante l’anno 18 kg di pomodori o 16 kg di cavolo all’anno. L’obiettivo è quello di avere 100.000 micro-orti nelle aree urbane del paese e 1.000 ettari di terreno urbano utilizzato a questo scopo a livello nazionale.

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Intanto in occidente, e più precisamente negli USA uno studio condotto a Filadelfia alle comunità di giardinaggio ha messo in luce che il 20% di chi coltivava il proprio piccolo orto in città lo faceva per svago, il 19% perché intendeva migliorare la propria salute mentale, il 17% la propria salute fisica. Un altro 14% lo ha fatto perché voleva migliore qualità dei prodotti freschi sulla propria tavola. Il restante lo faceva per convenienza e costi.

Strettamente connessa alla crescita dell’agricoltura urbana, esiste un aumento di richiesta di prodotti di alta qualità, prodotti freschi e di una volontà di sostenere gli agricoltori locali, il che ha aumentato il numero di mercati statunitensi da 1.755 nel 1994 a quasi 5.000 a fine 2007. Questo movimento verso un consumo locale è ora passato ai ristoranti che intendono offrire prodotti alimentari cresciuti localmente offrendoli sul proprio menù. Considerato il prossimo inevitabile futuro aumento dei prezzi del petrolio, i benefici economici provenienti dall’agricoltura urbana saranno più evidenti, che oltre a riuscire a fornire prodotti più freschi, sarà di grande aiuto a milioni di persone per scoprire i benefici sociali e il benessere psicologico derivante da questa attività.

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