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Skyfarm non ha bisogno di nessun allaccio ad una rete di energia mentre il suo impianto di biogas che produce metano dai rifiuti prodotti dai suoi abitanti viene utilizzato per produrre energia elettrica. E se gli abitanti non producono abbastanza rifiuti, Graff ha stimato che solo la produzione agricola idroponica genererà abbastanza metano per soddisfare il 50% del fabbisogno energetico di Skyfarm. Per questo è possibile considerare Skyfarm come un grande composter urbano che in partnership con la città utilizza l’energia rinnovabile dei rifiuti per prodursi il metano necessario senza considerare che già la rete fognaria è una ricca fonte di metano. L’acqua in Skyfarm viene trattata grazie alle macchine viventi progettate e brevettate da John Todd in modo da filtrare e recuperare le acque reflue provenienti dalle abitazioni e riutilizzandole nella coltura idroponica.
Skyfarm può sembrare fantascienza o un volo di fantasia ma l’interesse verso una progettazione ed un’architettura sostenibile per non parlare delle preoccupazioni per l’approvvigionamento alimentare sta crescendo. Skyfarm , progettato per Toronto, prende così in considerazione questi 2 problemi di immediata attualità: l’efficienza e il risparmio energetico e la crisi alimentare. Ma i scenari sono ancora più devastanti se pensiamo alle previsioni che entro il 2050 la popolazione mondiale toccherà i 9 miliardi e la metà di questi vivranno nelle città e metropoli di tutto il mondo.
Così il progetto di Gordon Graff, studente ad un master di architettura, giustamente ribattezzato Skyfarm potrebbe produrre abbastanza cibo per 50.000 persone l’anno. Sicuramente non abbastanza per le grandi metropoli ma l’idea di Graff è di una prospettiva che preveda diversi Skyfarm in diversi punti della città. “E’ certamente giusto incoraggiare le persone a trovare alimenti più vicino casa possibile”, spiega Robert Freedman, direttore del dipartimento di urbanistica della città di Waterloo. “Alcuni dei migliori terreni agricoli si trovano nell’Ontario meridionale e si trova proprio sotto le nostre strade”. Così in un’epoca in cui l’aumento dei costi del carburante spinge a creare una prospettiva verso una reale agricoltura urbana, Skyfarm può essere una delle soluzioni possibili. Senza contare i benefici dell’agricoltura idroponica, come il controllo delle colture non soggette ai capricci del clima o la garanzia dei giusti apporti di sostanze nutritive.
“Non stiamo inventando nulla di nuovo”, ammette Graff, “Lo Skyfarm può sembrare fantascienza ma tutte le tecnologie per realizzare progetti come questi sono già facilmente disponibili. Ricordiamoci inoltre che Skyfarm potrebbe produrre un reddito perpetuo che si stima possa raggiungere i 52 milioni di dollari l’anno”. Ma progetti come lo Skyfarm infatti sono già in fase di prima realizzazione come a Las Vegas dove entro il 2030 in un edificio di 30 piani sarà incorporata un’azienda agricola verticale in cui vi cresceranno dalle mele e delle zucchine. Ora l’agricoltura verticale idroponica infatti sta catturando l’immaginazione degli architetti del Nord America e dell’Europa in quanto fra architetti, agronomi, sociologi ed esperti di sanità pubblicano vi intravedono un nuovo modo per produrre alimenti a prezzi accessibili. Con tono ironico Graff conclude “Gli esseri umani non hanno mai dimostrato la capacità di consumare meno, il semplice fatto è che, in qualche modo dobbiamo trovare un nuovo modo per produrre di più”.
[ Links utili e approfondimenti ]
23 febbraio 2009 alle 21:21
Ho letto tempo fà questo articolo con molto interesse, personalmente sono un fautore dell’agricoltura urbana, è una strada che avremmo dovuto intraprendere già da molto tempo e che ancora tardiamo a seguire; me lo sono studiato con molta attenzione, almeno ho studiato il poco materiale che sono riuscito a trovare.
Il progetto è molto affascinante e per nulla ascrivibile alla categoria dei progetti futuristici, però è ancora ampiamente migliorabile.
Tempo addietro lessi alcuni articolo sull’acquaponica, la tecnica di coltivare piante sulla superficie di acquari e quindi di allevare contemporaneamente pesci, una tecnica molto interessante, già nota agli antichi Incas.
Inoltre qualche giorno fà ho visto un’interessante documentario sul trattamento naturale delle acque reflue e il loro riutilizzo in agricoltura e in itticoltura tramite fitodepurazione nelle periferie di Mumbay in India.
E’ mia opinione che se la tecnica dell’acquaponica e il recupero delle acque reflue utilizzato in India, si aumenterebbe l’efficienza della struttura, la quale potrebbe produrre prodotti ittici e loro derivati, ci sono almeno tre specie che possono essere allevate più o meno facilmente in vasca, carpe, trote e pesci gatto, contribuendo contemporaneamente allo smaltimento delle acque reflue.
Inoltre, se oltre all’allevamento del pollame si affiancasse l’allevamento di oche e tacchini si avrebbe una maggiore varietà di proteine prodotte dalla struttura.