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Uno fra i più lungimiranti architetti William McDonough ha attraversato diversi presidenti americani e loro amministrazioni anni e anni di progetti e clienti dove ha fornito quella che può essere considerata un’apparente radicale speranza. Egli chiama la sua filosofia “Cradle to Cradle“, dalla culla alla culla e rappresenta una visione di un ciclo continuo di utilizzo e riutilizzo di materiali senza produzione di rifiuti. Egli spera di creare così una nuova rivoluzione industriale sostenibile attraverso modelli e progetti.
Per quanto realizzato finora da William McDonough + Partners i progetti hanno raccolto un ampio plauso. Ford Motor Companyha dato $ 2 miliardi nel 1999 per trasformare completamente il suo complesso di Rouge in Deaborn, Michigan, creando così un’architettura sostenibile con il più grande tetto verde del pianeta: circa di 4 ettari, ricoprendo la copertura di Sedum, una pianta molto resistente alla siccità. La William McDonough + Partners ha creato progetti simili per Gap Inc., Herman Miller, Oberlin College e il Municipio di Chicago.
William McDonough ha recentemente elaborato dei piani di emergenza per una serie di nuove città ecocompatibili in Cina. E separatamente con la MBDC, la società che aveva co-fondato con il chimico tedesco Michael Braungart, crea nuovi prodotti, materiali e processi sani e sostenibili. Ora scendiamo nel dettaglio per scoprire questo personaggio davvero interessante:
- Come vede il futuro dell’architettura e del design?
William McDonough: Data l’evidente preoccupazione per la salute umana in termini di cambiamenti climatici, come l’utilizzo di metalli pesanti tossici, la qualità dell’aria all’interno degli edifici, quindi l’inquinamento atmosferico, per non parlare delle materie plastiche che si possono trovare nei mari e negli oceani, a mio parere ci sarà una grande tendenza a creare edifici che iniziano ad agire come veri e propri organismi viventi.
L’utilizzo dei tetti verdi per esempio, sarà diffusa sempre più in modo da rendere gli edifici vere e proprie macchie per processare ossigeno. Vedremo naturalmente anche i tetti che producono energia dal sole. In effetti, gli edifici diventeranno “fotosintetici” e produrranno ossigeno o energia o entrambi. Vedremo naturalmente così nuovi materiali che saranno derivati da fonti sani e saranno progettati per il loro riutilizzo e il recupero.
- Quali sono gli ostacoli per un abbraccio totale su larga scala delle energie rinnovabili?
William McDonough: I principali ostacoli per un totale abbandono verso le energie rinnovabili sono a breve termine e soprattutto si scontrano con un pensiero di un’economia che vive a breve termine. Non appena potete vedere alcune delle realtà economico-politiche più lungo termine il processo decisionale che include le fonti rinnovabili è ormai d’obbligo e qui potrete notare le reali trasformazioni.
Un buon esempio del futuro nel presente è Masdar, questa nuova città che sta per essere realizzata ad Abu Dhabi. Dove stanno investendo miliardi di dollari nell’energia solare. Ne consegue che quando viene vediamo i paesi principali che estraggono petrolio ma che investono ingenti somme nelle energie rinnovabili, è un segno sicuro di qualcosa che sta cambiando e che riguarda in prim’ordine la loro percezione di ciò che a lungo termine diventerà il quadro energetico con le sue possibili fonti.
Non so quanto sia economicamente conveniente dire però che stiamo esaurendo il petrolio. Ma forse una possibile direzione è che esiste una nuova opportunità economica che può essere sfruttata. Ed è ora economicamente conveniente, dati gli elevati prezzi del petrolio.
- State portando la tua filosofia “dalla culla alla culla” in Cina. Com’è questa nuova situazione là fuori?
William McDonough: I leader politici cinesi sono preoccupati per la perdita di terreni agricoli fertili a causa della rapida urbanizzazione. Ecco perché, sul piano concettuale, l’idea è quella di realizzare delle aziende agricole sui tetti in città. Si tratta di concetti che sono ormai molto diffusi nella coscienza della comunità di progettisti. E credo che per ciò progetti come questi debbano far anche riconoscere la giusta direzione e la situazione da cui partono considerandole solo una delle opzioni possibili.
- Guardando indietro nella sua carriera finora, che cosa può prendere in considerazione come il tuo maggiore successo?
William McDonough: Edifici come quello dell’Oberlin College [Adam Joseph Lewis Center for Environmental Studies], sono stati in principio degli esperimenti, un enorme quantità di ambizione avevamo per un progetto davvero piccolo. Lo abbiamo cercato di realizzare come fosse un albero che produca ossigeno, e assorbisse CO2, produce più energia di cui ha bisogno per funzionare e purifica la propria acqua e tante altre cose di questo genere.
Questo progetto è stato davvero un enorme ispirazione per noi qui. Penso che la Ford con il suo tetto verde è stato un altro grande successo, in particolare è stata una testimonianza a come mettere insieme un grande gruppo di persone focalizzato sullo stesso obiettivo.
- Hai progettato dei beni durevoli, che possono essere smontati e riutilizzati. Quali sono le prossime tendenze in questo settore e come è cambiato da quando hai iniziato questi tipi di progetti?
William McDonough: La cosa deliziosa che è successa è che la maggior parte degli esempi su cui abbiamo lavorato, in termini di modifica di prodotti hanno portato a risparmi sui costi per i produttori, perché i loro prodotti diventavano più semplice. Se sono progettati per lo smontaggio, spesso il loro montaggio diventa più semplice.
Ad esempio, se qualcosa è avvitato insieme con 50 viti, e la si volesse smontare velocemente, si avvia un immediato processo mentale di mettere in discussione ogni vite. E ci si avvia a chiedersi il motivo per cui le cose non potrebbero essere realizzate in altro modo ottenendo prodotti tenuti insieme da una vite invece di cinque viti e cose di questo genere.
Quindi, l’immediata conclusione a livello progettuale si traduce in un design molto più semplice. Un’altra cosa che abbiamo scoperto (nella progettazione di prodotti per il successivo riutilizzo) è che abbiamo ridotto i controlli per quanto riguarda tutte quelle sostanze chimiche che vengono utilizzate in svariati processi di produzione e nei prodotti stessi realizzando così delle sostanze chimiche del tutto sicure.
- Può dare un esempio di come sei riuscito a ridurre questi controlli?
William McDonough: Il tessile è un buon esempio. Nel tessile abbiamo guardato alle migliaia di sostanze chimiche che vengono adoperate e impiegate. Utilizzando solo quelle che possono essere ritenute sicure, abbiamo stabilito così che il prodotto finale non dovesse così essere sottoposto a regolamenti determinati dall’utilizzo di sostanze pericolose perché non c’è nulla di pericoloso.
Prendete, ad esempio, un tessuto dei produttori Designtex Rohner, in cui abbiamo utilizzato 38 sostanze chimiche invece delle centinaia che vengono utilizzati normalmente. E successivamente l’acqua che esce dal depuratore dell’azienda non è contaminata dato che il prodotto in sé non è contaminato. Quindi, ad un tratto, l’intero quadro normativo è cambiato. Non è necessario creare così una gestione ambientale per trattare appositamente i materiali pericolosi.
Non si dispone così di malloppi di pagine e pagine di documentazione e di relazioni sul trattamento dei vari materiali pericolosi, per non parlare delle discariche e di quelle abusive. Tutto questo semplicemente perché abbiamo rimosso essenzialmente dal processo di produzione e dalle materie prime le sostanze chimiche pericolose.
- Come possiamo diffondere questo approccio in modo da ridurre seriamente l’uso di prodotti chimici pericolosi?
William McDonough: Per quanto riguarda la progettazione da un lato, esistono un sacco di strumenti che saranno in breve tempo nelle mani del designer. Quindi, se qualcuno decide di voler fare una bio-plastica rossa, abbiamo già catalogati i vari rossi che non sono pericolosi e che potrebbero essere utilizzati per la bio-plastica.
- Quali lezioni è hai imparato quando avete dovuto progettare dei modelli sostenibili per la Nike?
William McDonough: Siamo partiti da questo concetto: “crediamo i propri clienti debbano diventare come parte della propria famiglia”, così facendo nasce un nuovo rapporto con il cliente soprattutto quando si va a vendere loro un prodotto. E non è una cosa astratto, vi è una transazione che si deve verificare.
Così, per esempio dire: “ho venduto un paio di scarpe e ora ne realizzerò un altro paio per rivenderle al prossimo, ma quando le prime saranno rotte e rovinate?” Ma se siete parte della famiglia, voi clienti potreste dire: “Beh, forse ho intenzione di farci un po’ di soldi da queste scarpe. Ottenendo magari uno sconto sul mio prossimo paio nuovo”. E ci si potrebbe chiedere:” Perché una società deve applicare uno sconto in cambio di scarpe vecchie, che poi finiranno ad essere macinate o riciclate, prendendosi così cura di loro? E’ davvero solo un costo?”
Ma il nocciolo della questione è: aziende come Nike potrebbero tranquillamente applicare processi di questo tipo fornendo servizi come questi. In realtà queste aziende dovrebbero essere viste come servizi di manutenzione per coprire i vostri piedi. Possono anche essere viste naturalmente come società di progettazione e commercializzazione ma non completamente. Esse lavorerebbero fuori dalla produzione.
Quindi, se il 75% di una bilancio di una società è sviluppato sul marketing e non attraverso l’effettiva produzione di scarpe quindi del prodotto stesso, avere un cliente che torna da voi per acquistare il loro prossimo prodotto significa rendere il riciclaggio una vera e propria piccola parte del vostro budget destinato al marketing.
E tutto ad un tratto il prodotto entra a far parte della tua campagna di marketing per la prossima generazione. Questo è il valore reale in questo senso. Non saranno le singole molecole e il valore di tali molecole di per sé. E’ il rapporto tra il cliente e il fornitore che è la cosa preziosa.
- Sei stato chiamato un utopico. Come fai per essere così ottimista in questo momento?
William McDonough: Penso che noi progettisti dobbiamo essere per natura ottimisti, perché dobbiamo svegliarci ogni mattina cercando di rendere il mondo un posto migliore. Quindi, l’idea è quella di dire: “Le cose potrebbero essere migliori se vogliamo applicare in principio su stessi in modi diversi.”
Noi non riconosciamo ancora il valore che i nostri processi produttivi potrebbero integrarsi con i sistemi naturali in modo delizioso, invece di distruggerli in svariati modi. Quindi sono ottimista sul fatto che ci sia profumo di caffè il che significa che è il momento di cominciare a prepararci per tale occasione.
Per quanto riguarda se è troppo tardi o meno, ci sono certamente segnali ovunque e tristezza in tutto il mondo per ciò che vediamo e sentiamo parlare quotidianamente. Il cambiamento climatico e la fusione dei ghiacciai polari è un problema che, ovviamente, qualcosa di apparentemente in corso sta avvenendo e non può essere una sciocchezza. Le cause però devono essere innanzitutto eliminate e ci impiegheremo decenni per ripulirci di tutto questa immondizia. Ma tutto deve essere fatto da designers.
[ Links utili e approfondimenti ]
- ► I Designer che cambiano il mondo: “Form follows sense”. Con Simonetta Carbonaro per capire una società che cambia e approfondire le future dinamiche sociali, scoprire soluzioni possibili e nuove e antiche conoscenze. Da una Tecnologia Umanistica ad un’Economia di Cultura
30 luglio 2017 alle 20:56
[...] poco per volta. (Kälin A., Cradle to Cradle, documenti conferenza, Maastricht, 27-11-2008) McDonough sostiene che con i clienti progetta prodotti e servizi dagli alti requisiti, e i loro utenti [...]