Biochar o Carbone Agricolo: Il Fertilizzante e Materia Prima della Terra Preta che Promette Ancora uno Sviluppo Sostenibile Possibile ed una Conservazione per i Grandi Polmoni della Terra

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente

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Pubblicato il giorno 03 dicembre 2008 - 4 commenti



   


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[ Biochar Soluzione Possibile per un'Agricoltura Sostenibile? Considerato Ufficialmente Come Mitigatore dei Cambiamenti Climatici, ora al Via una Strategia per la Diffusione e l'Utilizzo del Prezioso Carbone Agricolo ]

[ Il Carbon Negative. Dopo il Carbon Neutral ecco la Prossima Rivoluzione Verde: Se il Carbonio Diventa “Negativo”. Dal Metodo di Frederich Hauge alla Sottrazione della CO2 Tramite il Biochar ]

Innanzitutto il biochar o chiamato anche carbone agricolo è un importante componente e materia prima per creare la terra preta ed è costituito da una grana fine costituita prevalentemente di terriccio ad alto contenuto di carbonio organico e in gran parte resistente alla decomposizione. Il biochar si produce naturalmente grazie a processi chimici come la  pirolisi di rifiuti vegetali e diverse materie prime comunque organiche (La pirolisi è la scomposizione chimica di materiale organico per mezzo del calore in assenza di ossigeno. Questo processo crea gas (chiamati syngas), catramine e ceneri. Il risultato è una combinazione di carbone, condensato di bio-oli, catrame e cenere) .

Il carbone agricolo o biochar è un importantissimo strato del suolo che assorbe CO2, fissandolo e immagazzinandolo nel suolo sotto forma di diverse componenti chimiche. La maggiore capacità di ritenzione di sostanze nutritive di fanno del biochar una componente fondamentale in natura non solo riducendo il fabbisogno totale di fertilizzante, ma anche aiutando il clima e l’impatto ambientale dei coltivazioni oltre al fatto che i suoli con buona concentrazione di biochar hanno dimostrato di ridurre dal 50 – 80% le emissioni di protossido di azoto e di ridurre il deflusso di fosforo nelle acque superficiali e la lisciviazione di azoto nelle acque sotterranee. Il biochar in definitiva aumenta significativamente l’efficienza del suolo e riduce la necessità di fertilizzanti chimici tradizionali, mentre migliora notevolmente la resa delle colture. Il biochar per questo offre quindi una promessa di produttività del suolo e dei benefici del clima.

Riportiamo qui le caratteristiche fondamentali di questo componente per affrontarne direttamente le implicazioni in natura e nelle coltivazioni:

  • Stimolazione della crescita delle piante.
  • Riduzione delle emissioni di metano.
  • Riduzione emissioni protossido di azoto (circa 50%).
  • Riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti (circa 10%).
  • Riduzione dilavamento nutrienti.
  • Sequestro del carbonio in un deposito sotterraneo stabile e a lungo termine.
  • Abbassamento dell’acidità del suolo.
  • Riduzione dell’inquinamento da alluminio.
  • Innalzamento del numero e qualità degli aggregati nel suolo grazie all’aumento delle ife fungali.
  • Miglioramento della capacità di ritenzione idrica del terreno.
  • Aumento di Ca, Mg, P e K disponibili nel terreno.
  • Aumento della respirazione microbica del terreno.
  • Aumento della massa microbica.
  • Stimolazione dell’azione di fissaggio dell’azoto da parte dei legumi.
  • Maggior estensione delle micorrize.
  • Maggiore capacità di scambio di cationi.

fonte: L’Orto di Carta – Biochar: Domande e Risposte

Ma il biochar potrebbe aiutare anche la conservazione delle foreste tropicali. La conservazione delle foreste pluviali tropicali e di altri ecosistemi che creano biodiversità soprattutto nelle aree dei è un enorme sfida. Dichiarare che la regione diventi una zona di conservazione naturale senza togliere le pressioni che minacciano l’integrità della zona, non funziona. Le esigenze sociali ed economiche delle popolazioni locali devono essere prese in considerazione, è per questo che molti progetti di conservazione spesso non riescono. Aumentare la fertilità dei suoli poveri nelle zone tropicali, potrebbe quindi contribuire a risolvere questo particolare problema.

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I progetti di conservazione delle foresta si confrontano con pressioni internazionali (ad esempio, l’espansione dell’agricoltura in risposta alle forze di una crisi del mercato globale) e locali (ad esempio per l’allevamento rurale delle popolazioni povere che si affidano a questa tecnica per sopravvivere.) Le forze a livello mondiale sono difficili da controllare, ma le pressioni locali possono essere affrontate. La maggior parte dei progetti di conservazione tentano di ricerca dei mezzi di sussistenza alternativi per la popolazione locale in modo da non dipendere e pesare su ecosistema che dovrebbe essere protetto e incentivato nella crescita. Ma questo è di per sé una grande sfida. Queste popolazioni hai confini del mondo civile hanno bisogno di cibo, energia e servizi sociali per soddisfare le loro esigenze fondamentali, così la pressione sull’ambiente aumenta.

Quando degli agricoltori locali si trasformano in guardie forestali o guide turistiche, le attività agricole possono essere eliminate nelle immediate vicinanze della zona ma naturalmente la domanda locale per cibo, fibra, prodotti forestali ed energia non scompare. Questo fenomeno, noto come ‘fuga’ è uno dei punti deboli della maggior parte degli attuali sforzi di conservazione delle foreste. In alcuni casi, i progetti possono anche generare “dei rifugiati da conservazione”, le persone che vengono allontanate dalla loro terra che viene trasformata in una zona protetta. E in casi estremi questa violenza può comportare addirittura l’uso della forza militare (si veda la brillante panoramica nel prossimo libro di Mark Dowie: “Conservation Refugees – The Hundred-Year Conflict between Global Conservation and Native Peoples“, MIT Press, Maggio 2009). Si deve quindi puntare ad un’apertura locale in modo che le persone possano beneficiare di mantenere la loro terra e le foreste. Tuttavia, ciò richiede complesse e costose transizioni da rudimentali tecniche di uso del suolo, come il taglio e il bruciare per l’agricoltura,  a concetti più raffinati.

L’emergere di un mercato in crescita per l’ecosistema di servizi può contribuire notevolmente a creare progetti di conservazione della foresta, perché questo mercato genera a sua volta ricavi aggiuntivi che possono affrontare nuove sfide. I fondi possono generare un flusso economico per quelle persone che sarebbero state altrimenti sfollate quindi una sussistenza che deve essere trasformata e fatta funzionare. Per questo il carbone agricolo o biochar, può rappresentare una promettente e nuova strategia di destinazione d’uso dei terreni. Infatti il biochar può contemporaneamente proteggere zone di conservazione, senza la necessità di forzare gli agricoltori locali a rinunciare alle loro attività agricole, andando ad intaccare le foreste e prevenendo la loro “fuga”. Il biochar potrebbe quindi rappresentare una soluzione vincente su molti fronti per realizzare progetti di conservazione delle foresta più fattibili.

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Ma come è possibile tutto questo? È facile da capire! Il biochar, ricco di carbonio ottenuto dalla pirolisi di biomasse, verrebbe unito ai terreni acidi e poveri di sostanze nutritive come i suoli tropicali o in quei terreni sterili che spingono le persone a contare su una strategia agricola come il taglio e il fuoco che renderebbero il suolo molto più fertile e produttivo. Abbiamo già parlato della terra preta il cui carbone agricolo ne rappresenta una materia prima fondamentale.

Il carbone agricolo può creare un corto circuito nel ciclo agricolo del taglio e fuoco delle foreste, obiettivo è quindi realizzare un’agricoltura di sussistenza che renderebbe i terreni ai margini delle foreste tropicali di gran lunga più produttivi e, quindi, ridurre la pressione ambientale della popolazione. Più cibo, fibre e biomassa può essere prodotta su un appezzamento di terreno che è stato modificato con biochar. In alcuni casi sono stati registrati aumenti di rendimento del grano del 880% durante l’utilizzo di carbone agricolo rispetto a suoli che necessitano di una continua aggiunta di fertilizzanti. Si calcola che a seconda delle circostanze locali, generalmente un solo ettaro di terra agricola modificata con biochar può proteggere circa da 5 a 20 ettari di bosco incontaminato.

Come la terra preta, il carbone agricolo non solo migliora la produttività dei suoli poveri e quindi riduce la pressione sugli ecosistemi delle popolazioni locali, ma anche assorbe CO2 e produce uno stabile e permanente deposito di carbonio aiutando a combattere il cambiamento climatico. Il concetto di creazione di aree a biochar intorno alle zone di conservazione deve essere ulteriormente esplorato. Il modo in cui abbiamo presentato qui il concetto è ottimo ma naturalmente molte questioni circa la fattibilità di un tale progetto restano. Sicuramente la crescente evidenza delle capacità dell’utilizzo di biochar di mantenere i terreni produttivi, in particolare le frontiere delle foreste tropicali rappresentano un accenno ad una sicura e potenziale sinergia tra conservazione e sviluppo locale.

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  • Ultimi aggiornamenti dall’Italia:

La ricerca in Italia, condotta dall’ITABI (coordinatore del progetto Dr.Franco Miglietta-CNR-Ibimet di Firenze) si è orientata sulla valutazione dell’effetto del biochar sulla produzione del grano duro in un esperimento in Toscana. L’aggiunta di biochar al terreno è stata di 10 t/ha in pre-semina con un effetto di stimolazione della produzione di circa il 15%. Le rese in biomassa, infatti, sono passate da 81 q/ha (sostanza secca) a 95 q/ha con l’aggiunta di biochar, confermando l’effetto “fertilizzante” del biochar. Un aumento del 15% della produzione, in considerazione dell’aumento del prezzo del grano, potrebbe rappresentare un ulteriore sostegno al settore cerealicolo. Mentre Nova24 Ora! ha pubblicato i seguenti interessanti video:

[ Links utili e approfondimenti ]



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4 commenti

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  1. Molto interessante. Complimenti all autore!

    Un altro metodo economico per creare energia rinnovabile e fertilizzanti naturali é quello del biodigester.

  2. A Donori (vicino a Cagliari) in Sardegna, la società Maim Engineering srl con la AIT srl hanno realizzato un impianto dimostrativo di pirolisi lenta, umida e catalitica che produce syngas (70% di idrogeno) e biochar dai rifiuti degli allevamenti di polli e da biomasse in genere. I risultati sono molto promettenti e verranno pubblicati a breve nel nostro sito: http://www.maim.it.
    100 kg di biomassa + 20 kg di acqua consentono di produrre 90 kg di syngas (PCI 6500-7000 Kcal/kg) e 30 kg di biochar.
    Referente: ing. Mario Cruccu

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