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Una forte tendenza che potrebbe ridurre il costo dei prodotti biologici in tutto il mondo, e addirittura fare da scintilla per un progetto di più ampia portata, con conseguenze sociali all’interno della Cina, che vede milioni di lavoratori disoccupati migranti dalle fabbriche tornare alla campagna in cerca di lavoro, considerando anche l’aumento dei ricavi possibili da prodotti alimentari biologici – che vende al doppio del prezzo di prodotti convenzionali – potrebbero contribuire a facilitare il lavoro di transizione. “Esiste una pesante differenza di reddito fra l’agricoltore e il cittadino”, spiega Xiao Xingji, direttore del Centro per lo sviluppo dell’agricoltura biologica della Cina (OFDC), una parte del Ministero delle Politiche Agricole e uno dei principali driver dell’agricoltura biologica in Cina. “Tutti vogliono arricchirsi rapidamente, soprattutto i contadini poveri. Ma a lungo termine non vogliono rimanere in città. Per questo se riusciamo a creare e mantenere un certo reddito nelle campagne, non si produrrebbero questi pesanti flussi migratori “.
La prospettiva del governo è quella quindi anche di migliorare la sicurezza alimentare e l’ambiente, oltre ad aiutare gli agricoltori ad aumentare il proprio reddito. Attraverso organizzazioni come la OFDC, la Cina ha investito massicciamente nella ricerca, sviluppo e commercializzazione nell’agricoltura biologica. Sono anche i governi locali inoltre che offrono sostegno finanziario attraverso programmi di formazione e sovvenzioni, come ad esempio sconti per fertilizzante organico. Nonostante l’ottimismo, il boom dei prodotti alimentari biologici non è privo di problemi. Come molti prodotti in Cina, è difficile dire se sono veramente ciò che sono … insomma certificazioni adeguate ancora non esistono. “Non molti, me compreso, ritengono che il marchio del biologico”, afferma Guo. “riguardi forse il 30% aziende agricole che si dicono biologiche, le altre applicano il proprio marchio su prodotti alimentari convenzionali”.
Come è stato per il latte contaminato alla melamina che ha avvelenato 300.000 bambini, numerosi altri scandali alimentari affliggono il paese e certificare i prodotti come biologici non è una priorità per il governo cinese. “Credo che in futuro il governo migliorerà questa situazione”, continua Guo. “Ma ora, in materia di igiene e sicurezza alimentare, lo Stato ha così tanto lavoro da svolgere che ora non è indispensabile preoccuparsi di agricoltura biologica”. Guo spiega che i funzionari governativi visitano la sua azienda due volte l’anno per analizzare il suolo e l’acqua. Ma come ammette Guo, i scarsi controlli portano alcuni agricoltori senza scrupoli a mescolare prodotti alimentari biologici e convenzionali.
Ci troviamo di fronte a problemi banali, come tenere lontano i parassiti e trattare le erbe infestanti. Ciò richiede un forte investimento di tempo e porta ad un maggiore rischio nei raccolti. City Farm, per esempio, è piena di segnalatori elettronici per cacciare particolari insetti o anche carte appiccicose che gli attraggono. Curiosamente comunque, questi vincoli hanno portato l’agricoltura cinese dal suo passato comunista, attraverso un modo che renderebbe felice Mao: grazie all’aumento infatti delle aziende cooperative. Xiao spiega infatti che sono numerosi i gruppi di agricoltori che tendono ad unire i loro terreni, in una porzione unica, quindi condividendo costi e profitti. Anche se le sfide restano, la crescente domanda da parte dei giovani cinesi va nella direzione di una migliore qualità alimentare. “Gli anziani non sci fanno caso, ma la nuova classe di giovani istruiti stanno cominciando a guardare al marchio che applichiamo di agricoltura biologica”.
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