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Dal momento in cui John Deere ha inventato l’aratro acciaio, che ha consentito di rompere le zolle erbose e cominciare un’agricoltura intensiva, ha causato una riduzione del carbonio nel suolo di circa il 50%, Evan DeLucia, professore di biologia vegetale alla Illinois University è l’autore corrispondente nel nuovo studio. “Qualsiasi discussione sulle conseguenze ambientali dell’utilizzare colture per la produzione di biocarburanti deve anche considerare come ogni soluzione incida sul comportamento del carbonio nel suolo.” spiega DeLucia che continua: “La più grande risorsa terrestre di carbonio è il suolo infatti. La parte più a contatto con l’atmosfera del suolo contiene più di tre volte l’ammontare del carbonio immagazzinato nella vegetazione o nell’atmosfera, quindi modificare anche di poco questa superficie e la si sta modificando in modo consistente significa ottenere un enorme impatto sul clima e quindi sul riscaldamento globale.”
A differenza del mais, che deve essere ripiantato ogni anno, le graminacee perenni come il Miscanthus può aumentare l’immagazzinamento di carbonio nel suolo. Queste e altre colture sono state proposte, come quelle considerate materia prima per la produzione di biocarburanti. Attualmente, l’etanolo viene prodotto dalla fermentazione di amido di mais, ma significativamente più biocarburante può essere raccolto dai gambi e dalle foglie di altre piante (vedi Kudzu, la Jatropha Curcas, Camelina, Sorgo Dolce).
La tecnologia per la produzione di questo etanolo da cellulosa è ancora piuttosto costoso, ma con l’avanzare della tecnologia l’utilizzo del mais sarà sostituito da altre colture bioenergetiche. Circa il 20% del raccolto di mais attualmente va in produzione per l’etanolo solo negli USA, “così abbiamo iniziato a pensare all’ipotesi che potrebbe essere meglio coltivare colture perenni per la produzione di biocarburante con la felice conseguenza di un maggior fissaggio del carbonio al suolo.”
L’analisi ha dimostrato che la conversione della terra (da pascoli o foreste) per la canna da zucchero ha drasticamente ridotto di carbonio nel suolo, con la creazione di un disavanzo di carbonio che impiegherà decenni per essere riassorbito. E addirittura ri-impiantare colture perenni potrebbe richiedere fino ad un secolo per il riassorbimento nello stesso suolo del carbonio rilasciato sottoforma di CO2 dovuto alla coltivazione della canna da zucchero. E raccogliere i residui di mais per la produzione di etanolo cellulosico anche questo riduce il carbonio nel suolo. Anche se c’è stato un primo calo di carbonio nei campi che sono stati convertiti dal mais al Miscanthus o ad altre erbe perenni, la perdita è stata abbastanza rapidamente compensata dagli incrementi annuali di carbonio nel suolo.
“Coerentemente con la nostra ipotesi, la piante come il Miscanthus iniziano ad attirare e fissare la CO2 dall’atmosfera al suolo molto velocemente”, afferma DeLucia. “Da una prospettiva puramente del carbonio, la nostra ricerca indica che l’introduzione di colture bioenergetiche per la produzione di biocarburanti tramite colture perenni in paesaggi che sono dominati da colture annuali avrebbero un serio effetto positivo fissando al suolo carbonio”. DeLucia e i suoi colleghi presenteranno le loro conclusioni questo mese al 2008 Fall Meeting dell’American Geophysical Union. Puntualizziamo che Evan DeLucia è anche un affiliato dell’Institute for Genomic Biology e dell’Energy Biosciences Institute all’Illinois University.
Una questione da mettere meglio a fuoco riguarda la svolta dell’utilizzo della cellulosa per la produzione di biocarburanti che sicuramente non è il modo più efficace per l’utilizzo di un determinato flusso di biomassa. Da un numero considerevole di studi emerge che in un’azienda agricola dove ogni risorsa viene intelligentemente trasformata, utilizzare la biomassa per la generazione di energia elettrica da trasferire a veicoli elettrici è molto più efficiente di una soluzione che veder la conversione della biomassa in un biocarburante liquido o gassoso per l’utilizzo come combustibile per motori.
O addirittura un modo ancora più efficiente di usare la biomassa è quello della produzione combinata di calore e di energia elettrica (CHP). Un recente studio canadese, per esempio, comunque ha dimostrato che l’utilizzo di biocombustibili solidi generare calore presenta da 5-10 volte l’aumento della capacità di compensare le emissioni di gas serra, rispetto ai biocarburanti di prima generazione. Il futuro della biomassa per il trasporto potrebbe provenire infatti direttamente dalla produzione di colture bioenergetiche in presenza di biochar (il carbone agricolo), e da queste colture, sostanze organiche che verrebbero utilizzate per produrre carbonio-negativo ed energia per auto elettriche. Tale sistema integrato di energia da biomassa ed humus capace di sottrarre CO2 dall’atmosfera, sarebbe accoppiato ad una rete di altre energie rinnovabili che dovrebbero puntare ad un futuro fatto di auto elettriche.
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