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“Diamo per scontato che, se entriamo in un negozio o in un ristorante, il cibo ci sarà come per magia proveniente da qualche parte. Eppure, pensare in questo modo: solo a Londra, ogni giorno vengono consumati 30 milioni di pasti. Senza un approvvigionamento alimentare affidabile, anche la città più moderna crollerebbe rapidamente. E la maggior parte delle persone oggi si alimentano con cibo di cui conosco all’incirca la provenienza”, così spiega l’architetto e autore Carolyn Steel che utilizza il cibo come mezzo per “leggere” le città e capire come funzionano. Nel suo libro Hungry City delinea lo scenario alimentare delle città, come viaggia il cibo dalla terra alla tavola delle città. “Le città, come le persone, sono ciò che mangiano.”
Julia Wright con Lessons from Cuba racconta come ha trascorso gli ultimi 15 anni a studiare la risposta cubana al crollo dell’Unione Sovietica, da cui precedentemente importavo il 50% dei suoi prodotti alimentari. La rivoluzione agricola che ne seguì, in particolare verso un’agricoltura biologica urbana, è diventata una leggenda, tanto che il WWF ha descritto Cuba come l’unico esempio di sviluppo sostenibile in campo agricolo nel mondo. Wright non nega che le aziende agricole urbane di Cuba, o organopónicos come le chiamano i nativi, sono state un interessante caso di successo. In realtà si scopre che il miracolo agricolo cubano, è in procinto di tornare indietro sui suoi passi verso qualcosa di molto più interessante.
Nonostante una ricchezza di elementi di prova, secondo la Wright, si è potuto dimostrare a Cuba che la terra coltivata in modo biologico, è in realtà più produttiva di un’agricoltura intensiva e industriale, per questo la nazione dopo una prima applicazione ed espansione di un’agricoltura intensiva, si è ritornati su quella biologica, soprattutto considerati tutti i problemi di dipendenza dal petrolio e il degrado che un’agricoltura industriale provoca al suolo (già il 25% del suolo cubano si può già considerare degradato). Nonostante i straordinari risultati raggiunti in risposta a una crisi alimentare senza precedenti, sembra che la maggior parte dei cubani (considerate le pesanti pressioni delle multinazionali dell’agroalimentare) abbia nostalgia per un sistema alimentare più simile a quello occidentale. La conversione ad un’agricoltura biologica e all’auto-sufficienza alimentare (praticamente forzata), “culturalmente” la popolazione, non lo ha mai provata fino in fondo.
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