Avviare una FATTORIA URBANA: Contro l’Industria Agroalimentare, l’Agricoltura Biologica in Citta’ Secondo Kelly Coyne ed Erik Knutzen, ma non solo …

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Guide utili

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Pubblicato il giorno 28 agosto 2009 - 2 commenti



   


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Cerchi il gusto nei cibi ma non lo trovi? Vedi attorno a te solo verdure inzuppate di pesticidi? E’ il momento di iniziare a coltivare il cibo nel proprio cortile e avviare la propria fattoria urbana. Il testo che segue è un estratto da “The Urban Homestead” , una guida su come vivere, in modo auto sufficiente nel cuore della città (di Kelly Coyne e Erik Knutzen). Immaginatevi seduti a tavola davanti a un bel piatto di insalata a base di rucola e pomodori coltivati da te. Oppure, la domenica immagina di prepararti una frittata con le uova che la tua gallina ha deposto quel mattino stesso, servita con una spessa fetta di pane fresco, burro e marmellata di albicocca, tutti preparati in casa, naturalmente. Oppure immagina di offrire ai tuoi amici un idromele fatto con miele locale. Vorreste vivere così? Stiamo parlando di come creare una fattoria urbana.

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“Io e mio marito Erik abbiamo creato tutto questo nel nostro piccolo bungalow a Los Angeles, a poca distanza da Sunset Boulevard. Noi coltiviamo i nostri alimenti, ricicliamo l’acqua, riforniamo di viveri il quartiere e abbiamo costruito una comunità. Abbiamo una fattoria urbana. Anche se fantastichiamo sul fatto di poter traslocare, un giorno, in campagna, la città ci offre comunque tutto ciò che per noi è importante. Qui abbiamo gli amici e la famiglia, tutti i comfort e gli stimoli culturali che una città può offrire. Per il momento ha più senso per noi diventare autosufficiente in città grazie ad una fattoria urbana. Non è stato necessario per noi diventare agricoltori. Coltiviamo cibo in abbondanza nel nostro “Echo Park” e alleviamo addirittura polli. Una volta che senti che il gusto della lattuga in realtà ha un sapore diverso da quella che acquisti nei supermercati o mangi una focaccia accompagnata con pomodori che ancora hanno il caldo del sole o un uovo fresco della propria gallina, non si potrà più rimanere soddisfatti mangiando cibi preconfezionati o uova di allevamento.”

“Il nostro passo successivo nel percorso di creazione di una fattoria urbana, è stato quello di imparare ad usare le antiche tecniche per coltivare al meglio e per conservare al meglio i cibi che provenivano dalla nostra fattoria urbana: il decapaggio, la fermentazione, l’essiccazione e la produzione di birra. Un barattolo di marmellata di more selvatiche mantiene il gusto dell’estate e non delle sostanze chimiche che si usano in fabbrica. Quando si coltivano alcuni dei propri alimenti, si comincia ad avere una maggior cura su tutti i prodotti alimentari. “Da dove proviene?” ci chiediamo spesso ora quando andiamo a far la spesa. “Cosa contiene?” Nello stesso momento iniziamo ad acquisire più nozioni sugli alimenti coltivati e fermentati. Pochi negozi hanno la qualità di ciò che riusciamo a coltivare. E così il supermercato ha cominciato a sembrare un deserto, povero e arido di ciò di cui abbiamo bisogno.

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L’idea di agricoltura urbana non è una novità. Ancor prima dell’epoca delle autostrade e dei camion – frigo, la città dipendeva dagli agricoltori urbani per la maggior parte dei prodotti alimentari freschi. Queste erano le prime fattorie urbane che con il tempo venivano accerchiate dai palazzi della città che avanzava. E queste includevano le piccole aziende agricole intorno alla città così come gli orti. Anche oggi vi sono luoghi che hanno mantenuto questa tradizione. I cittadini di Shanghai producono l’85% dei propri ortaggi all’interno della città e questo è solo un esempio di una lunga tradizione di intensa agricoltura urbana e fattorie urbane in Asia. Oppure possiamo considerare Cuba. I cubani hanno da sempre praticato una agricoltura industriale centralizzata, come facciamo noi, fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. In seguito i cubani sono stati costretti al passare da un grande sistema, basato sul petrolio, ad una agricoltura su piccola scala e gran parte della quale praticata in città grazie alle fattorie urbane. Oggi, i giardini urbani biologici producono la metà della frutta e verdura fresche consumate dai cubani.

Gli Stati Uniti, una volta, erano una nazione di agricoltori. Oggi la maggior degli abitanti non sa neppure cosa sia una zappa. Nella seconda metà del 20° secolo si è verificato un cambiamento culturale unico nella storia umana. Abbiamo la convinzione che non abbiamo bisogno di avere nulla a che fare con il nostro cibo; Gli alimenti diventano solo un altro prodotto, un’anonima transazione. Nel fare questa transizione abbiamo sacrificato la qualità per la comodità e abbiamo imparato a dimenticare il valore di ciò cui abbiamo rinunciato.

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Le grandi società agroalimentari ci offrono verdure senza gusto, geneticamente modificate (fortunatamente non ancora in Italia), ricche di antiparassitari e composti chimici; cresciute in suoli poveri ed ora il risultato di un miope profitto basato sulle pratiche agricole ha reso ciò che mangiamo qualitativamente molto inferiore di sostanze nutritive rispetto agli alimenti coltivati in terreni sani. I prodotti agroalimentari industriali sono un completo fallimento dal punto di vista nutrizionale e il bestiame allevato industrialmente vive in condizioni squallide. Il fatto è che viviamo in un’epoca spaventosa, per quanto riguarda l’alimentazione. Certo, abbiamo una grande abbondanza di cibo poco costoso nei supermercati (e che sprechiamo in abbondanza) ma l’inquietante verità è che, in termini di sapore e qualità nutrizionali i nostri antenati mangiavano molto meglio di noi.

C’è un costo meno evidente dietro i prodotti a prezzo più alto nei supermercati. I francesi usano un termine, malbouffe, riferendosi al cibo spazzatura ma con applicazioni più ampie e sinistre. Il contadino radicale José Bové, che è stato in carcere per l’assalto e la distruzione di un McDonald’s, spiega il concetto di malbouffe: “Inizialmente ho usato la parola ‘alimenti di merda’ ma rapidamente ho cambiato l’espressione in “malbouffe”, per evitare un’offesa perché, quando si tratta di cibo, al di là di qualsiasi preoccupazione per la salute, sai che hai a che fare col gusto e con quello che noi stessi mangiamo. Malbouffe implica mangiare qualsiasi cosa, preparata in qualsiasi modo. Per me, con questo termine, si intende sia l’industrializzazione e la conseguente standardizzazione dei prodotti alimentari, come da McDonald’s, dove lo stesso sapore di un hamburger lo puoi provare in tutto il mondo, sia la scelta degli alimenti associati all’uso di ormoni e di organismi geneticamente modificati, nonché residui le ingenti quantità di pesticidi e di altre pericolose sostanze chimiche che possono mettere in pericolo la salute delle persone. Per saperne di più: “The World is Not for Sale” di José Bové e Dufour Franois.

Continua Kelly Coyne: “Quali sono dunque le strategie che possono seguire coloro che vogliono realizzare una fattoria urbana, al fine di evitare il malbouffe? I negozi di prodotti biologici, le cooperative e negozi di alimentazione naturale servono come buoni supplementi per le fattorie urbane ma abbiamo constatato che producendo da soli la nostra alimentazione, o anche una piccola parte di essa, piuttosto che acquistarla, non solo ci guadagniamo una migliore qualità alimentare, ma anche un rapporto migliore tra noi e gli alimenti fondamentali. Ora non solo sappiamo che le nostre colture sono prive di pesticidi ma abbiamo anche scoperto un mondo completamente nuovo riguardo al gusto e al sapore degli alimenti che altrimenti per noi era sconosciuto. Coltivare il proprio cibo è un atto di resistenza. Dobbiamo seguire con tutte le nostre forze José Bové nello smantellamento della società che ci fornisce alimenti spazzatura.

Abbiamo anche cambiato la nostra prospettiva: da consumatori diventiamo produttori. Certo, siamo ancora costretti a comprare alimenti come: l’olio d’oliva, il parmigiano reggiano, il vino, la farina, il cioccolato. Non siamo estranei alla cultura del consumatore moderno. Ma ancora non accettiamo il fatto che la spesa sia la nostra unica forma di potere. Invece dovremmo cominciare a pensare che il potere più grande risieda nel creare, anziché nello spendere! Siamo produttori,  vicini di casa e amici. Pensi forse di non avere abbastanza terra per coltivare il cibo? “

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“Prima di pensare che devi trasferisti da qualche altra parte per essere libero di coltivare il tuo cibo, comincia a guardarti intorno. Le città presentano spazi in abbondanza ed un grande spreco di aree. In base alla mentalità del costruttore di fattorie urbane si comincerà a vedere qualsiasi spazio aperto come un luogo per coltivare cibo. Ciò include cortili, lotti di terreno vuoti, aree attorno ai parcheggi, vicoli, balconi, fioriere, tetti etc. Una volta che si esce dalla immagine mentale che ci impone di immaginare un orto come uno spazio recintato, un po’ di terreno con dentro uno spaventapasseri, si potrà iniziare a vedere la possibilità di realizzare ciò di cui stiamo parlando. Pensate ad una giungla, non alla prateria. La verità è che si può coltivare una miriade di prodotti alimentari in un piccolo spazio. È possibile coltivare verdure ed erbe se si vive in un appartamento o una casa, se si è in affitto o se si vive in una casa di proprietà. Disponete di 1 mq di spazio libero o di terra? Se non si dispone di uno spazio grande, non avete almeno un po’ di spazio in un patio o in un balcone per due o tre vasche di plastica? Se  proprio non si ha nemmeno questo, si potrebbe allora avere dello spazio in un giardino comune, o in quello di un parente o di un vicino di casa.

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“Possiamo creare la nostra fattoria urbana a casa nostra, seguendo i nostri ritmi, per soddisfare noi stessi. Alcune cose, come la cottura del pane, sono diventate parte della nostra normale routine. Altri esperimenti culinari, come fare i sottaceti, vanno e vengono a seconda che il tempo a nostra disposizione lo consenta. Progetti più ambiziosi, come l’installazione di un sistema per il riciclo delle acque grigie richiede tempo, ma lo fa anche risparmiare una volta realizzato. È improbabile che passeremmo più tempo in un orto per la produzione dei nostri cibi, rispetto a quello che passeremmo invece in un giardino a coltivar rose. È possibile impostare una fattoria urbana (o suburbana) in modo che il tempo richiesto per farla funzionare sia minimo.

A volte, quando la vita diventa troppo frenetica, possiamo limitarci a fare la manutenzione minima e necessaria e ci sfamiamo con una pizza. La fattoria urbana è tutta una questione di riutilizzo, di riciclaggio, di foraggiamento e di costruirsi le cose da soli. I semi sono poco costosi, il compostaggio è gratuito. La natura ci aspetta e attende anche il nostro aiuto. E poiché i prezzi del petrolio continuano a crescere insieme al costo del cibo, imparare a coltivarsi i propri alimenti potrebbe essere la tua scelta e il tuo investimento più saggi.

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La fattoria urbana è un modo per riaffermare i piaceri semplici della vita. Quando si trascorre un sabato mattina per prepararsi la propria pagnotta di pane o una sera d’estate, dopo il lavoro, a stare un po’ con i propri polli o a respirare profondamente il profumo del basilico fresco tagliato, questo  è il modo migliore per lasciarsi tutto alle spalle e rigenerarsi. Molti di noi trascorrono gran parte del giorno davanti a un computer. Una fattoria urbana è un sano modo per agganciarci al mondo naturale e allo scorrere delle stagioni e ci riporta alla mente che facciamo parte di un grande sistema.

La creazione di una fattoria domestica può essere la realizzazione di un desiderio. Ci  cuociamo da soli il pane perché sappiamo che è migliore di quello che si può comprare. Alleviamo le nostre galline e i polli perché ci piace e perché riteniamo che le loro uova siano le migliori. Nella nostra camera da letto noi teniamo la botte dell’idromele perché non è possibile acquistarlo al negozio di liquori all’angolo – e perché sappiamo che il processo di fermentazione è qualcosa di magico. Forse non sarete così portati per la coltivazione di ortaggi ma credo almeno che sia una soddisfazione per chiunque prodursi la propria birra. Oppure c’è chi tiene maggiormente a crearsi un sistema per le acque reflue, oppure chi desidera fabbricarsi i propri prodotti per la pulizia della casa che non siano tossici. Provateci! Iniziate almeno un progetto o un esperimento e puoi così liberare l’agricoltore urbano che è in te!

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2 commenti

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  1. Mi chiamo Monica e sono mamma di due bambini di 4 e 6 anni, sono costretta per problemi famigliari a vivere in centro ma sogno di poter allevare animali e coltivare cibo biologico. Nella mia citta’, Trieste, ci sono molte zone lasciate al degrado, parchi pubblici anche grandi e con strutture che una volta erano meravigliose ville, lasciati al degrado più totale, ma so che nessuno permetterebbe ad un singolo di avviare un’attività di questo tipo in questi luoghi perchè sono di proprietà cq del comune. E QUINDI? come superare gli ostacoli burocratici? Come poter cominciare a coltivare ed allevare anche in città? Dovrebbe essere un diritto di ogni cittadino anche in città poter respirare aria pulita, mangiare cibi sani, stare a contatto con la natura e avere un pò di verde intorno, come arrivare a questo?

  2. Salve Monica,

    resta il fatto che l’inquinamento atmosferico nella maggior parte delle città italiane è piuttosto alto (polveri sottili, composti organici volatili, ecc.) e la contaminazione è facile.

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