Green Economy e Aziende Italiane: Quando la Crisi Diventa Opportunita’

Scritto da Redazione - GenitronSviluppo.com in Ambiente, Green Economy, Storie

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Pubblicato il giorno 08 marzo 2010 - Nessun commento



   


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In questa breve serie di interviste vogliamo presentare gli aspetti fondamentali della green economy grazie ad un professionista che ha fatto della “crisi” una vera opportunità di sviluppo socio-economico per sé ma soprattutto per i suoi clienti o come gli definisce lui: il suo capitale sociale.

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  • Daniel Casarin: Giusto in qualche riga Giordano, presentati al nostro pubblico di lettori, raccontandoci del tuo percorso umano e professionale e della tua attuale fondamentale attività.

Giordano Mancini: Bene, inizio col dire che in passato ho “molto peccato”! Ho iniziato la mia carriera lavorando al controllo ed all’assicurazione della qualità nei cantieri per la costruzione di centrali nucleari e di piattaforme petrolifere. Mi manca solo di aver lavorato per una fabbrica di armi per essere considerato poco meno che il diavolo da un ambientalista! Scherzi a parte, sul piano tecnico ed umano, specie i cantieri all’estero, sono state esperienze veramente molto, molto formative, che mi hanno permesso agli inizi degli anni ’90 di tornare in Italia e di mettermi in proprio.

Ho aperto varie aziende per l’erogazione di servizi alle imprese, le quali hanno avuto un buon successo sui mercati grazie ad un impostazione decisamente innovativa. Nella vita ho sempre cercato formazione ed esperienze di tipo artistico ed umanistico per incrementare la creatività e di tipo psicologico e relazionale per migliorare la capacità di avere un buon rapporto con le persone. Le aziende sono fatte di persone e in genere hanno già al loro interno le necessarie competenze tecniche. Quello che gli serve è una visione competente e imparziale dall’esterno che gli permetta di “specchiarsi” e quindi di vedersi in modo nuovo. Poi ci vogliono buoni consigli per una buona e sensata riorganizzazione. Infine si arriva alle persone, la risorsa aziendale più preziosa e delicata. Per servire in modo utile e innovativo le imprese occorre avere creatività e capacità di convincere le persone, senza manipolarle, a cambiare il loro modo di fare. Questo mi ha portato agli inizi degli anni 2000 ad avere fino a 30 consulenti senior alle mie dipendenze o in collaborazione esterna e a servire più di 1000 clienti in tutta Italia.

Negli ultimi anni, grazie anche ad esperienze molto negative, ho imparato tante cose e cambiato la mia scala di valori, orientandomi, come stile di vita, verso il consumo consapevole e la decrescita. Ho ceduto o chiuso le mie aziende e mi sono “alleggerito” sotto molti aspetti, dedicandomi a tempo pieno ai temi della green economy ed al sociale. Ho un figlio disabile, malato di autismo, che mi ha insegnato e continua ad insegnarmi molto su quello che conta veramente nella vita.

Oggi, alla soglia dei 50 anni lavoro molto meno di prima, ma con il doppio del piacere e della passione. Adesso, sceso da tempo dal “ponte di comando”, faccio direttamente consulenza e formazione alle imprese oppure creo di volta in volta dei gruppi di lavoro basati sulla competenza, ma anche su un approccio etico al lavoro condiviso. In questo modo e con un approccio olistico alle problematiche dell’impresa, cerco di condividere le mie esperienze e le mie competenze con il mio storico “capitale sociale”. Almeno con quello che, in questo periodo di crisi, è in grado di trarne profitto in maniera adeguata.

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SITUAZIONE ITALIANA

  • Daniel Casarin: Crisi economica ma non solo … è necessario capire al meglio lo scenario globale attuale prima di avanzare una soluzione o sbaglio?

Giordano Mancini:Dici una cosa giusta: il lato economico è solo uno degli aspetti della grande crisi. In realtà si tratta di un intreccio, a livello planetario e con evidenti caratteristiche di tipo strutturale, di problemi di tipo ambientale, sociale e valoriale. La crisi economica, ed in particolare quella finanziaria, è più che altro una conseguenza delle tre grandi aree critiche di cui sopra. Le scelte valoriali, di stile di vita e di ideologia, estremizzate nel dopo guerra con un deciso orientamento verso il consumismo ed il “culto del P.I.L.”, hanno portato verso la crisi ambientale, sociale ed economica. Come sempre sono gli aspetti immateriali, il pensiero e la volontà a muovere le cose materiali e non il contrario come molti pensano. Ci siamo cacciati da soli e pure con entusiasmo in questo brutto guaio! E adesso è come cercare di far cambiare rotta o almeno di rallentare una grossa petroliera che naviga a tutta velocità verso un iceberg: l’inerzia è una forza enorme. La massa dei popoli non cambia idea abbastanza rapidamente e i governi che cercano il loro consenso elettorale rispettano tale inerzia.

  • Daniel Casarin: … e l’imprenditore di oggi, immerso in una situazione instabile fra mancate commesse e finanziamenti dalle banche, qual è la tua esperienza diretta di crisi nelle aziende?

Giordano Mancini: Nel fare formazione agli imprenditori e parlando della grande crisi, ad un certo punto chiedo loro se ritengono che le cose possano tornare come prima dell’autunno 2008. Ognuno di loro è un buon osservatorio statistico, perché hanno clienti e fornitori, amici imprenditori, stanno nelle loro associazioni di categoria e spesso siedono nei consigli di amministrazione di qualche banca del territorio. Quindi si confrontano con decine e decine di altri imprenditori. La risposta è sempre no. Un no senza esitazioni. La cosa che sorprende è che, nella maggior parte dei casi, non fanno nulla per cambiare profondamente strategia. Si limitano a risparmiare dove possono e a cercare di sopravvivere. Quindi in realtà aspettano che la tempesta passi! Sanno che non passerà, ma stanno quasi immobili. Licenziano, con sofferenza, qualche dipendente, eliminano i servizi non essenziali come le pulizie in azienda, trattano sconti con i fornitori, allungano i pagamenti… E aspettano.

  • Daniel Casarin: Iniziamo a penetrare meglio il tema della green economy, ci puoi dare una definizione di questa nuova rivoluzione che travolgerà l’attuale sistema?

Giordano Mancini: Premetto che non ho io l’esclusiva della definizione di green economy, un termine che viene usato in tutti i modi e in tutte le salse, visto che non esiste una definizione univoca. Per me si tratta di una vera svolta globale nel nostro modo di consumare, di produrre, di industrializzare e quindi di vivere il lavoro e l’economia nel senso più ampio del termine. Lo possiamo già intuire analizzando ad esempio gli spot e qualche slogan pubblicitaro. Non c’è più nessuna marca, salvo forse l’area dell’estetica e della bellezza (creme per la cellulite, creme di bellezza, macchinari per la tonificazione del corpo, ecc.) che parla di miglioramento delle prestazioni. Si parla oramai solo di rispetto dell’ambiente, di risparmio, di ridimensionamento, ecc..

Paradigmatico il mondo dell’auto: tutte le auto di piccola e media cilindrata vengono proposte, fra prati, foglioline e vele al vento, con in evidenza il fatto che costano poco, consumano poco e inquinano meno. Le auto di fascia medio-alta parlano invece di Blue think, ovvero: mantengo tutte le prestazioni, ti curo l’immagine, perché si deve vedere che sei speciale e che sei ricco, ma uso tecnologie che rispettano l’ambiente. Ripeto, è una svolta epocale, un totale ri-orientamento dello sviluppo, se ancora possiamo chiamarlo così. L’ecodesign stesso è un concetto rivoluzionario e ci cambierà veramente la vita.

GREEN ECONOMY COME OPPORTUNITA’

  • Daniel Casarin: Perché dobbiamo considerare la green economy oggi un’opportunità davvero stimolante e fondamentale per la nostra azienda?

Giordano Mancini:Riprendendo il punto precedente: quando gli imprenditori, i progettisti ed i designer, gli uomini del marketing e della comunicazione e poi tutte le altre risorse umane nelle aziende inizieranno ad orientarsi in maniera sempre più convinta verso la green economy le cose cambieranno in fretta! Attualmente impera il cosiddetto “green washing”: l’azienda si da una coloratina di verde, cambia l’immagine, ma nella sostanza rimane sulle vecchie posizioni, perdendo senza accorgersene ogni giorno un poco della sua competitività. Facendo invece le cose sul serio, avendo visione e comprendendo appieno lo scenario, le opportunità per le imprese sono enormi.

Entrare nella green economy significa poter tentare l’approccio a nuovi importanti mercati, tutti in forte espansione, mentre il resto langue o muore. Giusto per citarne i più importanti, abbiamo il mercato della filiera del “Carbon Trust”, con grandi e piccole aziende impegnate nella riduzione delle emissioni di gas serra. Impegno poi reso evidente sui prodotti grazie al nuovo labelling col piedino nero, il “Carbon footprint”, in grande diffusione in tutta Europa. Poi c’è la nuova grande opportunità offerta dalla pubblica amministrazione che si sta orientando, grazie a linee guida europee, verso gli acquisti verdi. In Italia abbiamo il PAN GPP, ovvero il Piano d’Azione Nazionale per il Green Public Procurement. Al netto della difesa, in Italia gli acquisti per la P.A. valgono 50 miliardi di euro all’anno! Infine c’è tutta l’area del consumo consapevole, dove la gente si aggrega in Gruppi di Acquisto Solidale e in altri tipi di associazioni per comperare in maniera nuova. Sono i consum-attori, che vogliono tenere in mano loro il boccino del mercato. Almeno per ciò che li riguarda. Bastano come nuovi sbocchi e opportunità?

  • Daniel Casarin: Nel tuo lavoro di consulenza quali ostacoli incontri più frequentemente nelle aziende ma soprattutto negli imprenditori italiani, ci puoi raccontare qualche caso studio significativo?

Giordano Mancini: Il pensiero, la volontà, le convinzioni, le emozioni e tutti gli altri aspetti immateriali delle persone che muovono la realtà materiale. Quindi gli ostacoli che incontro più frequentemente nelle aziende sono proprio quest’insieme di aspetti immateriali che formano la “mentalità” dell’imprenditore. Ogni persona tenta di vivere con coerenza la propria esistenza e si crea convinzioni profonde, basate sui propri principi e valori e poi rafforzate dall’esperienza di vita. Un imprenditore che, magari partendo dal nulla, negli anni ha visto crescere e prosperare la propria azienda, sviluppa un proprio paradigma di eccellenza al quale fa sempre riferimento. Cambiare tale paradigma è una delle cose più difficili, perché l’imprenditore lo vive come una catena di valori sistemici.

Di casi case history significativi se ne potrebbero citare molti, ma preferisco spiegare il concetto giocando con qualche stereotipo. Diciamo che abbiamo Giovanni Tempesta, un imprenditore cinquantenne di prima generazione che si è fatto da solo. In trent’anni di attività nella metalmeccanica, specializzandosi nella produzione di valvole idrauliche da impianto, si è fatto una posizione e un nome sul mercato internazionale. Giovanni fattura bene, ha una bella macchina sportiva per sé e un SUV per la moglie, una bella casa in collina e una barca ormeggiata nel vicino porticciolo turistico. Per questo si considera molto “figo” e la sua ultima valvola elettronica automatizzata l’ha voluta chiamare “Genio italiano”. L’ha poi lanciata sul mercato vantandone la qualità, l’innovazione e le prestazioni, con lo slogan “Qualità e Innovazione prima di tutto”.

Non si tratta di una mentalità solo italiana. Avremmo potuto parlare di Jhon Storm, anche lui con belle macchine, una villa ad Uptown, una barca allo yacht club, che si sente per questo molto “cool” e che la sua ultima creatura l’ha chiamata “American Star” at the top in innovation and quality. In qualunque parte del mondo l’imprenditore tipico sacrifica la propria esistenza al lavoro ed in cambio desidera avere soddisfazioni, successo e denaro. Però con questa mentalità e scala di valori è praticamente impossibile accedere al mercato del consumo consapevole, dove o si è dalla stessa parte della barricata o non si entra. Il consum-attore non accetta il gioco a somma zero e non si fa mai prendere in giro. Vede nella decrescita serena il valore di riferimento e non considera affatto “cool” il nostro Giovanni Tempesta con tutte le sue cose superflue ed inquinanti. Anche entrare nel mercato del GPP con la vecchia mentalità richiede uno sforzo quasi sovraumano. Giusto nel blue thinking, dove tecnologia ed innovazione la fanno da padrone, oppure nella filiera del Carbon Trust dove ancora molte grandi aziende praticano il green washing,  si può reggere con pensieri antichi. Ma qui poi torna la forza del denaro per il denaro e, a parità di tecnologia, ci sarà sempre un cinese o un indiano che, prima o poi, offrirà lo stesso prodotto ad un prezzo più basso.

[ Continua con: GPP - Green Public Procurement: La Green Economy che Nasce dalla Pubblica Amministrazione ]

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