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Le principali colture utilizzate a livello mondiale per l’alimentazione umana e del bestiame, come grano, riso, mais e soia, si basano su coltivazioni annuali, in cui vengono seminate, concimate e raccolte piante annuali. Ricordando gli insegnamenti di un grande ricercatore come Masanobu Fukoka queste colture ed in particolare le pratiche agricole industriali di coltivazione tendono a diminuire disastrosamente e irrimediabilmente la quantità di sostanza organica e prezioso humus ogni anno che passa. E senza dimenticare l’annuale rito di aratura che tende ad accelerare questa drammatica diminuzione di fertilità e quantità di sostanza organica presente nel suolo.
“L’utilizzo di colture perenni invece”, come afferma lo scienziato agronomo Jerry Glover del Land Institute, “potrebbe rivelarsi la chiave per la creazione di un sistema agricolo più sostenibile. In tutta la storia agricola recente, abbiamo fondamentalmente utilizzato colture annuali”, continua Glover. “Ma allo stesso tempo, contando su di loro, degradano gli ecosistemi e riducono ogni anno che passa la fertilità del suolo e di conseguenza la loro produttività. Dimostrando che non esiste fertilizzante chimico o naturale che riesca a ristabilire tale diminuzione.
Per confrontare la sostenibilità a lungo termine di questi due sistemi di coltivazione, Glover e colleghi hanno condotto uno studio sulle caratteristiche fisiche, biologiche e chimiche, tra campi di grano annualmente coltivati e campi di erba perenne in Kansas. Il raccolto dai due campi è stato annualmente lavorato da 75 anni. In ogni prova, i ricercatori hanno scoperto che i campi dove viveva erba perenne mostravano un’ecosistema più sano. Nei campi perenni inoltre la massa totale delle piante comprese le radici è sette volte maggiore di quella dei campi annuali, dove difficilmente è possibile trovare radici più profonde di 20-25 cm sottoterrra. Nei campi perenni il livello superiore di biodiversità microbica nel suolo produce elevate quantità di carbonio e di azoto disciolto. “Tutti questi risultati”, afferma Glover, “suggeriscono che il suolo dove viene praticata agricoltura perenne è in grado di mantenere elevati livelli di sostanze organiche fertilizzanti”.
“Oltre ad offrire un’alternativa ecologicamente sostenibile”, Glover e il suo team spiegano di aver rilevato “che i campi perenni erano più efficienti anche nella produzione”. Si è così arrivati a stimare che un campo che ha ricevuto fertilizzanti azotati e fosfati annualmente, i campi perenni dimostrano comunque il 23% in più di azoto raccolto nel suolo e richiedendo l’8% in meno di energia utilizzata nelle lavorazioni, senza parlare poi dell’energia consumata nella produzione del fertilizzante. Glover, dimostra così che questi risultati mettono in luce chiaramente la necessità di allontanarsi dalle colture annuali e di aumentare il nostro uso e domesticazione di colture perenni. “Finora, poco sforzo è stato fatto per migliorare le colture perenni”, continua Glover.
La biodiversità nel mondo
Gli agricoltori di tutto il mondo spendono miliardi di euro e miliardi di dollari ogni anno in pesticidi e diserbanti per uccidere colture infestanti e insetti pericolosi per il raccolto. Ma questi insetti sono hanno in un ecosistema stabile numerosi nemici naturali, così ora la ricerca sta indagando come gli agricoltori possono fare per favorire la proliferazione di questi nemici naturali dei parassiti senza sbilanciare l’ecologia del paesaggio. Proseguendo lo studio presentato al SEC, mostra così come l’aumento degli habitat naturali e l’utilizzo di colture perenni nelle aziende agricole possa aumentare anche sensibilmente le popolazioni di nemici naturali dei nostri parassiti del raccolto.
Rebecca Chaplin-Kramer, dell’Università della California di Berkeley sta esaminando ad esempio come l’abbondanza di particolari mosche, vespe e altri predatori naturali siano in correlazione con una loro preda molto comune: l’afide del cavolo. Sicuramente promuovere un’agricoltura naturale dove i predatori naturali si cibano dei parassiti delle colture è in termini di tempo poco remunerativo e sono necessari anni per vedere i primi risultati. Così la Kramer afferma che questo è il motivo principale per cui molti agricoltori sono scettici all’idea. Ma continua decisa affermando che utilizzare un predatore naturale è molto più sostenibile in termini economici, di tempo e assolutamente ambientali, che utilizzando pesticidi. “Non c’è nulla da fare. I pesticidi sono una soluzione a breve termine, perché i parassiti possono cambiano la loro resistenza, e nuovi pesticidi devono essere costantemente in fase di sviluppo”, spiega la Kramer.
L’idea di utilizzare un metodo naturale e biologico, invece di metodi chimici per coltivare un sano raccolto non comprende naturalmente l’apporto di fertilizzanti azotati. I batteri del suolo sappiamo che possono influenzare notevolmente la crescita e il successo delle colture, anche attraverso la loro attività di fissaggio dell’azoto, favorendo la diffusione di sostanze nutritive nel suolo e la decomposizione delle materie organiche. Così è noto come le attuali pratiche agricole chimiche perturbano l’ecosistema del suolo e riducano l’efficacia delle comunità microbiche.
Nel suo rapporto, Shashi Kumar della Texas Tech University ha spiegato come l’utilizzo di pratiche agricole industriali convenzionali, applicate in alcune aziende agricole in Texas abbiamo degradato notevolmente le comunità batteriche del suolo e di conseguenza la fertilità a confronto di un campo dove non è stato apportato alcun composto chimico fertilizzante. Kumar spiega che i sistemi di coltivazione convenzionali perturbano le particelle del suolo e riducono la dimensione dei suoi pori, il che può portare ad una riduzione dell’assorbimento dell’acqua e così il suo accesso per i microbi. “Stiamo utilizzando tanti diversi sistemi anche faticosi per cercare di produrre sempre più, utilizzando pesticidi, insetticidi e fungicidi, senza ricordare quanto siano dannosi per il nostro ecosistema”, afferma Kumar. “Perché non dovremmo concentrare le energie sulla promozione e sullo studio di una metodo agricolo naturale e biologico, in quanto i batteri necessari alle piante sono già lì?”
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